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Vi spiego gli effetti geopolitici dell’accordo fra Stati Uniti e Arabia Saudita

Gli scenari non sembrano aver colto il possibile cambiamento degli equilibri di potenza sul piano globale a seguito dell’accordo tra Stati Uniti a conduzione Trump e la monarchia saudita. Parecchi analisti mostrano scetticismo. Ma il recente attivismo di Riad nel formare e guidare una vasta coalizione sunnita-wahabita per vincere le due guerre civili intraislamiche, cioè quella tra sunniti che divide i Wahabiti dai Fratelli musulmani, sostenuti da Qatar e Turchia, e quella contemporanea tra sciiti, sostenuti dall’Iran, e sunniti, mostra che i Saud hanno firmato un contratto solido e duraturo con l’America. Altre analisi hanno limitato il raggio potenziale dell’accordo alla sola area mediorientale: l’alleanza arabo-americana, che include lateralmente Israele, arginerà le ambizioni di potenza regionale sia dell’Iran che della Turchia.

Certamente la rinuncia dell’America all’equidistanza tra le parti in guerra o in fase di attrito nell’area mediorientale a favore dei Saud avrà conseguenze a livello locale. Ma è probabile che ve ne saranno anche altre a livello globale, queste più rilevanti. I Saud hanno notevole influenza in Afghanistan e Pakistan, ed è prevedibile che diano una mano all’America a togliersi dai guai nel primo e a limitare la penetrazione cinese nel secondo, nonché a influenzarlo nel calibrare il conflitto con l’India, nazione che tende a convergere verso la Russia.

In sintesi, gli equilibri di potere in tutta l’Asia centrale potrebbero essere toccati dall’accordo. Così come potrebbero esserlo quelli nell’Africa settentrionale, a scapito dell’espansione cinese e del presidio francese nell’area. Le nazioni islamiche Indonesia e Malesia, di orientamento prevalentemente sunnita, sono Paesi chiave ai fini del contenimento dell’influenza cinese nel Pacifico qualora l’America volesse lanciare segnali in senso limitativo a Pechino. Ma il punto principale dell’accordo, probabilmente non ancora rifinito, riguarda il dominio del prezzo del petrolio.

Mosca sembra aver capito il raggio globale del risiko e i rischi per i suoi interessi perché è stata silente nelle ultime settimane, con ciò segnalando la disponibilità a trattare con Washington e ottenendo in cambio l’istruzione di Trump a Tillerson di avviare trattative. Un Iran indebolito potrebbe passare dalla protezione della Russia a quella della Cina nonché fare squadra con la Turchia, che sostiene la fratellanza musulmana e il Qatar, dando a Pechino un’influenza anche su Ankara. Pertanto Washington ha interesse che sia Mosca a controllare l’area sciita-turca, dandole in cambio accesso al futuro cartello post-Opec. Lo scenario è ancora sfumato, ma è sbagliato pensare che l’accordo arabo-americano abbia solo una rilevanza locale.

(Articolo pubblicato su MF/Milanofinanza quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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