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Yida, ecco manager e segreti del colosso cinese che vuole papparsi Esselunga

Bernardo Caprotti - 2014

Sul piatto hanno messo un’offerta da 7,5 miliardi di euro, il 25% in più di quanto dovrebbe valere Esselunga. Obiettivo: rilevare lo storico marchio della grande distribuzione italiana, fondato dal compianto Bernardo Caprotti, ed entrare in un mercato in espansione. Basti pensare che il gruppo di Limito di Pioltello lo scorso anno ha fatturato oltre 7 miliardi di euro. Perché sono pronti a sborsare più soldi? Il gruppo cinese Yida International Investment pare certo non abbia problemi di liquidità, anche se non è una società molto trasparente e di bilanci pubblici si fatica a trovare traccia. Quello che si sa è che è un vero e proprio braccio finanziario che dal 2011 da Pechino ha progressivamente allargato il proprio bacino d’investimento in diversi settori dal real estate alle energie rinnovabili, dalle biotecnologie agli apparecchi medicali.

A capo di questo colosso siede Yida Zhang  giovane imprenditore, amante del polo e delle regate a vela – desideroso di diversificare il business della società che ha ramificazioni in Russia, Giappone, Stati Uniti, Canada, Hong Kong, Regno Unito, Francia, Germania, Cile, Belgio, Irlanda e Nuova Zelanda. Ma ciò che ha fatto fare carriera al giovane Yida Zhang è certamente il rapporto con suo fratello maggiore Zhang Hongwei, che si è arricchito nel campo immobiliare e delle costruzioni grazie all’amicizia con il presidente della Repubblica popolare Xi Jinping. Con il quale condivide anche una passione per i cavalli al punto che ha organizzato un Festival internazionale per l’equitazione a cui ha presenziato lo scorso anno stesso Xi.

Oggi Zhang Hongwei è il numero uno dell’United Energy, una compagnia petrolifera quotata a Hong Kong con una capitalizzazione di circa 1,5 miliardi di dollari che qualche anno fa ha acquistato in Pakistan da BP dei campi petroliferi per 775 milioni di dollari e assicurato una linea di credito da 5 miliardi di dollari per sviluppare gli asset della China Development Bank.

Si sa poco dei conti ufficiali di Yida Internaticonal Investment ma molto, invece, si conosce della potenza di fuoco finanziaria. Basta prendere in considerazione l’ultimo investimento da 740 milioni di dollari promesso ad Antigua dove è stata annunciata la nascita di una sorta di smart city con centri benessere, grandi magazzini, scuole e ospedali e una mega catena alberghiera con oltre 1300 stanze e 4 casinò con il brand Hard Rock, simbolo degli hotel di lusso di Las Vegas.

Un investimento che i media locali hanno letto come “politico”, con il governo di Pechino che vuole mettere le mani su uno degli ultimi paradisi fiscali, avversato però dalla popolazione locale anche se i cinesi hanno stimato che, grazie al loro investimento, il Pil locale potrebbe crescere del 2% l’anno, circa 2 miliardi di euro da qui ai prossimi dieci anni, facendo diventare l’isola una meta nei Caraibi sempre più ambita per un turismo di alta gamma.

Nei media cinesi non vi è traccia di questo improvviso interesse per la distribuzione alimentare Made in Italy e, in particolare, per il gruppo Esselunga. Quello che invece appare chiaro è che la Cina vuole chiudere con l’immagine dei prodotti contraffatti e puntare sulla qualità a cominciare dall’agroalimentare. Basta pensare all’accordo raggiunto nei giorni scorsi tra Ue e Pechino sulla protezione reciproca di prodotti alimentari a denominazione d’origine, 100 per l’Europa (di cui 26 italiani: dall’aceto balsamico di Modena al Brunello di Montalcino fino al Prosciutto di Parma e al Taleggio) e 100 per l’ex Celeste Impero va proprio in questa direzione.

Quella rilanciata da Repubblica è una voce che non trova conferme e anche la società cinese Yida sembra essere molto più attiva in altri comparti che in quello degli store dell’agroalimentare. D’altra parte la manifestazione di interesse cinese cade in un momento in cui la discussione sul futuro di Esselunga è particolarmente delicato. Secondo le volontà testamentarie del fondatore Bernardo Caprotti la società in effetti dovrebbe essere ceduta per intero “a un gruppo internazionale del settore della distribuzione”. Ma la soluzione che sembra prevalere in questo momento è invece quella di una continuità delle attività, con Marina Caprotti al vertice della società di cui controlla, insieme alla madre Giuliana Albera, il 70% del capitale. Mentre l’altra grande società del gruppo, Villata Partecipazioni, cui fanno capo le proprietà immobiliari, è partecipata per il 55% dalla coppia madre-figlia, Marina Caprotti e Giuliana Albera, e per il restante 45% in quota paritaria dai due altri figli di Bernardo Caprotti, Violetta e Giuseppe.

Oggi ciò che colpisce in queste ore è il silenzio che viene dai piani alti di Esselunga a quelli del gruppo cinese Yida. Non si sa se sia d’oro. Ma di fatto fino ad ora non si è intavolata nessuna trattativa reale.

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