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Ecco i cyber rischi per le assicurazioni. Parla Rossi (Ivass)

Di Salvatore Rossi

Guardando al futuro, un nostro impegno crescente è puntato sul cyber risk. Per chi fa di mestiere l’assicuratore il diffondersi di un nuovo rischio rappresenta un’opportunità. Purché sia, però, misurabile. Nel caso del cyber risk i dati sugli incidenti passati sono ancora scarsi e confusi, non è facile formulare offerte di polizze e prezzi che siano sensati. Al tempo stesso, le compagnie assicurative sono esse stesse esposte a incidenti cyber quanto più i sistemi informatici si integrano con la rete, ad esempio man mano che esse accedono ai big data, cioè alle informazioni capillari diffuse in rete sul conto di noi tutti. Il cyber risk è ora preoccupazione comune dei due principali luoghi della cooperazione internazionale, il G20 e il G7. Il mondo assicurativo si muove anch’esso.

La IAIS ha pubblicato documenti sul tema. Ne abbiamo tenuto conto nel redigere un questionario recentemente da noi sottoposto alle imprese italiane nell’ambito dell’indagine trimestrale sulle vulnerabilità. Il rischio è serio, nuovo, pervasivo. Saranno necessarie norme, accorgimenti organizzativi, consapevolezza. Noi dell’IVASS vogliamo essere in prima linea in questo nuovo cimento, comprendendo la portata delle innovazioni, cogliendone gli aspetti di rischio potenziale; stiamo studiando interventi sul quadro regolamentare, anche favorendo sperimentazioni. Dobbiamo soprattutto intensificare la collaborazione con le compagnie e gli intermediari, oltre che con le altre Autorità. Un terreno è quello delle frodi informatiche che fanno proliferare assicuratori abusivi. Esse richiedono di controllare meglio la rete e i social media. Fronteggiamo un nemico comune.

In Europa le crisi bancarie sono state disciplinate ex novo. Si può discutere sul modo in cui si è proceduto, ma non è questa la sede. Sta di fatto che sul fronte assicurativo non siamo altrettanto preparati. Nonostante la presenza di grandi compagnie multinazionali, si sta ancora definendo uno schema regolamentare europeo e le leggi nazionali, da quelle fallimentari a quelle specifiche del settore, sono molto diverse da paese a paese.

Ma la soluzione del problema non può essere quella trovata nel mondo bancario europeo. Nelle banche i depositanti possono fuggire da un momento all’altro, in preda a un panico anche irrazionale, contro il quale a volte non c’è finanziamento di ultima istanza che tenga. Nelle assicurazioni i possessori delle polizze, in particolare di quelle vita, ci mettono molto più tempo a liquidarle. Nelle banche l’unico presidio in caso di perdite non previste è il capitale, nelle assicurazioni il primo presidio sono gli attivi a copertura delle riserve tecniche, poi viene il capitale. Il principio che anima la nuova disciplina delle crisi bancarie – se c’è crisi ci rimettono, e subito, gli azionisti e i creditori delle banche, non i contribuenti – può trovare giustificazione nella gran quantità di denaro pubblico usata negli anni scorsi per salvare banche in crisi (in paesi diversi dall’Italia, non smettiamo mai di ricordarcelo). Nel settore assicurativo questa giustificazione è decisamente meno importante.

(la relazione completa si può leggere qui)

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