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Ma davvero Trump è al 50 per cento di consensi?

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Il 16 giugno, Donald Trump ha rapidamente twittato quello che per lui – e per i suoi elettori – è da prendere come un dato positivo. L’istituto Rasmussen ha un sondaggio (realizzato tra il 13 e il 15 giugno) che dà l’approval trumpiano, ossia la percentuale degli americani che approvano l’operato del presidente, al 50 per cento. Escludere completamente che questo dato possa aver avuto un peso sul successo repubblicano nei due distretti del South Carolina e della Georgia in cui si votava in questo weekend per le suppletive alla Camera, sarebbe sciocco: gli elettori si muovono anche per fiducia. Dire che è solo per questo che i repubblicani hanno ottenuto il secco 4 a 0 con cui si sono chiuse le elezioni di sostituzione dei deputati che hanno preso incarichi in amministrazione, sarebbe ancora più sciocco: tutti, tra l’altro, sono seggi in cui il Gop ha ottima presa e ottime percentuali di vittoria da tempo prima di Trump.

GREAT NEWS

“Grande notizia!” ha detto il presidente guardando quel 50 per cento. È in effetti un dato che sarebbe importante, perché quasi mai, in questi primi sei mesi di mandato, Trump ha toccato quella quota: è stato sempre sotto, segnando uno dei livelli più bassi di approvazione nella storia americana; lo stesso Rasmussen, che storicamente è un istituto che dà risultati più buoni per i repubblicani (più avanti si vedrà anche il perché tecnico), segna che quel livello è stato toccato soltanto a febbraio, intorno al 18 aprile, e mai più. Ma già nel tweet con cui Trump ha voluto ribadire il successo – due giorni dopo, nel suo primo Father’s Day da presidente degli Stati Uniti – ci sono stati dei problemi, diciamo così.

OBAMA ERA SOTTO TRUMP? NO

Trump scrive “O’s” per dire “di Obama”, ma questo l’affermazione non è vera. Utilizzando sempre i dati del Rasmussen Report si vede che quell’affermazione è falsa. È conservato tutto lo storico dei giornalieri livelli di approvazione di Barack Obama raccolti nei propri sondaggi, e dunque per il confronto basta scorrere indietro fino al periodo tra il 13 e il 15 giugno del 2009 – che è stato il primo anno di presidenza per Obama, e dunque esattamente il punto in cui l’amministrazione Trump è stata fotografata la scorsa settimana – si vede che le percentuali oscillano tra il 54 e il 55 percento, ossia sopra al 50 di DT. (Nota: con i dati del 2013, sarebbero invece più basse).
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CHE COSA DICONO GLI ALTRI SONDAGGI?

Ma quanto vale quel 50 per cento di Trump? Controllando tutti gli altri sondaggi in circolazione, si vede che le percentuali sono normalmente sotto, o molto sotto a quelle di Rasmussen. Per esempio: Economist/YouGov dà per il periodo 11-13 giugno un’approvazione del 42 per cento; Survey Monkey per il 9-15 dà un valore di 43; l’autorevolissimo Gallup al 20 giugno dà l’approval al 37 per cento (a questo punto del mandato, Gallup dava Obama al 60 per cento). Secondo la media dei sondaggi nell’arco di tempo tra il 30 maggio e il 17 giugno raccolta da RealClearPolitics siamo al 40 per cento, non oltre; FiveThirtyEight di Nate Silver, il guru della statistica americana, in un’analisi similare la dà al 38,4.

LE DEBOLEZZE NEL METODO DI RASMUSSEN

Dunque, cosa succede e perché Rasmussen ha un valore così diverso? Come già spiegato in un’analisi del commentatore politico della CNN Chris Cillizza e della sondaggista Jennifer Agiesta in un’occasione analoga (era appunto il 18 aprile, e Trump festeggiava quel raggiungimento del fatidico 50) i sondaggi di Rasmussen hanno una caratteristica sostanziale: sono fatti da una voce registrata, e la legge americana ne vieta l’uso per rivelazioni statistiche sui cellulari. Dunque, secondo gli analisti della CNN, si sa già che gli utenti mobile-only non sono stati sentiti per niente, e questo vuol dire che manca dai dati raccolti un’ampia fetta di popolazione che generalmente è più giovane (quelli che hanno solo il cellulare e non la rete fissa) e che tendenzialmente è più anti-Trump. Poi ci sono proprio questioni nella scelta del campione, che Rasmussen non spiega: tipo, sono presi a caso o solo all’interno di un certo elettorato?

PERCHÉ RASMUSSEN È CONSIDERATO AUTOREVOLE?

Ma Rasmussen ha un pregio. Secondo l’analisi post voto presidenziale di RearClearPolitics, Rasmussen è stato l’unico dei sondaggi ad aver azzeccato la percentuale finale, ossia la vittoria del voto popolare di Hillary Clinton per un 2 per cento, mentre gli altri la davano in vantaggio di percentuali più alte (nota per i distratti: Trump ha perso il voto popolare di 2,9 milioni di voti, ma per il sistema elettorale americano, che assegna i seggi negli stati, indipendentemente dal risultato assoluto dei votanti, è riuscito ad ottenere la presidenza). È questo il motivo per cui attualmente Rasmussen, che nel giudizio finale sulla copertura dell’ultima tornata elettorale redatto da FiveFirthyEight si è beccato una mediocre C+, è considerato un riferimento autorevole da parte dell’opinione pubblica. Nel caso di Trump, è probabile che sia “uno dei più accurati” più semplicemente perché parla bene di lui, visto alcuni aspetti noti del carattere del presidente.

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