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Chi possiede veramente oggi i mezzi della produzione? Una rilettura di Marx per comprendere il futuro

Chi possiede veramente oggi i mezzi della produzione? Il capitalista, il lavoratore, il professionista o, forse, semplicemente la persona?

Una domanda importante da porsi in maniera urgente per capire le evoluzioni del capitalismo del XXI secolo, quello che circa 10 anni fa ho provato a definire in un libro (molto venduto, per fortuna dell’editore) “capitalismo intellettuale”. Un mondo nuovo dove diventa strategico comprendere i nuovi rapporti di potere generati dal possesso, assoluto o parziale, dei mezzi/fattori della produzione. Chi governa tale possesso nella fase attuale?

La risposta ad una domanda così complessa non può essere né semplice né lineare. Anche perché i fattori della produzione sono oggi profondamente diversi da un passato anche recente. E’ più importante la terra, il capitale, il lavoro, la conoscenza o la reputazione?

E’ per questo che, per provare ad aprire un dibattitto, inizio facendovi assaporare una rilettura sintetica ma importante de “Il Capitale” di Marx effettuata dalla stimatissima Prof. Antonietta Acierno. Un modo per rileggere il passato per avere gli strumenti per comprendere il futuro. Buona lettura a tutti.

Rileggere il Capitale

Nella storiografia moderna, anche a distanza di un secolo e mezzo, è difficile trovare un libro che come “Das Kapital – Kritik der politischen okonomie” di Karl Marx abbia avuto una parte rilevante e decisiva nell’analizzare la formazione della società contemporanea. I presupposti della teoria marxista si possono già leggere in alcuni scritti minori pubblicati prima del 1848. L’anno della grande rivoluzione che fece sperare -falliti i moti del 1820-1830 – alla borghesia liberale di porre fine ai principi restauratori imposti da Metternich durante il Congresso di Vienna. Le speranze di instaurare la democrazia repubblicana o monarchie semi costituzionali negli Stati e staterelli europei fallirono ancora una volta per l’intervento austriaco.

Anche per Marx fu una sconfitta. Il Capitale, scritto in collaborazione con Engels, e pubblicato postumo e incompleto, uscì alla vigilia della guerra franco-prussiana che avrebbe determinato il predominio della politica egemonica di Bismarck, che, indirizzando gli interessi delle classi borghesi verso il colonialismo, potè dominare incontrastato in Europa.

L’industria era al massimo della sua potenza neo- positivista dell’epoca e presentava già l’antagonismo capitale – operaio salariato. Il libro di Marx spiega le cause di questo antagonismo: come si origina il profitto e quali sono i fattori che contribuiscono alla formazione del capitale.

Il concetto di valore del lavoro – considerato come una merce – e di lavoro come presupposto dell’esistenza delle merci è un circolo vizioso. E’ la forza lavorativa quella che possiede valore e la sua presenza sul mercato come le altre merci è alla base della formazione del capitalismo. Come dice Marx stesso: “…Esso sorge solo dove il possessore di mezzi di produzione e di sussistenza trova sul mercato il libero lavoratore in veste di venditore della propria forza lavorativa. Questa condizione è alla base di tutta la storia universale”.

Il capitalista quando acquista la forza lavorativa deve pagare al suo possessore tutto il valore misurato sulla quantità di lavoro necessario per produrre un manufatto calcolato sulla quantità dei mezzi di sussistenza indispensabili per la vita dell’operaio e della sua famiglia. Contemporaneamente il capitalista acquisisce il diritto al completo sfruttamento della merce che ha comprato.

Se la giornata lavorativa si basa su 12 ore per produrre un oggetto del valore della forza lavorativa, per reintegrare il giusto salario, il capitalista dovrà pagare per intero le ore impiegate anche nel caso in cui l’operaio abbia lavorato 6 ore. Per produrre la merce. Se le ore che rimangono non sono retribuite sono destinate a creare un valore ad esclusivo vantaggio di colui che ha deciso la produzione.

La differenza tra le ore impiegate per lavorare un manufatto e il salario pagato all’operaio è definita da Marx “plusvalore”. In tal modo il plusvalore fa aumentare il capitale nelle mani di un ristretto numero di padroni. L’introduzione di macchine sempre più moderne velocizza la produzione e il ribasso di prezzo delle merci sul mercato. Di conseguenza scende anche il valore delle prestazioni lavorative.

L’accentramento dei mezzi di produzione nelle mani della classe borghese permette di decidere tutto l’andamento politico economico della società. In tali condizioni anche il soggetto salariato perde le possibilità di esplicare liberamente le proprie attitudini lavorative. Aumenta la manodopera disponibile, diminuiscono le possibilità di trovare lavoro. L’operaio diviene un semplice strumento trascurabile delle macchine e delle decisioni del padrone che decide non solo cosa e come produrre, anche la retribuzione del lavoratore.

Si forma così da un lato una classe di persone dispensate dal lavoro, dall’altra una classe costretta a lavorare per mantenere se stessa e la famiglia. Nella società capitalistica una classe produce per sé il tempo libero trasformando in tempo di lavoro tutto il tempo che le masse hanno per vivere. L’idea su cui si basa tutta la teoria storico-scientifica di Marx è arrivare a creare una società fondata sulla massima armonia possibile tra i singoli componenti che dia a ciascuno uguale possibilità di esprimere le proprie disposizioni naturali e allo stesso tempo distribuisca in maniera uniforme le funzioni e i compiti sociali. Questo significa riconoscere in ogni individuo il pieno rispetto della personalità umana.

L’instaurazione del comunismo è per Marx l’inevitabile conseguenza della stessa evoluzione storica, è il mondo capitalista che si dissolverà; gli operai dovranno prendere coscienza di questa necessità e aiutare la storia a realizzare il cambiamento.

Quale risposta alla domanda iniziale? Dal punto di vista storico il Capitale è una lucida analisi scientifica della società capitalistica dell’epoca e delle sue contraddizioni. Rimane un testo fondamentale nella storia del pensiero moderno come base dottrinale delle più importanti rivoluzioni politiche di idee del XX secolo.

Come sappiamo bene, sul piano dell’attuazione concreta è solo una pura utopia. In Russia, dopo la caduta dell’impero zarista, l’ascesa al potere di Lenin prima e di Stalin dopo con i suoi successori, ha instaurato una dittatura di pochi burocrati detentori del potere fino al 1989,anno della caduta del muro di Berlino. Questa gerarchia di segretari del Partito comunista sovietico ha deciso le linee della politica economica con astratti piani quinquennali o decennali spesso falliti, ha limitato al massimo le libertà individuali – con la massificazione del pensiero unico – persecuzioni e sterminio di massa degli oppositori.

Lo stesso si è verificato in Cina con Mao Tse Tung. Oggi a guidare il Paese vi è una classe politica identica a quella dell’ex Unione Sovietica che ha aperto economicamente al capitalismo dopo l’unificazione di Honk Kong e Macao. Permangono tuttavia forti squilibri economici interni e limitazioni alle libertà individuali.

La rivoluzione di Castro a Cuba è forse l’unica che è riuscita a realizzare, nonostante anni di embargo americano, alcune tesi di Marx. Aberrante il comunismo della Corea del Nord.

Le idee di Marx rimarranno teoria e il capitalismo non si autodistruggerà. Oggi forti disuguaglianze permangono tra mondo occidentale e le nazioni del Sud della terra dove i capitalisti continuano a sfruttare risorse economiche e lavoro delle persone.

Prof. Antonietta Acierno

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