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Stefano Rodotà, dalle 5 stelle alle 5 stalle per Beppe Grillo?

stefano rodotà

(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)

Non un rigo, non una parola, non una foto dello scomparso giurista Stefano Rodotà sul blog di Beppe Grillo sino al momento in cui scrivo: a “83 giorni, 10 ore, 53 minuti e 40 secondi mancanti -come avverte una striscia gialla sotto la testata- alla maturazione della pensione privilegiata dei parlamentari” di prima nomina di questa diciassettesima legislatura. Fra i quali la maggior parte, va detto onestamente, sono proprio del movimento grillino.

Questa contro il diritto alla pensione, vitalizio o quant’altro dei deputati e dei senatori è la battaglia che sta in testa a tutte le altre fra i pentastellati. E’ per loro un’autentica ossessione, convinti come sono che sia il problema più importante, più urgente, più vitale dell’Italia: il male più scandaloso e virale da eliminare, o più semplicemente il tema elettoralmente più produttivo. E’ una questione di gusti, naturalmente.

Se poi la legislatura, come sembra, salvo ripensamenti, insieme, di Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Paolo Gentiloni e soprattutto Sergio Mattarella, che è l’unico ad avere la chiave costituzionale dello scioglimento anticipato delle Camere, arriverà alla sua conclusione ordinaria, tutti gli onorevoli deputati e senatori eletti nelle liste rigorosamente bloccate del movimento di Grillo, cioè nominati da lui in persona, potranno godersi tranquillamente il loro vitalizio dicendo di avere fatto inutilmente tutto il possibile per risparmiarselo, o per risparmiarlo alle tasche dei contribuenti italiani. Bella trovata, bisogna ammetterlo.

Ma torniamo, per cortesia, al compianto Rodotà, giurista considerato unanimemente insigne, professore universitario per decine e decine di migliaia di studenti, forse anche di più, formatisi sui suoi libri, già deputato eletto da indipendente nelle liste del Pci, poi Pds, presidente del partito, vice presidente della Camera e presidente dell’Autorità per la tutela della privacy. La censura praticata anche da morto a un uomo con un curriculum di questo tipo rivela un po’ la matrice culturale ed anche umana di Grillo e dei suoi seguaci, che pure avevano fatto del povero Rodotà la loro bandiera istituzionale candidandolo al Quirinale non più tardi di quattro anni fa, e riuscendo a spaccare sul suo nome anche il Pd dell’allora Pier Luigi Bersani, sia pure inutilmente, perché fu proprio l’investitura grillina a danneggiarlo politicamente.

Il pubblico a 5 stelle andava letteralmente pazzo di Rodotà sulle piazze e per le strade pronunciandone il none al ritmo sudamericano: rodotà-tà-tà. E lui, pur notoriamente schivo e sobrio, finì per perdere un po’ la testa, non dandosi pace del fatto che, pur di non votarlo, i suoi ex compagni di partito e, più in generale, della sinistra avessero preferito abusare un po’ dell’età di Giorgio Napolitano, sulla soglia ormai dei novant’anni, rieleggendolo alla Presidenza della Repubblica. Allora Rodotà di anni ne aveva “soltanto” un’ottantina, meno comunque dell’allora capo dello Stato.

A pensarci bene, risparmiandogli le fatiche e le emozioni del Quirinale, e non solo l’adrenalina che certamente il nuovo impegno gli avrebbe procurato, i grillini regalarono inconsapevolmente a Rodotà qualche anno in più da godersi fra gli studi, le ricerche, le interviste, gli affetti familiari e la stima degli amici. E per fortuna anche il tempo -va detto- per riflettere meglio sulla natura, sulle caratteristiche, sulle qualità politiche ed umane dei grillini, sbertucciandoli infine con un corsivo sul Manifesto per il loro concetto della democrazia al computer, al clic e a quant’altro per compiere sbrigativamente le loro scelte, definire e aggiornare i programmi e cambiare anche gli umori.

Da allora, da quel corsivo, maledetto per i grillini ma benedetto per i suoi estimatori di più vecchia e sincera data, fra i quali chi scrive questo ricordo di lui, Rodotà cadde dalle cinque stelle alle cinque stalle. E lì Beppe Grillo lo ha lasciato anche da morto, almeno sino al momento, ripeto, in cui scrivo, quando il conto alla rovescia nella lotta contro “le pensioni privilegiate”, cioè vitalizi e quant’altro, dei parlamentari di prima nomina è andato avanti raggiungendo gli 83 giorni, 10 ore, 12 minuti e 20 secondi.

Addio, professore Rodotà. E perdoni la maleducazione dei suoi ex sostenitori al Quirinale. Dove Lei sarebbe sicuramente e meritatamente arrivato nella primavera del 2013 – ripeto – senza la loro zavorra.

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