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3 dubbi critici sulla soluzione alla Padoan per Popolare di Vicenza e Veneto Banca

Stefano Cingolani dell'Irpef

Ha ragione Ferruccio de Bortoli: senza saperlo i contribuenti (quelli che pagano le tasse) erano azionisti delle due banche venete (e adesso anche di Intesa Sanpaolo). Lo ha scritto in un tweet e attendiamo di leggere la sua più ampia e accurata analisi prossimamente sul Corriere della Sera. Andrebbe aggiunto che in cambio tutti noi azionisti occulti non riceviamo nessun titolo di proprietà, nonostante vengano versati 3,5 miliardi a Intesa affinché i suoi parametri patrimoniali non peggiorino (in sostanza si tratta di capitale), un miliardo e 285 milioni per gestire i 4 mila esuberi, più 12 miliardi sotto forma di garanzia pubblica: tra questi 6 e rotti miliardi per i crediti a rischio, 4 miliardi per i crediti finora rimborsati regolarmente, ma che sono anch’essi in pericolo. E non basta, il Tesoro si fa carico dei rischi legali perché è chiaro che partiranno valanghe di cause. Intesa Sanpaolo non vuole rogne, si prende gli sportelli, i depositi rimasti, una parte dei dipendenti. E avverte: se il decreto viene bloccato in Parlamento, salta tutto. La banca ha fatto benissimo i propri interessi e adesso ha un ruolo dominante nel nord-est, riproponendo alla grande il modello Ambro-Veneto costruito da Giovanni Bazoli. Ma il governo ha tutelato l’interesse collettivo?

Se l’Italia fosse un’economia di mercato, chi impiega i propri quattrini in un’attività economica deve avere un corrispettivo: un titolo di proprietà che frutti un profitto oppure un interesse se si tratta di un prestito. Ma l’Italia ancora una volta si è dimostrata un’eccezione. Sarebbe stato un bene, invece, seguire il modello americano: lo Stato entra nel capitale, fa pulizia ed esce nel giro di un paio d’anni portandosi a casa dei buoni guadagni. L’Unione europea non lo consente? Non scherziamo, ha approvato un salvataggio pubblico molto più pasticciato. E ha accettato di far saltare il bail-in (circostanza della quale non possiamo che essere contenti, del resto nessuno lo ha mai applicato).

Sono stati salvati 50 miliardi di risparmi, dice il governo (meno i 17 messi a disposizione); in realtà si potrebbe dire che il resto d’Italia assiste il Veneto. Perché è una regione povera? Tutt’altro, ha il reddito pro capite tra i più elevati d’Europa. Perché soffre di più la crisi? Ma se cresce oltre la media nazionale! Il modello nord-est ha subito la Lunga Recessione, eppure abbiamo appena letto su tutti i giornali che s’è ripreso molto meglio degli altri. O forse il Veneto è politicamente “pesante” con tutti quei voti alla Lega? Il governo è di centro-sinistra, ma in vista delle prossime elezioni non se l’è sentita di sfidare i “forconi della destra”.

I sottoscrittori di obbligazioni nel frattempo avevano intascato interessi dell’8 per cento in media, il doppio dei migliori Btp. Nel conto del dare e dell’avere, dove li mettiamo questi guadagni? Erano stati ingannati, si dice. Può darsi, i giudici decideranno. Se l’Italia fosse una economia di mercato si direbbe che hanno sbagliato il loro investimento. La Costituzione tutela il risparmio nazionale, non il cattivo impiego del risparmio privato.

Chi aveva alternative migliori lo dica, ribatte il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan irritato di fronte alle critiche. In realtà è lui che dovrebbe spiegare tutti gli zig zag di questi mesi e di questi anni: dalla bad bank del 2015 alla ricapitalizzazione temporanea che doveva essere il modello da seguire in tutta Europa, dal piano JP Morgan per il Montepaschi alla ricapitalizzazione in Borsa delle due banche venete, dalla fusione tra la Popolare di Vicenza e la Veneto Banca al burden sharing, fino a pagare Intesa perché si prendesse la parte buona.

L’agenzia Reuters ha scritto che alcuni fondi d’investimento internazionali erano pronti a intervenire dando mandato a Deutsche Bank di rappresentarli. Il governo non l’ha smentito, ha preferito glissare. Forse era una cattiva proposta, forse è stata scartata per non cedere all’estero il risparmio del Veneto dove passa il Piave e non passa lo straniero. Chissà, ma forse non sarebbe male saperlo.

Il Tesoro ha provato a rilanciare lo schema Mps mettendo a disposizione 3,5 miliardi e diventando in cambio azionista temporaneo, ma tutto è saltato perché le banche private dovevano tirar fuori pro quota 1,2 miliardi. Hanno rifiutato alzando le spalle di fronte alla moral suasion del governo e delegittimando di fatto anche il ministro del Tesoro. Così, alla fine di questa fiera del nord-est, ognun per sé i contribuenti per tutti.

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