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Donald Trump, la centralità della Polonia e la difesa dell’Occidente

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(seconda parte di un approfondimento di Federico Punzi; la prima parte si può leggere qui)

Del discorso di Trump a Varsavia i mainstream media hanno snobbato sia i contenuti che il Paese scelto: la Polonia. Grave errore di comprensione e di analisi. Non solo, infatti, come ha ricordato lo stesso presidente Usa, la Polonia è “il cuore geografico dell’Europa e, più importante, nel popolo polacco vediamo l’anima dell’Europa”, ma è anche una delle economie più vivaci dell’Unione europea, con una previsione di crescita del Pil superiore al 3% sia nel 2017 che nel 2018. Ed è tra i pochi membri Nato a soddisfare il parametro di spesa militare del 2% rispetto al Pil.

Distratti e pigri i mainstream media, di certo a Mosca e a Berlino non è passato inosservato il messaggio che l’amministrazione Trump ha voluto mandare scegliendo Varsavia per un discorso sulla difesa dell’Occidente e i suoi valori di libertà e democrazia.

Nel XVII secolo la Confederazione polacco-lituana fu un fondamentale argine all’espansione ottomana in Europa ed ebbe un ruolo decisivo nel respingere i turchi alle porte di Vienna. La Polonia moderna è stretta tra la Germania e la Russia, il popolo polacco ha subito invasioni e dominazioni da entrambe, ma ha resistito orgogliosamente agli spaventosi totalitarismi del Novecento, nazismo e comunismo. Oggi è nazionalista e saldamente occidentale, in prima linea sulla crisi ucraina, e Washington ha voluto far capire che punta proprio sulla Polonia per contenere Russia e Germania.

Due esempi concreti. Proprio a Varsavia Trump ha annunciato l’accordo per la vendita alla Polonia di otto batterie del sistema missilistico americano Patriot, una chiara risposta ai missili Iskander schierati dalla Russia a Kaliningrad. E ha inoltre affermato l’impegno americano “ad assicurare alla Polonia e ai suoi vicini l’accesso a fonti alternative di energia in modo che non siano mai più ostaggio di un singolo fornitore”. Gas liquido a Varsavia e carbone a Kiev. Il messaggio a Putin è chiaro: è finita l’era Obama, durante la quale dalla Siria all’Ucraina il Cremlino ha goduto di una libertà d’azione senza precedenti sia in Medio Oriente che alle porte dell’Europa, tornando centrale su tutti i principali dossier. L’America è tornata, è determinata a difendere i suoi alleati in Europa orientale e non permetterà a Mosca altri blitz come quello che ha portato all’annessione della Crimea e alla crisi ucraina, una situazione che resterà sospesa per molto tempo ancora e che fa tremare Estonia e Lettonia. E non intende lasciare campo libero alla Russia nemmeno nel mercato energetico che interessa i suoi alleati.

Ma il messaggio è diretto anche agli altri alleati europei dell’America: falso che Trump sia la marionetta di Putin. A Varsavia il presidente americano ha chiarito che vede i russi come avversari aggressivi, non come partner o alleati: “Esortiamo la Russia a cessare le sue attività destabilizzanti in Ucraina e altrove, il suo supporto a regimi ostili – come Siria e Iran – e ad unirsi invece alla comunità di nazioni responsabili nella nostra lotta contro nemici comuni e in difesa della civiltà”. Come sempre, i russi sono pronti a intascare qualsiasi “carota” gli venga offerta come incentivo iniziale, salvo poi continuare a provocare i danni maggiori possibili, finché non percepiscono di aver urtato contro un vero muro. L’amministrazione Trump sta sviluppando un nuovo approccio con il Cremlino: vuole verificare i margini per una cooperazione, per esempio in Siria, ma al tempo stesso sta tirando su quel muro. Il primo faccia a faccia Trump-Putin, la sua durata e il suo esito, non scontati, dimostrano, come scrivevamo su Formiche dopo il raid americano sulla Siria, che il confronto è duro ma che Washington e Mosca hanno ripreso a parlarsi e lo fanno a tutto campo.

Falso, inoltre, che l’amministrazione Trump voglia liquidare la Nato o che non gli importi granché. Al contrario, per rilanciarla chiede agli alleati il giusto contributo (come fa la Polonia) e una ridefinizione della missione dell’Alleanza. “Gli americani sanno che una forte alleanza di nazioni libere, sovrane e indipendenti è la migliore difesa per le nostre libertà e per i nostri interessi. Per questo motivo la mia amministrazione ha chiesto che tutti i membri della Nato soddisfino definitivamente il proprio obbligo finanziario in modo pieno e giusto”.

Lo storico Victor Davis Hanson ha definito l’”anti-Cairo” il discorso di Trump a Varsavia, cioè l’antitesi del discorso che pochi mesi dopo il suo insediamento Obama pronunciò nella capitale egiziana, un tentativo di appeasement con il mondo arabo e islamico basato su una sorta di “autodafè” dell’Occidente. Il messaggio “anti-Cairo” di Trump, invece, è che “solo un Occidente forte, organizzato – convinto del suo passato e sicuro del suo attuale successo – riuscirà a dissuadere i suoi nemici, attrarre i neutrali e mantenere gli amici. Che solo lui abbia avuto il coraggio di esprimere l’ovvio, e che sia stato criticato per questo, ci ricorda come il rimedio alla nostra malattia occidentale sia visto come il problema e non la cura”, conclude VDH.

Il merito del presidente Trump è proprio quello di aver centrato la questione della nostra epoca: l’Occidente ha la volontà di sopravvivere? Non è una questione di capacità e di risorse, ma di volontà… E sembra suggerire che noi europei quella volontà di difenderlo l’abbiamo persa… “Dobbiamo ricordare che la nostra difesa non è solo un impegno di denaro, è un impegno di volontà. Perché, come ci ricorda l’esperienza polacca, la difesa dell’Ovest si basa in ultima analisi non solo sui mezzi, ma anche sulla volontà del suo popolo di prevalere e di avere successo e ottenere ciò che si deve avere. La questione fondamentale del nostro tempo è se l’Occidente abbia la volontà di sopravvivere. Abbiamo la fiducia nei nostri valori per difenderli a qualsiasi costo? Abbiamo abbastanza rispetto per i nostri cittadini per proteggere le nostre frontiere? Abbiamo il desiderio e il coraggio di preservare la nostra civiltà di fronte a coloro che vogliono rovesciarla e distruggerla?”.

(2.fine)

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