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Post farlocchi e l’articolo 1 della Costituzione a 5 stelle

Luigi Di Maio, Cinque stelle

Si dice che, se andrà al governo, M5s abbia l’intenzione di riformulare così l’articolo 1 della Costituzione:

L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul reddito garantito dall’erario a tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni sociali e personali.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti fissati dalla Casaleggio Associati.

Prima di approvare il nuovo testo, verrà ovviamente consultata la Rete.

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Dal plusvalore di Marx al plusgodimento del marchese de Sade:

L’atomistica liberale mira a dissolvere la famiglia nella pluralità nomade e diasporica degli io irrelati o, in modo convergente, a ridefinirla come mero assemblaggio effimero e a tempo determinato, rispondente in via esclusiva al libero e illimitato desiderio di individui senza residua identità di genere e aspiranti unicamente al plusgodimento cinico. (da un post del filosofo Diego Fusaro su Facebook).

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Il megadirettore permette a Fantozzi l’ingresso nell’agognato paradiso dei lavoratori rivolgendogli le seguenti emblematiche parole: ‘Mi raccomando: sia sempre rispettoso e fedele’. In queste scene è narrata, con un registro a cavaliere tra il tragico e il comico, la disgregazione storica del proletariato come classe in sé e per sé e il suo transito dal sogno di una cosa marxiano al sogno delle cose mercatistico. L’economicizzazione del conflitto segna, ancora una volta, la necessaria premessa per la riconversione del Servo in docile cultore delle sue stesse catene, in soggetto addomesticato che sogna l’ingresso nell’acquario degli impiegati e non più il rovesciamento dell’ordine ingiusto della società classista. È il nostro presente. Grazie Paolo Villaggio per avercelo descritto magnificamente.

Sembra che il grande comico genovese, dopo aver letto Lassù questo altissimo pensiero del filosofo Diego Fusaro (sempre lui!), abbia esclamato: “È una cagata pazzesca!”.

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Dopo i post farlocchi di Luigi Di Maio, in cui annunciava di aver telefonato alle ambasciate europee per sollecitare l’invio di Canadair nelle aree devastate dagli incendi, si è riaperta un’antica questione: i social network si limitano a veicolare o sono dei veri e propri moltiplicatori di fake news?

Ora, bisogna tenere presente che le bugie su Internet sono avvantaggiate da tre fattori: la possibilità dell’anonimato (non è il caso di Di Maio); la possibilità di raggiungere rapidamente un vastissimo numero di persone; il fenomeno delle “cascate” informative. Siamo quindi ben lontani da quella “cyberdemocracy” contraria a ogni oligarchia intellettuale e politica immaginata da Nicholas Negroponte, e da altri profeti del Web come Gianroberto Casaleggio.

Non voglio dire che Internet ci rende ineluttabilmente stupidi o più bugiardi, come sosteneva anche Umberto Eco. Riflettiamo però su un punto. Mentre agli albori della cultura digitale si pensava che la nuova trasparenza e le nuove opportunità di partecipazione avrebbero dato un colpo decisivo alle concentrazioni di potere, e ai vertici di gestione delle conoscenze, oggi tutti sanno che la massa delle informazioni è governata da tre o quattro gruppi dominanti, i quali possono decidere la sistematica violazione della verità fattuale, rendendo difficile lo smascheramento del falso (della bufala virale). In questo senso, non c’è da stupirsi se il “chiunque” trionfatore del Web si trasforma in un professionista della provocazione. Giochi di parole di dubbio gusto, attacchi personali, evocazioni sospette, volgarità gratuite, l’odio per l’establishment: non sono forse i grandi protagonisti del teatro populista?

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