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Mafia Capitale, ecco condanne e sorprese

Contrordine, la mafia a Roma non esiste. O, meglio, non era mafiosa l’organizzazione criminale accusata di pilotare gli appalti in Campidoglio – e di fare il bello e il cattivo nella macchina politico-amministrativa capitolina -, finita alla sbarra nell’ambito dell’inchiesta “Il Mondo di mezzo”. Un’indagine che sui giornali e non solo è stata chiamata per oltre due anni “Mafia Capitale” – con tanto di libri, film e trasmissioni televisive -, salvo poi accertare oggi, nel giorno della sentenza di primo grado, che quell’associazione mafiosa non era. Criminale però sì, come hanno decretato i giudici della X sezione penale di Roma presieduti da Rosanna Ianniello (nella foto), che hanno inflitto agli imputati una pioggia di condanne – pari a più di 250 anni di carcere -, pur negando che si trattasse di un’organizzazione di stampo mafioso.

Una decisione che ha portato in moltissimi casi a ridimensionare le richieste di pena avanzate dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo e dai pubblici ministeri Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli. A partire dal verdetto sull’ex Nar Massimo Carminati, per il quale erano stati chiesti 28 anni di carcere. Caduta l’aggravante mafiosa, i giudici lo hanno condannato a 20 anni. Stesso discorso per l’uomo delle cooperative Massimo Buzzi: la procura aveva chiesto 26 anni e 3 mesi ma gliene sono stati inflitti 19. 11 anni di prigione è la pena comminata al braccio destro di Carminati Riccardo Brugia, per il quale ne erano stati proposti oltre 25. A un anno di meno è stato condannato, invece, l’ex amministratore delegato di Ama Franco Panzironi, sul quale pendeva una richiesta di 21 anni di reclusione. L’unico politico chiamato a rispondere di concorso in associazione mafiosa era l’ex capogruppo del Pdl in Comune e di Forza Italia alla Regione Lazio Luca Gramazio, figlio dell’ex senatore di Alleanza Nazionale Domenico Gramazio: l’accusa aveva chiesto 19 anni, la condanna è stata di 11.

Gramazio junior non è, comunque, l’unico politico all’indirizzo del quale i giudici hanno emesso una sentenza di colpevolezza. Dalle parti del centrosinistra è stato condannato a 6 anni di reclusione l’ex presidente del Consiglio comunale di Roma Mirko Coratti, per il quale la procura aveva chiesto una pena più bassa. E poi ancora Andrea Tassone, l’ex presidente del municipio di Ostia attualmente commissariato: i giudici l’hanno condannato a 5 anni di carcere. 6 anni e 6 mesi, invece, per Luca Odevaine, in passato vicecapo di gabinetto in Campidoglio e componente del tavolo di coordinamento nazionale sui migranti. L’ex consigliere di Forza Italia in Assemblea Capitolina, Giordano Tredicine, è stato condannato a 3 anni.

5 gli assolti, tra cui l’ex direttore generale di Ama Giovanni Fiscon, oltre a  Fabio Stefoni, Giuseppe Mogliani, Salvatore Ruggero e Rocco Rotolo.

Sono deluso, ma le sentenze si rispettano“, ha commentato il procuratore aggiunto di Roma Ielo. Presente in aula al momento della lettura del verdetto anche il sindaco Virginia Raggi (il Campidoglio si è costituito parte civile nel processo), che poi ha commentato così: “È una ferita molto profonda nel tessuto della città di Roma, i romani lo sanno bene. Quello che dobbiamo fare noi ora è ricucire i lembi di questa ferita, attraverso un percorso di legalità, che non è facile perché dobbiamo tenere la guardia sempre alta”.

Dopo 231 udienze e 21 mesi di processo – a due anni e mezzo di distanza dai primi arresti da parte dei Carabinieri del Ros – il processo di primo grado è arrivato dunque a conclusione. Secondo quanto accertato dai giudici, in questi anni è stata attiva a Roma un’organizzazione criminale in grado di infiltrasi ovunque e di fare business con le emergenze e i problemi quotidiani dei cittadini, dai centri di accoglienza per migranti ai rifiuti. Un’organizzazione che però – nonostante la gran cassa mediatica di questi lunghi mesi rilanciata e ripresa ovunque nel mondo – non era mafiosa. Aspettando, ovviamente, il giudizio d’appello.

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