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Veneto Banca e Popolare di Vicenza, tutti i dubbi dei tecnici del Senato

E’ passato quasi un mese da quando il governo ha allestito una operazione di sistema con Intesa Sanpaolo per Popolare di Vicenza e Veneto Banca (qui l’ultimo speciale sul tema di Formiche.net). Ma c’è chi esterna rilievi e interrogativi. Il Servizio Bilancio del Senato, per esempio, ha appena sfornato un dossier (qui il documento integrale) in cui esprime più di una perplessità.

L’OPERAZIONE VENETO

Nel complesso, il tutto consiste nel trasferimento ad Intesa Sanpaolo di attivi per un valore di 45,9 miliardi, composti principalmente da crediti verso banche (3,8 miliardi), crediti in bonis verso la clientela (30,1 miliardi), attività finanziarie (8,8 miliardi), e per la parte restante da poste di varia natura. Il gruppo creditizio guidato dall’amministratore delegato, Carlo Messina, ha altresì acquisito passività per complessivi 51,3 miliardi, composti principalmente da debiti verso banche (9,3 miliardi) e verso clientela (25,8 miliardi) e da titoli in circolazione (11,8 miliardi). Lo sbilancio tra attività e passività acquisite rappresenta un credito di Intesa nei confronti delle liquidazioni ed è stato provvisoriamente quantificato in 5,4 miliardi.

SOFFERENZE IN BILICO

Il primo rilievo riguarda il recupero dei prestiti in sofferenza delle banche venete, cui è stata chiamata la Sga, la spa del Tesoro che in passato gestì la crisi del Banco di Napoli. Ebbene, il decreto messo a punto dal governo prevede un tasso di recupero sui crediti deteriorati al 46,9%. Un tasso che, scrive il Servizio Bilancio, “sarebbe estrapolato da uno studio della Banca d’Italia” il quale però al contempo afferma come “i tassi di recupero differiscono significativamente da banca a banca” perché nel periodo considerato alcune banche mostrano una capacità di recupero sistematicamente superiore o inferiore alla media” . Non è tutto.

VALORI DA RIVEDERE?

“Come si evince dalla tavola 2 dello studio citato, il tasso del 46,9% è una media del decennio, periodo in cui però l’ultimo biennio ha registrato tassi inferiori alla media e pari rispettivamente al 39% e 44,9% nel 2014 e nel 2015″. Di qui la necessità di rivedere il valore in questione, dal momento che “oltre ai rischi insiti nell’utilizzo di una media, nella differente capacità di recupero da parte di ogni singola banca, va aggiunta una recente tendenza al peggioramento che andrebbe attentamente valutata”.

 IL NODO DELLE GARANZIE

C’è poi un’altra questione su cui gli esperti di Palazzo Madama vogliono vederci più chiaro. E cioè la questione delle garanzia statale da 4 miliardi sui crediti a rischio ma non a tal punto da essere qualificati come attività deteriorate. “Tale garanzia”, scrivono i tecnici, “non sarebbe coperta dal presumibile realizzo dell’attivo e pertanto ne viene valutato un impatto di 0,3 miliardi, deducendosene che crediti prededucibili (quelli sorti in caso si procedura fallimentare, ndr) dovrebbero esaurirne la capienza”.

RISORSE SUFFICIENTI (OPPURE NO?)

Un ultimo punto riguarda i soldi destinati a garantire la continuità operativa delle due banche. Cioè 3,5 miliardi dati al cessionario delle banche il liquidazione (Intesa) per onorare gli affidamenti alla clientela e 1,2 miliardi per la gestione degli esuberi di personale (4 mila). Secondo Palazzo Madama “andrebbero richiesti elementi integrativi a conferma della congruità delle risorse previste a fronte degli oneri ivi sottesi”. Tipo “massa amministrata, numero dei clienti in gestione, numero dei dipendenti da prepensionare delle banche cedute”.

LA QUESTIONE FISCALE

Ci sarebbe poi, nelle more dell’analisi del Servizio Bilancio, una questione fiscale, legata a eventuali plusvalenze da realizzare nel passaggio degli asset. “Il riconoscimento di plusvalenze emerse in sede di trasferimento potrà produrre una diminuzione della base imponibile a titolo di imposte sui redditi ed Irap con conseguenti perdite di gettito”, si legge nella relazione. Nel merito infatti “con riferimento ad esempio a particolari categorie di attività quali i beni ammortizzabili si potranno avere – nell’anno di cessione ed in quelli successivi, fino al completo ammortamento del cespite – maggiori quote di ammortamento che influiranno direttamente e con segno negativo sulla base imponibile delle citate imposte”.

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