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Mike Pence dall’Europa orientale detta la linea americana sulla Russia

Mike Pence - Facebook

Nei giorni in cui il presidente americano Donald Trump si apprestava a firmare il disegno di legge che include le nuove sanzioni alla Russia, il suo vice è stato impegnato in un tour internazionale in cui ha toccato Montenegro, Georgia, Estonia – luoghi caldi del contrasto Nato-Mosca. E Mike Pence non si è tirato indietro dall’usare una dialettica dura nei confronti dei russi, marcando una posizione molto più convinta di quella del presidente sulle nuove sanzioni. Trump, quando mercoledì ha definitivamente ratificato il disegno di legge, ha sottolineato con due statement di commento che comunque il quadro era “imperfetto”, e ha fatto capire di aver dovuto apporre la sua firma perché politicamente costretto. D’altronde quello sulle sanzioni era stato uno dei pochi passaggi congressuali bipartisan degli ultimi anni, e anche porre il veto – escludendo il delicato contesto temporale collegato al Russiagate che a livello comunicativo glielo rendeva sconsigliabile – sarebbe stato una forzatura quasi inutile, tanto che i legislatori avrebbero potuto stravolgerlo a colpi di voto in aula.

I REPUBBLICANI COMMISSIONANO TRUMP SULLA RUSSIA?

Con la legge i repubblicani sembrano voler dare una linea forte (incarnata da Pence nel suo ultimo viaggio) e commissariare Trump dalla gestione dell’affare Russia, in quanto viene codificato un percorso per la gestione dell’abolizione del regime sanzionatorio in cui il presidente può soltanto avanzare la proposta, la quale dovrà comunque passare per la valutazione finale del Congresso (a guida repubblicana). Difficile pensare a una riduzione di potere più forte, soprattutto correndo indietro di pochi mesi, a quando cioè Trump dettava le sue linee programmatiche in politica estera parlando di una nuova stagione di rapporti più aperti e amichevoli con la Russia.

GO WEST!

Pence è l’ultimo baluardo del partito all’interno dell’amministrazione, e da Podgorica accusa Mosca di voler “destabilizzare” le regioni dell’Est europee e dividerle dall’Occidente, che invece è per loro il futuro. “Go West!” dice il VP, ospite di uno stato, il Montenegro, la cui annessione alla Nato (arrivata il 5 giugno di quest’anno) è stata fortemente osteggiata dalla Russia – otto mesi prima i montenegrini avevano accusato la Russia di aver complottato un colpo di stato per rovesciare l’ordine nel paese. “Come sapete tutti, la Russia continua a cercare di ridisegnare di nuovo i confini internazionali con la forza e, qui nei Balcani occidentali, la Russia ha lavorato per destabilizzare la regione, minare le democrazie e dividere gli uni dagli altri e dal resto d’Europa”, ha detto Pence durante un summit con i leader di Montenegro, Croazia, Albania e Slovenia (membri Nato), nonché Serbia, Bosnia, Macedonia e Kosovo.

PENCE RIPORTA GLI USA IN PIENA VISIONE NATO

Durante la serata di gala di martedì, il vice presidente americano ha parlato di un Montenegro che “ispira il mondo”, a proposito della volontà con cui Podgorica ha voluto entrare nella Nato contro le pressioni russe. Mentre in Estonia aveva rassicurato i leader baltici che l’America ci sarà davanti a qualsiasi aggressione russa. Punti importanti, che sottolineano l’imprescindibile impegno statunitense nella Nato, svolta definitiva di un’amministrazione che partiva con il suo capo che in campagna elettorale definiva “obsoleta” l’Alleanza Atlantica e che al primo vertice rifiutava commenti sull’articolo 5, quello della difesa collegiale.

LA REAZIONE RUSSA

Dalla Russia il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha snobbato la visita di Pence, “non è un problema” ha detto, perché “questi sono paesi sovrani che decidono liberamente come muoversi”, però “diventano un problema per noi quando inizia l’espansione di diverse alleanze e infrastrutture militari verso le nostre frontiere: cose che provocano la nostra preoccupazione”. In questi stessi giorni è stata diffusa la notizia dell’inizio imminente della grande esercitazione “Zapad” (in russo “Occidente”) con cui la Russia sposterà decine di migliaia di soldati in Bielorussia e nel Baltico tra metà agosto e fine settembre. Sarà impiegata anche la Prima armata corazzata della guardia, unità ricostituita nel 2015 (volontà muscolare putiniana) sulla base di quella storica che combatté i nazisti e poi fu inviata nel 1968 a sedare nel sangue la Primavera di Praga. La vita sul fronte orientale della Nato (e dell’Europa) è fatta di provocazioni e dimostrazioni, spesso muscolari. Seicento parà americani arriveranno nei tre stati baltici per monitorare da distanza Zapad.

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