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Lewis Eisenberg e non solo, tutti gli ok del Senato Usa alle nomine di Trump

Giovedì il Senato americano ha votato la conferma per un blocco di funzionari di alto livello dell’amministrazione Trump. Alcuni ruoli apicali, infatti, negli Stati Uniti, dopo la nomina presidenziale, richiedono un passaggio per le commissioni congressuali e poi il voto dell’aula. Tra questi ci sono alcuni ambasciatori, come Lewis Eisenberg (nella foto) per l’Italia e San Marino.

L’AMBASCIATORE ITALIANO

Eisenberg (qui il ritratto di Formiche.net) è un finanziere repubblicano che ha ricoperto incarichi nel partito (è stato tesoriere del Repubblican national committee, e poi è diventato il capo del Trump Victory Fund, un fondo elettorale di Donald Trump) e nelle strutture dell’amministrazione statale di New York. Viene considerato un repubblicano moderato, più legato al partito che al filone rivoluzionario che spinge alcune azioni della Casa Bianca.

E QUELLO ALLA NATO

Altra nomina confermata quella alla Nato, dove Kay Bailey Hutchison sarà l’ambasciatrice permanente americana. Hutchinson (qui il ritratto di Formiche.net) è stata senatrice per vent’anni, ed è considerata una delle voci autorevoli del conservatorismo moderato, tanto che la sua nomina ha ricevuto l’incoraggiamento del capo della minoranza democratica alla Commissione Esteri.

TRA GLI ALTRI

Tra le dozzine di conferme, anche quella a Richard Wood Johnson IV (il proprietario dei New York Jets) per il Regno Unito e George Edward Glass per il Portogallo. Invece Jamie McCourt, ex proprietario dei Los Angeles Dodgers e finanziatore della campagna Trump-2016, è stato ritirato dalla nomina per ambasciatore in Belgio mercoledì e ricandidato subito per Francia e Principato di Monaco (e dovrà dunque rifare l’inter delle audizioni).

I RANGHI DELL’AMMINISTRAZIONE

Probabilmente più importanti degli ambasciatori sono state le conferme per posti di alto livello all’interno di diversi dipartimenti (Giustizia, Veterani, Homeland Security) tra le dozzine su cui il Senato ha dato l’ok. All’amministrazione Trump mancano ancora diversi pezzi – per esempio, con il passaggio a capo dello staff, il generale John Kelly ha lasciato vuoto il posto da segretario per la Homeland Security. Queste lacune sono uno degli argomenti di critica al presidente, che ha rapidamente fatto in modo di estromettere i quadri scelti dal suo predecessore, ma non ha con altrettanta rapidità nominato i suoi vassalli. Al 31 luglio il Senato aveva confermato soltanto 51 candidati mentre sono più di mille le posizioni che richiedono il consenso della camera alta (i dati dalla Partnership for Public Service).

L’ACCORDO IN AULA

La votazione di giovedì è arrivata poche ore prima dell’inizio dello stop estivo, che era stato posticipato dalla discussione per la riforma sanitaria. Alla mancanza di nomine si sono sommati i ritardi sulle votazioni, legati a una campagna di ostruzionismo messa in piedi dai democratici che hanno rallentato con espedienti ogni singolo voto per rappresaglia contro la via di abolizione dura intrapresa dai senatori americani sull’Obamacare. Il passaggio di questo blocco di funzionari è stato frutto di un negoziato chiuso da Chuck Schumer, capo dei dem al Senato, e l’omologo repubblicano Mitch McConnell: Schumer ha ceduto dopo aver avuto rassicurazioni che alla riapertura dei lavori il dibattito si sposterà dalla riforma sanitaria.

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