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Ecco cosa (non) farà la Cina contro la Corea del Nord. Parola di Pechino

Xi Jinping, cina

Né con la Corea del Nord né con gli Stati Uniti. Sembra questa la nuova linea del governo cinese nella crisi che vede Pyongyang e la Casa Bianca ai ferri corti, dopo che Trump ha promesso “fuoco e furia” qualora continuassero le provocazioni, mentre Kim Jong-un ha minacciato di attaccare a breve l’isola americana di Guam. È quanto si evince da un articolo di oggi del Global Times, quotidiano considerato un’appendice del Partito Comunista Cinese (PCC), perché pubblicato dal suo organo di stampa ufficiale, il People’s Daily, che sta facendo rumore in queste ore. Poiché Pechino non ha la facoltà di convincere le due parti a fare un passo indietro, si legge nel pezzo, resta solo “da rendere chiara la propria posizione a tutte le parti e chiarire che qualora le loro azioni minaccino gli interessi della Cina, la Cina risponderà con mano ferma”.

La Cina però, si legge nel quotidiano, non reagirebbe allo stesso modo in caso di un attacco preventivo da una delle due parti. Tant’è che “se la Corea del Nord lancia per prima dei missili che minacciano il suolo americano e gli Stati Uniti rispondono, la Cina rimarrà neutrale”. Diverso il caso in cui gli USA e la Corea del Sud prendano l’iniziativa: in quel caso, se “ordinano un attacco e cercano di ribaltare il regime nord-coreano per cambiare lo scenario politico della penisola coreana, la Cina glielo impedirà”. Due pesi e due misure che rivelano una non perfetta terzietà di Pechino nello scontro.

Il cambio di toni giunge sul finire di una settimana ad alta tensione. “Vi dirò questo, è meglio che la Corea del Nord si metta d’accordo o saranno nei guai come lo sono state poche altre nazioni” aveva tuonato il presidente Trump ai giornalisti nel New Jersey. Dichiarazioni che avevano costretto il segretario per la difesa James Mattis martedì in California a gettare acqua sul fuoco: “la tragedia della guerra è ben nota. Non ha bisogno di altre descrizioni al di là del fatto che sarebbe catastrofica”.

La stoccata del PCC espressa sul Global Times sorprende soprattutto perché spezza un periodo di relativa armonia diplomatica fra Washington e Pechino nella crisi della penisola coreana. La scorsa settimana il Consiglio di Sicurezza dell’Onu aveva approvato all’unanimità, dunque Russia e Cina compresi, un pacchetto di sanzioni contro il regime di Kim Jong-un da più di un miliardo di dollari. Un punto a favore della linea della Casa Bianca, che aveva proposto la risoluzione, tanto che Trump non aveva mancato di esultare su twitter: “Ho appena terminato una chiamata con il presidente della Corea del Sud Moon. Molto impressionato dal voto 15-0 delle Nazioni Unite per le sanzioni alla Corea del Nord”. Lunedì il ministro degli Esteri cinese Wang Yi aveva ammesso che, date le relazioni commerciali con Pyongyang, “sarà soprattutto la Cina a pagare il prezzo della risoluzione”, aggiungendo però che il passo era necessario per “proteggere il sistema internazionale di non proliferazione e la pace e la stabilità della regione”.

C’è un episodio che potrebbe spiegare l’irrigidimento di Pechino verso la Casa Bianca. Un incidente diplomatico che vede protagonista il cacciatorpediniere statunitense da 154 m USS John S. McCain, di cui da conto oggi in un comunicato il portavoce del ministero degli Esteri cinese Geng Shuang.“Il 10 agosto, USS John S. McCain è entrato nelle acque circostanti le importanti isole e coste cinesi di Nansha Qundao senza il permesso del governo cinese reclamando la cosiddetta “freedom navigation operation”, si legge nel comunicato, “Le forze armate cinesi hanno immediatamente inviato navi per identificare e verificare la nave da guerra statunitense ai sensi della legge e intimargli di andarsene”.

Nansha Qundao è un arcipelago nel Mar Cinese Meridionale la cui sovranità è reclamata dalla Cina, ma anche da Vietnam, Malesia, Filippine, Taiwan. Le isole sono disabitate, ma di grande rilevanza strategica per la presenza di basi militari cinesi e giacimenti di gas naturale. Il passaggio del cacciatorpediniere americano è visto da Pechino come una minaccia che non aiuta nella de-escalation nella crisi coreana. “Questo atto”, dichiara Shuang, “ha chiaramente rivelato chi esattamente non desidera vedere una stabilità sostenuta nel Mar Cinese Meridionale”, ma anche chi in quella regione “apporta il maggior fattore di militarizzazione”.

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