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Ecco quanto spende davvero l’Italia per la Difesa

Di Paola Sartori e Giovanni Finarelli Baldassarre

Nonostante i numerosi impulsi esterni che avrebbero dovuto spingere ad accrescere e rendere più efficienti gli investimenti nazionali nel settore della difesa, l’Italia nei prossimi anni continuerà a diminuire la propria spesa in questo campo. Il perdurare di uno stato di insicurezza lungo i confini nazionali, gli impegni presi in ambito Nato per un incremento degli investimenti militari, nonché il crescente attivismo dei maggiori stati europei – Francia e Germania in primis – non sono infatti riusciti a evitare i tagli al bilancio della difesa italiano. Questo quanto emerge dalla recente pubblicazione IAI Bilanci e industria della difesa che offre una panoramica del budget della difesa italiano e dei trend dei maggiori Paesi europei, oltre a delineare i principali sviluppi nel settore industriale dell’aerospazio, sicurezza e difesa.

DIFESA: MENO RISORSE PER LE FORZE ARMATE, NONOSTANTE L’ABOLIZIONE DELLA FORESTALE

Dopo anni di tagli, il 2016 aveva fatto sperare in una svolta positiva grazie al leggero incremento della risorse destinate alla Funzione Difesa, passate a 13.400 milioni di euro rispetto ai 13.186 del 2015. Tuttavia, i dati relativi a questa funzione per il 2017 ci riportano rapidamente alla “normalità”, riaffermando il precedente trend negativo. In effetti, quest’anno la Funzione Difesa fa registrare una leggera flessione con 13.212 milioni di euro, riassestandosi su valori simili a quelli del 2015.

E’ interessante osservare come questa riduzione si inserisca nel quadro di un bilancio della difesa complessivamente in crescita rispetto al 2016, che nel 2017 arriva a 20.269 milioni di euro con un incremento dell’1,4%. Questa apparente incoerenza trova spiegazione in alcune variazioni relative alla composizione delle voci di bilancio. In particolare, il 2017 ha visto la scomparsa del Corpo Forestale, le cui funzioni sono state ripartite tra vari corpi dello Stato, con assegnazioni che hanno coinvolto soprattutto l’Arma dei Carabinieri determinando conseguenti riflessi anche sulla relativa voce di bilancio – la cosiddetta Funzione Sicurezza del Territorio. I fondi a quest’ultima hanno, infatti, registrato un cospicuo aumento di ben 429.6 milioni di euro, passando da 6.090.2 milioni per il 2016 a 6519.8 per il 2017.

Il generale aumento del bilancio della difesa nel suo complesso, dunque, non accresce le risorse destinate alle Forze Armate, ma è bensì asseribile alla summenzionata variazione, nonché all’aumento degli stanziamenti per le cosiddette Funzioni Esterne che negli ultimi due anni sono aumentate del 45% dai 97 milioni del 2015 ai 141,1 assegnati per il 2017.

QUANTO SPENDE VERAMENTE L’ITALIA NEL CAMPO DELLA DIFESA?

Questo quadro negativo è parzialmente mitigato dalle risorse che sono messe a disposizione per le Forze Armate, ma che non sono ricomprese nel bilancio della difesa. Infatti, per un’analisi più precisa e completa relativamente al budget effettivamente disponibile è necessario tenere conto anche degli stanziamenti del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE) a supporto degli investimenti in equipaggiamenti, e altresì delle risorse extra stanziate dal governo per sostenere la partecipazione italiana alle missioni internazionali.

Considerando anche queste fondi, unitamente ad una minima parte del budget destinato alla Funzione Sicurezza del Territorio – stimata considerando il numero di unità dei Carabinieri resi disponibili per missioni di Difesa e Polizia Militare –, le spese complessive nel campo della difesa per il 2017 avrebbero registrato un lievissimo incremento. Dai 17.411 milioni di euro stimati per il 2016 si è passati a 17.454 milioni nel 2017.

Ad incidere principalmente su questo dato è stato l’aumento delle risorse stanziate dal MiSE che per il 2017 si attestano sui 2.704 milioni: ben 200 milioni in più rispetto ai 2504 del 2016. Queste risorse sono estremamente importanti per sostenere i nuovi programmi di ammodernamento, ricerca e sviluppo tecnologico e contribuiscono a mantenere capacità strategiche in settori ad alta valenza tecnologica e industriale, considerati per questo di elevato interesse nazionale.

ESPORTAZIONI: LA COMMESSA EUROFIGHTER FA IMPENNARE LE AUTORIZZAZIONI

Positivo, invece, il trend che emerge considerando i dati relativi alle autorizzazioni all’esportazione nel mercato internazionale della difesa Nel 2016 quest’ultime hanno raggiunto un valore complessivo di 12.046 milioni di euro, più che raddoppiando, quindi, i 4.700 milioni del 2015. Questo balzo è principalmente ascrivibile alla commessa vinta da Leonardo per la vendita di 28 Eurofighter Typhoon al Kuwait, che nel 2016 è salito al primo posto tra i principali partner dell’Italia in questo settore. In lieve flessione, invece, il valore relativo alle esportazioni definitive che passano da 2.943 milioni di euro a 2.755.

Nel considerare questi dati è importante tenere a mente, tuttavia, alcune precisazioni. Innanzitutto, è bene ricordare che le autorizzazioni precedono le esportazioni e costituiscono di fatto il portafoglio ordini, che diverranno effettivi solo con l’inizio dei pagamenti. In secondo luogo, il valore fornito dalla Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento include anche i programmi intergovernativi che, in realtà, non costituiscono delle vere e proprie esportazioni.L’importanza di attuare riforme incisive

Nel complesso la situazione della spesa nella difesa non sembra dunque incoraggiante, né in termini di quantità di risorse investite, né in termini di qualità della spesa. A riguardo, basta osservare il continuo allargarsi della forbice tra spesa per Personale, Esercizio ed Investimento: dal 2013 ad oggi la percentuale della funzione difesa destinata al pagamento degli stipendi dei dipendenti militari e civili del ministero della difesa è aumentata costantemente, con un parallelo costante decremento della percentuale destinata all’investimento in equipaggiamenti, così come dei fondi per la formazione dei militari, le esercitazioni, la manutenzione dei mezzi e le varie spese operative – la voce Esercizio.

L’attuale suddivisione di risorse vede il 74,3% della spesa destinato al Personale, il 16,3% ad Esercizio e il 9,4% all’Investimento, ben lontano dal livello minimo di efficacia ed efficienza dello strumento militare cui tendono i maggiori Paesi europei: 50% Personale, 25% Esercizio, 25% Investimento.

A fronte di un contesto segnato da risorse sempre più limitate e ripartite in maniera inefficiente, risulta evidente come l’Italia non possa permettersi di rimandare ulteriormente l’adozione di riforme incisive, soprattutto in un momento in cui Paesi quali Francia e Germania si stanno dimostrando particolarmente attivi nell’ambito della difesa. Se il nostro Paese non vuole rischiare di venire definitivamente isolato rispetto a queste iniziative, è cruciale che adotti una chiara linea di azione che dovrebbe partire dall’attuazione delle linee guida fornite dal Libro Bianco.

(Articolo pubblicato sul sito dell’Istituto Affari Internazionali e consultabile anche a questo link)

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