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Mps, ecco tutte le magagne con il controllo del Tesoro

mps marco morelli

Non c’è pace per il Monte dei Paschi di Siena. Ora che lo Stato è diventato di gran lunga il primo azionista con oltre il 50% del capitale, l’istituto di credito guidato da Marco Morelli (in foto) fronteggia problemi sempre nuovi, che vanno ad aggiungersi a quelli del passato.

I NUMERI DEL SEMESTRE

A riassumerli in maniera efficace è la semestrale al 30 giugno del gruppo di Rocca Salimbeni, che si è chiusa con una perdita di 3,24 miliardi di euro, su cui hanno pesato 4 miliardi di rettifiche per la cessione delle sofferenze e la svalutazione da 30 milioni della partecipazione nel fondo Atlante. Il risultato si confronta con l’utile di 302 milioni che era stato realizzato nel primo semestre del 2016. In peggioramento anche i ricavi, che nei primi sei mesi del 2017 sono scesi del 21% a 1.852,7 milioni di euro. Dopo il fallimento dell’aumento di capitale di mercato dell’autunno del 2016, per Mps è scattata la ricapitalizzazione precauzionale, che prevede l’impiego di denaro pubblico dopo la conversione delle obbligazioni subordinate in azioni (burden sharing).

IL NUOVO AZIONISTA: IL TESORO

Con questa complessa operazione, il Tesoro, già presente nel capitale del gruppo senese, è salito al controllo. Ciò ha portato con sé una sfilza di nuovi problemi. A elencarli è stato Fabrizio Massaro in un recente articolo del Corriere della Sera: “Effetti indesiderati della nazionalizzazione di una banca: l’azionista Tesoro si ritrova a chiedere più di mezzo miliardo di danni al Montepaschi, di cui ha adesso il 53%”. E ancora, aggiunge il Corriere: “La vicenda che ha portato il Tesoro ad essere di fatto controparte di se stesso in una causa da 572 milioni di euro di danni risale a quasi vent’anni fa e – come emerge dalla relazione semestrale di Mps – si svilupperà per tutto il 2018 se non addirittura oltre. Si tratta della questione relativa ai danni ambientali che sarebbero stati prodotti dalla Snia nei siti di Torviscosa, Brescia e Colleferro dal gruppo chimico (anche attraverso la controllata Caffaro)”.

LA QUESTIONE ENI

Non è l’unico degli effetti indesiderati. Come aggiunge sempre il Corriere, “nei giorni scorsi il Montepaschi ha dovuto ridurre da 1,6 miliardi a 350 milioni l’esposizione verso un cliente importante come l’Eni per evitare di sforare i limiti regolamentari verso i cosiddetti “soggetti collegati”, in quanto il gruppo energetico è controllato da Cdp e quindi, indirettamente, dallo stesso Tesoro, che è a sua volta “parte correlata”. In particolare, si legge nella semestrale: “In data 23 marzo 2017 il Consiglio di amministrazione ha autorizzato la rimodulazione delle linee di credito a favore di Eni Spa ed il rientro nei limiti prudenziali di cui all’art. 395 del Regolamento UE 575/2013″. Risultano invece essere stati rinnovati e incrementati i fidi nei confronti di Ansaldo Energia e Fincantieri, di cui pure la Cdp è azionista rilevante. Senza dimenticare – aggiunge il Corriere – che Mps è uno dei principali detentori del debito pubblico per circa 15 miliardi di euro”.

LA BCE IN PRESSING

E poi c’è la Bce, sempre in pressing sulla banca, nonostante il rafforzamento patrimoniale avvenuto con il burden sharing e la ricapitalizzazione dello Stato. La Banca centrale europea – si scopre sempre nella semestrale di Mps – a conclusione di un’ispezione sul portafoglio crediti durata oltre otto mesi, si attende ancora 250 milioni di euro di rettifiche nonostante la gran parte dei suoi rilievi siano stati assorbiti dalle svalutazioni operate nel 2016 e nel 2017″. Di rettifiche che, naturalmente, andranno ad aggiungersi a quelle da 4 miliardi già effettuate nel primo semestre.

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