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Appunti sparsi di una milanese a Milano in agosto

Erdogan, Gran Bretagna, sentenza, donna, ottaviani

Alcuni dicono che le città sono ancora più belle quando manca la maggior parte della popolazione che le abita. Sembra valga per tutti i posti, chiaro che più grandi sono più questa regola sembra essere veritiera. Milano è tutto fuorché estesa e popolosa, soprattutto rispetto alle sue “colleghe” europee. Però tolto un po’ del caos e della frenesia, si scoprono aspetti di una città troppo spesso percepita come distante, quasi “antipatica” (a molti, in Italia, di sicuro), celati dietro i ritmi implacabili della vita quotidiana e che parlano di crisi e difficoltà, ma anche di una grandissima umanità, quasi sfacciato ottimismo. Ecco cosa mi sono segnata io:

– Ci si può affezionare anche a una stampante. Soprattutto se era quella che ti sei portata da Istanbul. Soprattutto se ti molla quando devi stampare documenti urgenti e fuori ci sono 39 gradi percepiti. Soprattutto se quella che ti compri dopo è un palese bidone. Visto che abbiamo stabilito un rapporto aperto e paritario, te ne potevi andare anche in un altro momento, carogna.
– Capisci, e lo capisci subito, che non solo le autorità di competenza non hanno fatto la disinfestazione, o l’hanno fatta troppo tardi, ma che le zanzare sono ancora più numerose e cattive degli altri anni e che quello che hai risparmiato in creme solari, lo spenderai tutto in farmacia in repellenti, stick dopo puntura e pomate al cortisone.
– Vedi coppie di nonnini che vanno al supermercato tenendosi mano nella mano nonostante Caronte, Lucifero e Polifemo e poi litigano per qualsiasi cosa che uno dei due mette nel carrello. Si dicono a vicenda “ma come ho fatto a sposarti/come ho fatto a sopportarti”, per poi ricordare l’uno all’altra che devono prendere il gelato che gli piace tanto, il talco, la brillantina e tutte quelle cose che danno al loro carrello uno splendido sapore di “carrello di una volta”. Adorabili, non ipocriti e persino coerenti. Anche con il carattere della città.
– Segui due anziani che se la chiacchierano, ancora in dialetto, dentro il Mediaworld per mezz’ora. Lo hanno scritto in faccia che non compreranno nulla e che sono lì per l’aria condizionata. Con tutto il ben di Dio di tecnologia si fermano davanti agli smart box dei viaggi e iniziano a dire dove vorrebbero andare. Tu, dietro, se potessi glieli compreresti tutti.
– A Milano ci sono cose che puoi fare solo il 13 agosto. Tipo saltellare come una bimba negli ambienti di Cargo e buttarti pure su uno dei loro letti. Tanto non c’è nessuno e quindi nessuno ti vede (perdonatemi, la tentazione era troppo forte e non ho saputo resistere).
– Guidi sulla tangenziale dove ci sono solo altre due macchine e, oltre a sentirti una specie di cow-boy nella prateria, l’Italia sembra un Paese dove si ha a cuore un corretto comportamento in strada. Poi tornano i suv e le macchine sportive, che vanno più della tua e i cui conducenti guidano come dei disgraziati. Realizzi dolorosamente che quell’educazione stradale in Italia è possibile solo con al massimo tre macchine in giro. Giusto perché ognuna ha la sua corsia.
– Vedi bambini che ridono e si divertono a pestare foglie secche per strada, senza mare, senza palette e secchielli, senza tutti i vizi dei bambini di oggi e pensi che i bambini si divertono ovunque e comunque e che forse ognuno di noi dovrebbe rimanere bambino dentro. Almeno un pochino.
– L’Ikea ormai dovrebbe ricevere finanziamenti dallo Stato perché ha una vera e propria utilità sociale. Le famiglie vi si recano la domenica, così mangiano fuori. I bambini giocano nelle apposite aree al fresco e poi magari si torna pure a casa con il sacco delle polpette surgelate. Quasi una gita fuori porta dei semplici.
– Entri nei negozi, vedi che c’è ancora una marea di vestiti in saldo. Pensi di essere stata fortunata. Poi però Milano ti sembra più piena rispetto agli altri anni e cominci a pensare che sì, ci gireranno ancora molti soldi, ma che c’è sempre più gente che fa rinunce e tagli alle spese. Tipo le vacanze o i vestiti. Dall’altra parte, i soliti, che abitano nei soliti quartieri, abbronzati e rilassati da fine maggio a settembre inoltrato.
– Posteggiare sulle strisce ad libitum quando è sospesa l’area C è una grande soddisfazione, ma vuoi mettere fare manovra nello spiazzo della ricicleria deserto, lo stesso dove hai sempre paura che ti tamponino la macchina?
– Fare la coda per entrare al museo e renderti conto che sei l’unica italiana, che la tua città è piena di stranieri e tu ti senti molto cool al pensiero che in quella città ci sei nata.
– Ci sono posti che a Milano sono sempre pieni, anche il 16 agosto. Come alcuni ristoranti sui Navigli, dove la fretta con cui vieni servito e l’ansia che hanno di sbatterti fuori per fare posto a nuovi avventori conosce sosta giusto nel giorno di chiusura.
– Fare la coda alla cassa in una Esselunga dell’hinterland milanese e vedere uno davanti a te che è magro fino all’impossibile e racconta alla cassiera che non ha fatto ferie, ma è felice perché ha trovato lavoro come magazziniere, ha una bambina piccola che è la più bella del mondo e che secondo lui da grande farà il medico, o almeno così si augura. Poi fai la coda all’Esselunga di Segrate, ti rendi conto che sei la più pallida del supermercato e che con le cassiere si parla solo di quanto è dura tornare a casa.
– Vedere su Fb una madamassa che si lamenta perché la prima parte della sua vacanza era in un posto ricercatissimo e la seconda in un posto nazionalpopolare. E tu che speri rimanga in uno dei due. Tanto su Facebook ce la ritrovi sempre.
– Vedere persone al rientro che non fanno altro che lamentarsi, sentirti fortunata perché questo agosto non sarà stato di riposo, ma ti ha comunque lasciato qualcosa di importante dentro, ma, soprattutto, pensare che, anche quest’anno, Milano è riuscita a prendersi un po’ di vacanza dai milanesi.

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