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Come si muove la Francia di Macron in Africa contro i jihadisti

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La Francia arma i droni di sorveglianza per combattere il terrorismo islamista nell’ovest dell’Africa. Lo ha detto lo scorso martedì il ministro della Difesa Florence Parly durante un discorso ai militari e paramilitari dell’università della Difesa di Tolone. Una mossa coerente con la politica estera del presidente Emmanuel Macron, orientata in modo preponderante alla lotta al terrorismo, e che rende sempre più improbabile il ritiro di Parigi dalla regione, nel medio e lungo termine. Le precedenti amministrazioni francesi hanno evitato di acquistare droni armati, temendo un possibile incremento delle vittime fra i civili e nel 2016, per evitare che l’argomento suscitasse polemiche durante la campagna presidenziale, il ministro Jean-Yves Le Drian, a favore di questo armamento, chiese al Pentagono di rimuovere il cablaggio destinato a ospitare le munizioni. Ma lo scorso maggio una relazione trasversale del Senato ha sostenuto l’armamento degli aerei pilotati a distanza.

“Oltre i nostri confini il nemico è più furtivo, mobile, scompare nel vasto deserto del Sahel e si mimetizza fra i civili”, ha proseguito Parly. “Alla luce di questo, non possiamo rimanere statici. I nostri metodi e i nostri equipaggiamenti devono adattarsi. È con questo in mente che ho deciso di armare i nostri droni di intelligence e di sorveglianza”.

La Francia ha cinque Reaper di ricognizione non armati nella capitale della Nigeria, Niamey, acquistati dagli Stati Uniti nel 2013, per supportare l’operazione di controterrorismo “Barkhane”, che vede impegnati 4mila uomini, e uno in Francia. I sei esistenti, quindi, saranno armati entro il 2020, probabilmente con munizioni europee, ha detto il ministro, mentre altri sei saranno recapitati nel 2019, con i missili Hellfire. Ad ogni modo la decisione sulla provenienza, europea o americana dei missili verrà presa nel 2018 e la decisione del ministero francese dovrà essere approvata anche dal Congresso degli Stati Uniti.

L’impegno militare francese in Niger si rivolge contro l’ala nordafricana di Al Qaeda, AQIM (Al Qaeda in the Islamic Maghreb) e agli altri gruppi islamisti collegati, che erano rimasti in gran parte confinati nel deserto del Sahara finchè non hanno approfittato di una ribellione dai separatisti etnici Tuareg in Mali nel 2012, per poi venire allontanati verso sud. Le forze francesi sono intervenute l’anno seguente (da qui l’acquisto dei primi sei droni nel 2013) per evitare che i terroristi conquistassero la capitale del Mali, Bamako, ma questi hanno gradualmente espanso il loro potere nella zona, con attacchi plateali in Mali, Burkina Faso e Costa D’Avorio, e, più ridotti e frequenti, a obiettivi militari.

A fine luglio, nella base militare in Nigeria, ufficiali e piloti hanno detto a Reuters che era doveroso armare i droni per essere più efficienti e veloci nell’affrontare i gruppi jihadisti, linea che Parly ha corroborato, spiegando che “i droni armati consentiranno di conciliare la sorveglianza alla capacità di colpire al momento opportuno, potremo ottenere efficienza e limitare i rischi di danni collaterali”. La Francia sta anche lavorando con Germania, Italia e Spagna per svilupare un drone europeo che dovrebbe essere pronto entro il 2025 e rendersi autonomi dagli Stati Uniti.

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