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Ecco come Trump spettina i parrucconi…

Con poche meritorie eccezioni (ne cito una: Maria Giovanna Maglie), prosegue e si evolve giorno dopo giorno la saga delle fake news collettive verso la presidenza Trump.

Come dice il mio amico Federico Punzi, non si tratta di essere necessariamente pro-Trump: ma inizia ad essere civilmente doveroso, per chi sia intellettualmente onesto, essere anti-anti-Trump, cioè estranei e ostili al pregiudizio, alla superstizione, all’esorcismo collettivo in corso contro il presidente scelto dalla maggioranza degli americani (non dalla maggioranza dei giornalisti o dalla maggioranza degli inviati esteri…).

Questa settimana, il discorso di Trump alle Nazioni Unite ha spettinato i parrucconi un’altra volta.

Respingendo la lingua di legno, le perifrasi e le circonlocuzioni tanto amate nei corridoi e nelle sale del Palazzo di Vetro, Trump ha chiamato le cose con il loro nome, mettendo in fila i nemici della libertà e dell’Occidente: Corea del Nord, Venezuela, Iran. Ha detto a chiare lettere che l’Onu deve cambiare. Ha messo in archivio le tentazioni isolazioniste, e anzi ha rimarcato quanto la centralità geopolitica e geostrategica americana sia essenziale per il mondo libero.

Gli applausi di Netanyahu e il nervosismo di Macron (che in fretta e furia si è premurato di difendere l’Iran, chissà perché…) svelano bene chi, come Israele, intuisce che Trump – nelle sue contraddizioni – è un interlocutore necessario, e chi invece – come la vecchia Europa – resta prigioniera di vecchi merletti formali e soprattutto di ambiguità sostanziali.

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