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Perché Erdogan è preoccupato per il referendum in Kurdistan

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Per un Paese che si appresta a nascere, ce n’è uno che si preoccupa e annuncia provvedimenti drastici. La Turchia è una delle nazioni più preoccupate per l’esito del referendum sull’indipendenza della Regione Curda del 25 settembre.

Il motivo, è fin troppo semplice da capire. L’esito positivo della consultazione potrebbe provocare una reazione a catena anche nei curdi della Mezzaluna, che potrebbero tornare a parlare di autonomia, con il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, organizzazione terrorista e separatista, che potrebbe tornare a riprendere le armi con decisione.

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan (in foto), è stato fin troppo chiaro. L’integrità dell’Iraq è una priorità, nel nord del Paese non vivono solo curdi e quindi se il referendum dovesse essere approvato la Turchia si ergerà a Stato garante delle altre popolazioni.

In questo momento, pochi vorrebbero essere nei panni del Presidente della regione autonoma del Nord Iraq, Massoud Barzani, che pur avendo definito il voto ‘storico’ e detto che la consultazione si terrà senza se e senza ma, teme di vedere compromesso un decennio in cui ha cercato di instaurare un rapporto privilegiato con la Turchia, il cui territorio rappresenta l’unica via per trasportare il petrolio sui mercati internazionali senza dover passare da Baghdad.

Ankara ha preso una posizione molto forte sul referendum già dallo scorso aprile, quando gruppi curdi avevano issato la loro bandiera su alcuni palazzi di Kirkuk. La Turchia negli ultimi giorni ha aumentato la presenza di militari e di mezzi pesanti sul confine con il Nord Iraq, organizzando un incontro anche con i vertici militari di Teheran e di Baghdad, interessati anche loro dalle conseguenze che il referendum potrebbe avere sulla tenuta interna.

In un consiglio di sicurezza che si è tenuto il 22 settembre, la Mezzaluna ha fatto sapere che il referendum è ‘illegittimo’ e che ‘minaccia la sicurezza nazionale turca’. I provvedimenti in caso di approvazione saranno drastici, dalla chiusura del confine all’interruzione delle relazioni diplomatiche.

Ci sono poi da considerare le spinte interne, che potrebbero giocare al presidente qualche brutto scherzo. Devlet Bahceli, il segretario del Mhp, il Partito nazionalista curdo, ha detto che il referendum sull’indipendenza del Kurdistan iracheno, dovrebbe essere un motivo per una guerra ‘se necessario’.

Nel Paese, a partire dal 2015, ossia da quando il Pkk ha ripreso con violenza la lotta armata, è tornato un forte disagio e una grande tensione riguardo alla ‘questione curda’ e in molti temono che l’esito del referendum possa dare vita a episodi di intolleranza ai danni di una minoranza che conta decine di militanti in carcere a causa delle purghe seguite al golpe fallito del luglio 2016.

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