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Tutti gli sguardi affilati di Massimo D’Alema alla Treccani. Foto di Pizzi

“C’è chi parla di scissione, di scomposizione, in realtà è il suo contrario, bisogna vedere se è possibile avviare un processo costituente, partendo dalla constatazione oggettiva che gli strumenti in campo non sono utili a questo. È questo il tema vero, non le date”. Lo ha detto Massimo D’Alema intervenendo al dibattito “Pensare l’Italia. Cultura, comunità, identità” alla sede dell’Istituto Treccani a Roma.

“Un processo costituente lo si avvia, come in Europa – ha aggiunto D’Alema – con un processo di volenterosi che deve avere un carattere aperto. I partiti sono diventati tutti delle macchine elettorali asfittiche. Quando c’ero io il mio partito aveva seicentomila iscritti – ha proseguito – poi ci siamo uniti per fare un partito più grande, ora siamo 180mila. Vuol dire che qualcosa non ha funzionato. Il contenitore deve avere un buco”.

“Bisogna avere il coraggio di rimettersi in cammino, in discussione – ha proseguito D’Alema – così io credo che in questo Paese ci sia una parte che vuole reagire. Chi si è ritratto dal voto non si è ritratto per sempre, se il richiamo è convincente sono sicuro che molti ritorneranno”.

Di fronte al processo in atto nel Paese, dove “vediamo riemergere dal passato il qualunquismo delle masse e la consorteria delle classi dirigenti”, ha sottolineato D’Alema, bisogna interrogarsi su quale sia l’alternativa. “C’è un vuoto di senso di responsabilità nazionale, del futuro del Paese, mentre sembriamo avviarci verso una delle più improvvisate campagne elettorali, alle quali ciascuno va senza un progetto, salvo affidarsi a belle alchimie. Questo fa paura. C’è un’alternativa? Gli anticorpi, di partecipazione, ci sono. Avverto la necessità di un processo di ricostruzione, di una fase costituente almeno nelle forze del centrosinistra che va inteso in senso largo e che non può che ripartire dalla riscoperta dei valori fondanti, in primo luogo dall’eguaglianza. Questo è il cuore di un nuovo programma, l’altro punto è ricostruire lo Stato, l’autorità e la capacità di indirizzo del Paese, per non essere alla mercé delle consorterie”.

“La comunità nazionale – ha concluso D’Alema – non può ridursi a una massa di individui arrabbiati, che inevitabilmente trova solo nel capo la sua sintesi. Questo Paese deve riscoprire il ruolo dei corpi intermedi”.

(Testo: Askanews)
Foto (c) Umberto Pizzi – Riproduzione riservata

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