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Perché è lontano l’orizzonte di una rinnovata Casa delle libertà

La prima volta si erano ritrovati nella giornata commemorativa di Giuseppe Tatarella per discutere in forma pubblica di un’alleanza a più voci della galassia conservatrice e moderata sul modello della Casa delle libertà. Oggi autorevoli rappresentanti di Forza Italia e NCD recuperano e sviluppano un ragionamento corale sullo scenario di una rinnovata coalizione di tutte le formazioni alternative al Partito democratico e ai progressisti. La seconda occasione successiva alla deflagrazione del PDL è offerta dal convegno “Riflessione sul Centro Destra”, promosso alla Sala delle Colonne della Camera dei deputati dalla Fondazione ReL-Riformismo&Libertà creata e guidata da Fabrizio Cicchitto.

Una strada tutta in salita

L’orizzonte di una Casa comune popolare, riformatrice e liberale appare lontano. Non soltanto per la complessità delle sfide culturali da affrontare. Ma soprattutto per il travagliato rapporto con la creatura politica di Silvio Berlusconi, che vede gli esponenti della formazione di Angelino Alfano scettici sulla possibilità di un percorso condiviso.

La speranza nel mutamento di Forza Italia

A spiegare la ragione del disincanto è Fabrizio Cicchitto, parlamentare del Nuovo Centro-destra che ha visto la sua lunga esperienza socialista costellata di rivalità, fratture, scissioni. Ultima in ordine di tempo la lacerazione che ha provocato il tramonto del Popolo della libertà, “frutto della scelta illogica di Berlusconi di revocare la fiducia al governo di larghe intese e di creare una nuova formazione, estremista e fautrice di un salto nel buio elettorale, che dell’antica di Forza Italia preservava la sigla”.

L’aggregazione politico-culturale avviata da NCD con UDC e Popolari per l’Italia in vista del voto europeo punta per l’ex capogruppo del PDL a Montecitorio a rifondare il centro-destra. Con la speranza recondita che all’indomani delle elezioni per l’Assemblea di Strasburgo Forza Italia apra una riflessione “per superare l’attuale deriva schizofrenica nei contenuti e nel linguaggio, così come i diktat ricattatori di Renato Brunetta”.

Il rischio di un bipolarismo PD-M5S

È un’opera tanto più necessaria, rimarca il presidente di ReL, alla luce della rivoluzione in corso nel Partito democratico. Cambiamento radicale impresso grazie all’azione a-ideologica e mediatica di Matteo Renzi, “spregiudicato nell’utilizzare l’ex Cavaliere per i propri scopi politici e nell’oltrepassare i tradizionali steccati ideologici della sinistra post-comunista, democratico-cristiana, socialdemocratica, giustizialista”. Lo spettro evocato dall’ex esponente del PSI è uno scontro politico-elettorale che vede protagonisti PD e M5S con un centro-destra marginale.

Il timore di un’implosione politica

Un timore nutrito anche da Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera ed ex direttore del Riformista: “Non vorrei che con il tramonto politico di Berlusconi scompaia la nozione di centro-destra come avvenuto con la Jugoslavia del dopo Tito”. Lo scenario da sventare, puntualizza il giornalista, è uno schieramento moderato ripiegato su se stesso, attestato in difesa, focalizzato sulle lotte fratricide, non in grado di giocare nella metà campo avversaria.

Ma per capovolgere la rotta sarebbe necessaria “un’autonoma cultura politica di stampo nettamente liberale e riformatore, che non può ridursi alla promessa di non alzare le tasse visto che tale ricetta sembra essere accolta dai progressisti”. Cultura clamorosamente mancata in questi vent’anni, nei quali Forza Italia ha preferito rincorrere il secessionismo del Carroccio, il centralismo di Alleanza Nazionale, lo statalismo assistenziale dei post-democristiani. E che costituisce ancora oggi la grande assente nel panorama del centro-destra, stretta nella morsa di oltranzismi populisti, velleità nazionaliste, tatticismi conservatori, pigrizia culturale, politica obsoleta.

La sfida del Nuovo Centro-destra

Ma vi sono i requisiti e gli spazi per ricostituire un’aggregazione del centro-destra, nella forma di federazione, alleanza, nuovo partito unitario? Fortemente scettica è la risposta di Gaetano Quagliariello, altra figura di spicco del NCD. Nel campo progressista, rileva l’ex responsabile delle Riforme, esiste per la prima volta una leadership in grado di raccogliere adesioni in realtà diverse dai recinti tradizionali della sinistra. E una parte del mondo moderato ne accoglie l’avanzata ritenendo Renzi un Berlusconi più giovane.

Nel frattempo il grande iceberg di consensi che l’ex Cavaliere riusciva a raccogliere tenendo assieme moderati e populisti nonché segmenti sociali differenti, si sta sciogliendo. La scommessa del partito di Alfano, osserva lo storico politico, è intercettare e interpretare uno dei mondi che costituivano il bacino elettorale dell’antica Forza Italia: quello laico, riformatore, cattolico-liberale alternativo all’orizzonte socialista cui ha aderito il PD.

Nessun margine per percorsi condivisi?

Ma la reazione di Forza Italia, precisa Quagliariello, è improntata all’annientamento politico di NCD. Per ora, quindi, “non vi è spazio per alleanze strategiche con FI. Tanto meno ce n’è con Lega Nord e Fratelli d’Italia, fautori del recupero di sovranità monetaria nazionale e di un approccio xenofobo al fenomeno migratorio”.

La ricostruzione di una sconfitta

Sono tutti qui, oltre a un diverso rapporto con il governo, i motivi di divaricazione nel centro-destra? L’interrogativo suscita una riflessione originale in Paolo Romani, presidente di Forza Italia a Palazzo Madama. Nel 1994, grazie all’azione aggregatrice promossa con consapevolezza da Berlusconi, fu allestito un contenitore di filoni, esperienze, forze eterogenee. Aggregato che per la prima volta nella storia repubblicana conferì legittimazione alla nozione politica di centro-destra. Tredici anni più tardi, alla luce di un’esperienza deludente di governo, l’ex Cavaliere, consapevole che tali ricchezze potevano trasformarsi nel Tallone d’Achille per la realizzazione della rivoluzione liberale, scelse di compiere un salto di qualità creando il PDL.

L’aspirazione, ricorda il senatore, era dar vita a un grande partito occidentale animato da una dialettica democratica tra maggioranza e minoranza interne. Ma l’ambizioso obiettivo non venne realizzato, a causa di una cronica incapacità di discutere apertamente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: “Il centro-destra oggi è fragilissimo al governo e all’opposizione. Senza considerare la rottura traumatica di amicizie decennali”.

Recuperare l’unità perduta

È per tali ragioni che Romani esorta a ragionare sui temi di una possibile alleanza, gli stessi che percorrono in modo maggioritario l’opinione pubblica. Le priorità sono i contenuti: riforme profonde su tasse, lavoro, economia, istituzioni. La forma dello stare insieme è un problema secondario. Soltanto così il centro-destra “potrà allontanare lo spettro di un’irrilevanza politica favorita dall’abilità oratoria e dalla spregiudicatezza di Renzi, affine a Tony Blair e Gerard Schroeder nel coraggio di realizzare innovazioni che noi non avremmo mai osato intraprendere”.

La metamorfosi di Forza Italia

Se le parole di Romani avessero avuto una traduzione concreta, rimarca Renato Schifani, non si sarebbe verificata la lacerazione profonda del PDL e del centro-destra. “Negli ultimi tempi, invece, Berlusconi ha rinunciato a operare una sintesi tra culture differenti, preferendo restare in balia di correnti barricadere, estremiste e radicali che mai avevano preso il sopravvento in Forza Italia”. È stato neutralizzato così, evidenzia il senatore del NCD, un ceto dirigente maturato e valorizzato in vent’anni a partire da Angelino Alfano.

E ha preso corpo un modello monocratico incentrato su una figura carismatica sempre più indebolita da una lunga aggressione giudiziaria. Ne è scaturita, afferma l’ex presidente dell’Assemblea di Palazzo Madama, una formazione che accentua il conflitto con tutte le altre componenti di una potenziale coalizione di centro-destra, e alimenta un atteggiamento espulsivo nei loro confronti come nelle recenti elezioni regionali in Sardegna.

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