E’ durato circa quindici minuti oggi il primo consiglio comunale in Campidoglio dopo gli arresti di mafia capitale. Giusto il tempo di nominare quattro consiglieri temporanei al posto di quelli arrestati. Dentro Daniele Parrucci (Cd), Liliana Mannocchi (Pd), Cecilia Fannunza (Pd) e Alessandro Cochi (Pdl) in sostituzione di Massimo Caprari (Centro democratico), Mirko Coratti (Pd), Pierpaolo Pedetti (Pd) e Giordano Tredicine (Pdl).

Lo spettacolo, però, è stato fuori. In piazza. Con un Palazzo Senatorio assediato dalla protesta. C’erano quelli di Casa Pound e i grillini, c’erano quelli di Noi con Salvini, vari esponenti di Fratelli d’Italia e pure di Ncd. E anche i lavoratori di Multiservizi, azienda partecipata del Comune che rischiano di perdere il posto. Ma anche semplici cittadini, nauseati dall’inchiesta di Mafia capitale. Stanchi di pagare le tasse più alte d’Italia per foraggiare “la mucca”, che poi viene munta da Buzzi, Carminati & C. A un certo punto per la tensione volano insulti e spintoni, tanto che deve intervenire la polizia in assetto anti sommossa.

I consiglieri comunali sono spaesati, pallidi. I pochi assessori non riescono nemmeno a raggiungere l’Aula, strapiena di cronisti e manifestanti. L’accesso alla sala Giulio Cesare, infatti, è libero. Ogni cittadino munito di carta d’identità può assistere ai lavori del consiglio comunale. E così quando l’aula si riempie non viene fatto passare più nessuno. Provocando travasi di bile agli operatori tv rimasti fuori.

L’unico che mostra una tranquillità che però sembra di facciata è Ignazio Marino. Accolto dalle urla “dimettiti, dimettiti”. Tra l’altro proprio oggi si è saputo che nemmeno quest’aula sarebbe rimasta immune dalla corruzione, visto che nelle carte degli ultimi sei arresti c’è anche la gara per i lavori di restauro, affidata con trattativa privata a Fabrizio Amore, imprenditore il cui nome compare diverse volte nell’inchiesta.

L’interrogativo che rimbalza tra gli alti soffitti della sala Giulio Cesare è naturalmente il seguente: quanto potrà resistere Marino? Al momento il sindaco, specialmente dopo la difesa di Matteo Renzi, pare non abbia alcuna intenzione di lasciare, anche perché il rischio di scioglimento per mafia per ora è scongiurato. Questa è l’indicazione che gli arriva anche dal vertice del Pd nazionale e romano.

Intendiamoci, al Nazareno sono perfettamente consapevoli che Marino ha esaurito la sua spinta propulsiva, semmai ne abbia mai avuta una. Detto questo, ci sono due problemi. Innanzitutto c’è un Giubileo alle porte da organizzare e sarebbe difficile farlo senza un sindaco nel pieno delle sue funzioni. In secondo luogo c’è il terrore che, andando al voto ora, possa vincere il Movimento Cinque Stelle. Ipotesi tutt’altro che peregrina.

E forse non è un caso che, in piazza a protestare, si siano visti anche leader del Movimento come Alessandro Di Battista e Vito Crimi. Inoltre un recente sondaggio che dà il Pd al 17 per cento a Roma ha fatto tremare le vene nei polsi dei dirigenti dem. Beppe Grillo, che ha il fiuto della politica e sente odore di vittoria, intanto dal suo sito ha lanciato OccupyCampidoglio. Affermando che “Il Comune di Roma va disinfestato”.

“Qui non rischiamo solo di far vincere Grillo, ma di regalare un botto di voti anche a Casa Pound. Marino in questo momento non può fare altro che resistere e andare avanti. Poi, quando le acque si saranno calmate, deciderà lui cosa fare. E a quel punto potrà trattare una buona uscita, ovvero un’altra collocazione. Lui si considera in credito verso il partito, visto che non voleva nemmeno candidarsi…”, racconta una fonte del Pd romano.

Lo stesso terrore attanaglia i consiglieri di Forza Italia. Anch’essi colpiti dall’inchiesta della procura di Roma. E infatti anche loro chiedono le dimissioni di Marino (che parlerà nei prossimi giorni durante un consiglio comunale ad hoc su Mafia Capitale), ma in maniera felpata, quasi un sussurro, in modo che non li senta nessuno. Il partito azzurro, come il Pd, ha interesse che il sindaco resti lì a prendersi gli sputi. In attesa che l’inchiesta si sgonfi (se si sgonfierà) e del tempo necessario a riorganizzare le truppe e il consenso.

Detto questo, non è sicuro che Marino resista. Se Mafia Capitale l’ha salvato una volta (a dicembre il sindaco era nell’occhio del ciclone ma poi l’attenzione si rivolse tutta verso Carminati & C.), questa seconda ondata rischia di affossarlo. Anche perché la faccenda ha ormai portata nazionale. E nelle prossime settimane in prima fila a sparare contro di lui ci saranno Beppe Grillo e Matteo Salvini. Non solo quattro pischelli di Casa Pound.

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