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Ecco le 3 sfide per i 5 Stelle. Parla la politologa Campus

E’ un processo di istituzionalizzazione pieno di punti interrogativi quello che sta interessando il Movimento 5 Stelle. Ne è convinta la politologa Donatella Campus, docente all’Università di Bologna, che fotografa l’attuale situazione dei pentastellati rifacendosi agli studi svolti da Angelo Panebianco nella sua opera Modelli di partito. “La trasformazione del Movimento 5 Stelle – spiega Campus a Formiche.net – è nei fatti: è nato come una forza politica di protesta, poi è entrato in Parlamento e ha iniziato a governare alcune amministrazioni locali svolgendo le funzioni proprie dei partiti seppure sia completamente diverso da quelli tradizionali. Ora si trova in quella fase di transizione nel corso della quale si cerca un modello organizzativo stabile”. Che però ancora non si è trovato.

IL RAPPORTO CON LA BASE

Il professor Paolo Becchi nella sua intervista di ieri a Formiche.net ha sottolineato come, a suo dire, la creatura di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio abbia abbandonato il sogno della democrazia diretta optando per la più facile via della democrazia eterodiretta. Dal canto suo, la professoressa Campus ritiene che il rapporto tra il gruppo dirigente e la base sia centrale nel cercare di capire dove stia andando la principale forza di opposizione al governo Renzi. “Sull’elezione dei giudici costituzionali – continua la politologa – i parlamentari 5 Stelle hanno ritenuto opportuno fare l’accordo con il Pd, cosa che non è stata però accettata da una parte della base e questo perché ci sono attivisti che non distinguono tra necessaria negoziazione politica e inciucio”. Secondo Campus, “situazioni come queste sono destinate a ripetersi, occorre pertanto maggiore chiarezza su quali siano gli spazi di autonomia dei parlamentari da un lato, e in quali casi vada invece coinvolta la base tramite il web per prendere determinate decisioni”.

LA GESTIONE DEL DISSENSO INTERNO

Secondo nodo da sciogliere lungo il processo di istituzionalizzazione dei 5 Stelle è la gestione del dissenso interno. “Nemmeno un’organizzazione politica diversa da quelle tradizionali come il Movimento 5 Stelle può pensare di avere un’uniformità di vedute quasi perfetta – ragiona Campus -. Parte integrante di un processo di istituzionalizzazione è anche il riconoscimento del fatto che possano esistere all’interno dell’organizzazione alcune minoranze, trovando alternative all’epurazione e legittimando posizioni non in linea con la maggioranza che governa la forza politica”. Peccato che da questo orecchio Grillo e Casaleggio non ci vogliano sentire, dato che per ora hanno agito solo a suon di espulsioni: “In questa fase l’M5S sta reagendo con grande rigidità e rapidi allontanamenti. Non è dato sapere come si concluderà questa evoluzione, ma possiamo presumere che lungo un tale cammino si arrivi a una qualche forma di legittimazione del dissenso interno, anche per prevenire tensioni che possono crearsi tra il centro e la periferia del Movimento”. E forse l’attuale condizione in cui si trova il sindaco di Parma Federico Pizzarotti è il primo passo di questo mutamento.

IL NODO DELLA LEADERSHIP

Nell’analisi di Campus, il vero tema dirimente è quello della leadership pentastellata, “per la quale ci sono molte incognite sul futuro”. “Non credo che ci saranno grandi cambiamenti nel breve periodo, d’altronde le elezioni politiche sono lontane qualche anno”. “Siamo passati – aggiunge – da una prima fase in cui Grillo era al centro di tutto e aveva il monopolio della comunicazione del Movimento, a una seconda in cui tra parlamentari emergenti e direttorio il leader fondatore pare abbia almeno parzialmente lasciato il testimone. Ma non si può ancora parlare di cambio di leadership. Le elezioni politiche sono troppo lontane, il seppure importante turno delle amministrative non può essere il banco di prova per un aspirante leader dei 5 Stelle diverso da Grillo”.

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