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Tutti i grattacapi di Matteo Renzi

No, non sono giorni troppo sereni per Matteo Renzi. I dati di ieri sul lavoro (effetto più dei costosi sgravi fiscali che del Jobs Act) sono stati trionfalmente festeggiati dal governo. Ma non ci sono troppi motivi per essere tranquilli a Palazzo Chigi e dintorni.

Una serie di fatti non devono indurre a un eccesso di ottimismo nel governo. Il via libera giunto dal presidente della Cei, Angelo Bagnasco, al Family day indetto da vari movimenti cattolici contro le unioni civili e il ddl Cirinnà, è arrivato un po’ a sorpresa dopo le parole più aperturiste sulle unioni civili, e dunque più filo governative, del segretario della Conferenza episcopale italiana, Nunzio Galantino. Ma evidentemente – come ha scritto Repubblica – Bagnasco e il segretario di Stato, Pietro Parolin, hanno benedetto un evento spontaneo di associazioni cattoliche mentre altri, come i vertici del Forum delle famiglie, erano attendisti o defilati.

Anche l’idea di Renzi di affidare all’amico manager e imprenditore Marco Carrai un ruolo di perno politico della sicurezza cibernetica ha provocato una serie di interrogativi e rilievi dall’interno della stesso Pd e da renziani doc come Denis Verdini, che ha definito l’idea un “azzardo”; critiche alle quali ha replicato oggi pomeriggio il ministro Maria Elena Boschi rispondendo a un’interrogazione parlamentare di Sinistra italiana e di Sel.

Quisquilie, forse, rispetto a quello che sta avvenendo tra Roma e Bruxelles, con una guerra di parole che non ha caratterizzato neppure i rapporti pur tempestosi fra Berlusconi o Tremonti con la Commissione europea, all’epoca dei governi di centrodestra. E per una volta non sono i poveri giornalisti a enfatizzare cronache, dichiarazioni e retroscena.

Certo, il bullismo mediatico del premier fa storcere il naso ai signori di Bruxelles. Ma se non si cambia marcia e direzione alle politiche attuali, gli umori politici anti europei non potranno che crescere, travolgendo gli esecutori del galateo bruxellese.

E poi, per entrare nel merito, ha davvero torto l’Italia a dire che i 3 miliardi di euro alla Turchia per arginare l’afflusso di migranti verso la Germania devono arrivare dal bilancio europeo e non dai singoli Stati? Ha davvero torto l’Italia a sollevare perplessità sulla doppia morale della Germania con la Russia a proposito, ad esempio, di Nord Stream?

E che dire delle accuse di aiuti di Stato a Ilva? E dei sofismi sulla bad bank dopo che per anni gli Stati – in primis la Germania – hanno salvato le banche pubbliche (perché in verità aveva anche i soldi per farlo, dice Mario Seminerio)? Tra l’altro è proprio il traccheggiare della Commissione sulla bad bank per alleviare gli istituti italiani dalle sofferenze uno dei motivi della caduta dei titoli bancari (consiglio su questi fatti la lettura del commento firmato da Filippo Buraschi).

E che dire, inoltre, della tragicommedia sulle 4 banche locali per i no del governo europeo a un intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi? Su questi dossier, si può e si deve criticare il doppiopesismo di Bruxelles ma occorre porsi pure una domanda, francamente: possibile che il ministero dell’Economia in nessuna, o quasi, di queste partite riesca a far vincere le buone ragioni del nostro Paese? La risposta, indirettamente, l’ha fornita ieri il governo che ha nominato per la prima volta un politico (e non un diplomatico), il viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, come rappresentante permanente dell’Italia presso l’Unione europea al posto del diplomatico Stefano Sannino (che ascoltava più Bruxelles che Roma, bisbigliano a Palazzo Chigi). Un siluro di fatto per le feluche che ora mugugnano e non poco (altro bel grattacapo per l’esecutivo), come racconta oggi Repubblica. Calenda si è battuto come un leone per far slittare a Bruxelles il riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina che comporterebbe danni indiretti alle industrie di molti Stati europei (ma forse non troppo, anzi, alla Germania, che infatti è piuttosto tiepida a differenza dell’Italia).

Ah certo, finora abbiamo strappato un po’ di flessibilità sui conti. Eppure, come ha ricordato su Formiche.net l’economista Veronica De Romanis, la Legge di stabilità deve essere ancora approvata da Bruxelles. La verità, come ha scritto l’editorialista Guido Salerno Aletta con dovizia di particolari, è che Francia e Germania la fanno ancora da padroni in Europa.

La constatazione porta a una conclusione: il giusto sbraitare di Renzi resta asfittico, senza alleanza con altri Stati? Ma alleanze su che, e per fare cosa, si è chiesto la firma di Formiche.netStefano Cingolani, che non sia qualche tweet anti gufesco. Anche perché le intenzioni della Germania sono piuttosto virulente. Leggere per credere alcuni degli articoli di approfondimento di seguito. Ad esempio l’intervista a Giulio Sapelli e il commento di Paolo Savona.

Ecco gli ultimi approfondimenti di Formiche.net sui temi europei:

Chi sta massacrando le banche italiane. Il corsivo di Filippo Buraschi

Un paio di consigli non richiesti a Renzi sull’Europa. Il commento di Stefano Cingolani

Vi spiego perché Juncker ha torto marcio sull’Italia. L’analisi di Guido Salerno Aletta

Che cosa deve fare l’Italia a Bruxelles. Il commento di Paolo Savona

La Germania vuole commissariare l’Italia con l’Esm. Parla Giulio Sapelli

Ecco come Merkel ha salvato le banche tedesche. L’analisi di Mario Seminerio

Unicredit, Mps, Banco Popolare. Ecco come Bruxelles fa barcollare le banche. Il commento di Giuseppe Sersale

Bail-in, ecco come la Germania si salva e umilia l’Italia. L’articolo di Tino Oldani

Ecco come la Germania vuole punire l’Italia dopo la Grecia. Il commento di Paolo Savona

Perché Bruxelles sorveglia ancora l’Italia. L’analisi dell’economista Veronica De Romanis

Ecco come la Germania continua ad azzoppare l’Italia a Bruxelles. L’articolo di Margherita Tacceri

Unicredit, Intesa, Ubi. Perché gli allarmismi sono assurdi. La ricostruzione di Francesco Ninfole

Ecco il tallone d’Achille della Germania. L’articolo di Tino Oldani

Le mosse di Renzi e le insidie per l’Italia a Bruxelles. L’analisi di Stefano da Empoli

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