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Gandolfini, Gotor, Giavazzi, Vendola. Avanti tutta con le capriole

A volte le cronache lasciano basiti e inducono a riflessioni e interrogativi.

Si prendano ad esempio gli esponenti della minoranza Pd, come Miguel Gotor. Lo storico ed ex editorialista di Repubblica, ora senatore del Pd per volere di Pierluigi Bersani, è il più tonitruante contro i voti di Denis Verdini e dei verdiniani sulla fiducia al governo Renzi. Ohibò. Ma Verdini e i verdiniani non erano impresentabili – secondo i canoni moralistici alla Gotor & C. – quando militavano in partiti berlusconiani e votavano con Gotor & C. la fiducia al governo Letta. Due pesi e due misure.

Le contraddizioni non mancano in altri esponenti di sinistra. Nichi Vendola e il suo compagno Eddy Testa sono diventati genitore 1 e genitore 2 di Tobia Antonio grazie alla maternità surrogata negli Stati Uniti. Ma l’ex esponente di Rifondazione comunista ed ex leader di Sel non sbraitava contro ogni sfruttamento classista del corpo della donna?

Qualche segno di schizofrenia si rintraccia anche in Massimo Gandolfini, portavoce del Family Day. Dopo il voto al ddl Cirinna, seppure limato della stepchild adoption, Gandolfini ha detto riferendosi al premier Matteo Renzi: “Ce ne ricorderemo, visto che non noi ma lui ha legato il suo futuro politico al referendum sulle riforme“. Come dire: voteremo No, e faremo votare No, al prossimo referendum sulla riforma costituzionale del governo. E che ci azzecca? Cioè: siamo sicuri che il popolo che si è riunito al Circo Massimo contro il ddl Cirinnà era contrario pure alla riforma del Senato? C’è stato un sondaggio a tale fine?  Il bello, poi, è che negli stessi minuti in cui Gandolfini pronunciava quei proclami, con critiche serrate al ddl Cirinnà appena approvato, riceveva il sostegno di alcuni senatori di Area Popolare, come Roberto Formigoni e Carlo Giovanardi, che voteranno le riforme costituzionali del governo.

Ma non sono le uniche contraddizioni su piazza e sui giornali. Si prenda il vate del liberismo rizzoliano, ossia Francesco Giavazzi, l’economista che da anni, anzi da decenni, bacchetta e rampogna ogni qual volta avverte sentore di intervento dello Stato. Così, mentre pochi mesi fa Giavazzi chiedeva al governo sulla prima pagina del Corriere della Sera (“Il governo è disposto ad impegnarsi a far sì che la Cassa depositi e prestiti intervenga solo là dove si verificano dei chiari «fallimenti del mercato»?“), ieri, sempre a proposito della Cdp, e sempre sulla prima pagina del Corriere della Sera, ha sentenziato: “Per fugare l’ombra che si stende sulle nostre banche bisogna mettere in sicurezza il Monte dei Paschi di Siena. Servono circa dieci miliardi di euro. È escluso che vi siano investitori privati disposti a metterceli e sarebbe un delitto indurre le banche maggiori a farlo mettendone a rischio la solidità. Lo Stato sarebbe potuto intervenire quando ancora le regole europee lo consentivano, ma non lo fece. L’unica strada rimasta è usare la Cassa depositi e prestiti“.

Ma si sa, alcuni professori hanno sempre ragione, specie quando non confessano di aver cambiato idea (per apprezzare alcune delle più recenti capriole accademiche non solo di Giavazzi, si può leggere questo articolo).

Avanti tutta con le capriole.

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