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Serve un tatarelliano per riunificare il centrodestra. Parla Salvatore Tatarella

Gli ex ragazzi del Secolo d’Italia tutti insieme almeno per una sera. Gianfranco Fini (Liberadestra) e Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia) che riparlavano tra loro amabilmente; Maurizio Gasparri e Altero Matteoli (Forza Italia) accanto a Gennaro Malgieri, Adolfo Urso e Italo Bocchino. Per una sera la diaspora nella quale si è frammentata la destra post-missina e ex Alleanza nazionale, con tanto di liti e scontri passati, recenti e attuali, è stata superata da una riunificazione nel nome di Giuseppe Tatarella, che non a caso si definiva “il ministro dell’Armonia” nel primo governo di Silvio Berlusconi. L’occasione degli ex ragazzi del Secolo per ritrovarsi insieme amabilmente è stata mercoledì 9 marzo al Palazzo delle Esposizioni a Roma la seconda edizione del premio intitolato proprio a Tatarella, scomparso nel 1999, politico raffinato e influente, stimato da amici e avversari, il vero ispiratore della svolta di Fiuggi dal Msi a An. Il premio quest’anno è andato al notista politico e editorialista Stefano Folli.

“Solo mio fratello Pinuccio poteva fare questo miracolo di rimettere insieme la diaspora”. Così commenta con Formiche.net Salvatore Tatarella, ex deputato e già parlamentare europeo fino al 2014, quando, spiega, “non ho voluto più ricandidarmi perché non trovavo nessuno a destra da cui mi sentissi rappresentato”.

Perché onorevole Tatarella?

Non mi ritrovo in nessun partito di centrodestra perché sono venuti meno ideali, visioni, obiettivi politici. E così tutto si riduce a una lotta di potere che io definirei per gruppi anziché per correnti. Nella Prima Repubblica le correnti avevano una loro dignità. Stare con Giulio Andreotti o in una determinata corrente nel Msi così come nel Psi non significava trovare una semplice collocazione. Significava avere una certa visione politica, determinati obiettivi che poi venivano espressi in disegni di legge. Ora siamo alla lotta tra gruppi.

Ma nel nome di suo fratello Giuseppe mercoledì le varie anime ex An si sono rimesse insieme, come dare un seguito a questa occasione?

Solo Pinuccio riesce ancora a fare questo miracolo. Alla premiazione di Folli c’erano tutti quelli che potrebbero dare un contributo a un partito di destra che in Italia manca, così come è necessario un partito della sinistra. Ma il partito di destra non può essere dominato da Matteo Salvini.

Il leader leghista sembra aspirare alla leadership della coalizione, approfittando della crisi di Forza Italia. Perché non lo vede bene al posto di Silvio Berlusconi.

Innanzitutto perché alcune tesi di Salvini sono incompatibili con la Destra a cominciare dall’idea di dividere il Paese in due.

Ora però lui vorrebbe fare una Lega nazionale. Non basta?

No, perché il suo elettorato è ancora ferocemente antimeridionalista. E poi certe sue tesi razziste non vanno bene.

Si riferisce alla svolta lepenista della Lega?

No, no. Anzi parlare di Marine Le Pen significa nobilitare Salvini. Le Pen è una signora che ha fatto una svolta, che ha persino cacciato il padre. E poi le dirò una cosa che potrebbe sembrare strana.

La dica.

Ho visto in Tv un dibattito tra Massimo D’Alema e Marine Le Pen. Avevano visioni contrapposte ovviamente, agli antipodi, ma quello è l’unico dibattito serio che ho sentito sull’Europa. Si capiva che entrambi conoscono bene la materia.

E il ruolo di Berlusconi come lo vede ora? E’ sempre lui il federatore delle varie anime del centrodestra?

Lui ha avuto il merito di aver guidato la coalizione tutta unita. Ma non diamogli meriti sproporzionati. Perché Berlusconi si è trovato nel 1994 a operare su un terreno che era già stato arato. E’ dal 1992, da Tangentopoli, che il Msi iniziò a maturare la svolta da partito protestatario a partito di governo, come fu fatto poi nel 1995 con la svolta di Fiuggi. Non a caso, Pinuccio fece una rivista dal nome “Centrodestra”. E anche Pier Ferdinando Casini aveva già fatto un importante lavoro per riorganizzare il centro.

Ma Berlusconi ora cosa dovrebbe fare secondo lei?

Io credo che tutte le stagioni umane e politiche abbiano un inizio e una fine. E a un certo punto viene il momento di appendere le scarpe al chiodo.

E però qui di nuovi “Pinuccio” o “Silvio” non si vedono all’orizzonte. O lei qualche federatore lo intravede già?

Io non vedo purtroppo ancora nessun Pinuccio. Ma penso che ora tutti i soggetti della diaspora debbano riprendere a ragionare e abbiano l’umiltà di capire che da soli e divisi non si va da nessuna parte. Quanto al nuovo leader, quello viene da un gioco di squadra in cui si sta tutti insieme in nome di una visione politica. Se lei pensa che quando Gianfranco Fini diventò segretario del Msi era solo un giovane che si presentava bene e con una bella parlantina…

Paola Sacchi

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