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Venezuela, storia di uno studente diventato prigioniero politico

Marco Coello è un venezuelano di 24 anni che ha richiesto il riconoscimento dello status di rifugiato politico negli Stati Uniti. Lui non aveva nessuna intenzione di emigrare a Miami. Era felice a Caracas, dove abitava con i genitori e aveva molti amici. Frequentava la facoltà di Diritto e non aveva nessuna intenzione di andare via da lì.

Proprio perché ci teneva al Paese dove abitava, e voleva condizioni migliori di vita, il 12 febbraio del 2014 ha partecipato a una manifestazione organizzata da alcuni studenti universitari e dai partiti dell’opposizione Voluntad Popular e Alianza Bravo Pueblo. L’invito agli studenti era stato diffuso dal sindaco di Caracas, Antonio Ledezma (qui il ritratto di Formiche.net): “Il prossimo 12 febbraio tutti dobbiamo protestare per il Venezuela. Tutti uniti, lavoratori, studenti, professionisti, famiglie […] possiamo dimostrare che abbiamo lo stesso sogno e che possiamo farlo avverare […] Se non lo facciamo, saremo responsabili della perdita della nostra democrazia e del suo bene più pregiato: la libertà”. Alla manifestazione era presente anche il leader dell’opposizione, Leopoldo López (qui il ritratto di Formiche.net).

Tutti chiedevano una via d’uscita dalla crisi economica e una soluzione alla criminalità. I manifestanti volevano esercitare il diritto di protesta contro il governo di Nicolás Maduro. Quel giorno, però, la vita di Marco Coello è cambiata per sempre.

Il giovane studente è stato arrestato per reati di incendio, danni materiali e istigazione a delinquere. Aveva 19 anni ed è rimasto in cella 165 giorni, con l’accusa di terrorismo, insieme ad altri cinque studenti Luis Felipe Boada, Nelson Gil Palma, Ángel González, Demian Martín e Christian Holdack.

Era previsto che Marco Coello si presentasse a un’udienza, in cui probabilmente sarebbe stato condannato a 10 anni di carcere, ma suo padre, Armando Coello, decise di portarlo via. Su di lui non gravava alcun divieto di lasciare il Paese, né era ricercato a livello internazionale. Non si poteva non approfittare della situazione.

I preparativi e la partenza di Marco Coello, da casa all’Aeroporto Internazionale Simón Bolívar di Caracas, sono raccontati, attraverso parole e immagini, dal fotografo Roberto Mata sul sito di informazione indipendente Prodavinci. Quando è scappato era il 3 settembre del 2015 e Marco Coello non sapeva né dove fosse diretto, né quanto sarebbe stato via. “Dove andiamo, papà?’. Non lo so dove. A nasconderci, qualsiasi cosa, ma qui non possiamo restare”, si legge nel racconto. La madre, Dorys Morillo de Coello, dormiva. Hanno preferito non svegliarla, così non ha potuto salutare il figlio.

Dopo quella protesta, Leopoldo López si è consegnato alla polizia il 18 febbraio del 2014. È stato condannato a 13 anni, 9 mesi, 7 giorni e 12 ore di carcere per “incitazione alla violenza attraverso messaggi subliminali”. Il sindaco, Antonio Ledezma, è agli arresti domiciliari da 18 mesi e rischia 16 anni di carcere per “alto tradimento alla patria”. Da otto mesi Marco Coello è richiedente asilo politico a Miami. Durnate un’intervista con un addetto all’immigrazione, Marco dovrà dare prova di esser stato perseguitato per la razza, la religione, la cittadinanza, l’appartenenza a un determinato gruppo sociale e l’opinione politica. Non tornerà in Venezuela, perché nel Paese in cui voleva vivere e dove studiava per potere servire la società, Marco Coello è accusato di terrorismo. In Venezuela oggi si contano 83 prigionieri politici, quasi tutti ex studenti universitari.

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