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Cosa succede davvero fra Italia, Germania e Francia su difesa, industria e sicurezza

Di Michele Arnese ed Emanuele Rossi

Lunedì 5 settembre s’è svolto a Parigi un incontro al quale hanno partecipato i ministri della Difesa di Italia, Francia e Germania (rispettivamente Roberta Pinotti, Jean Yves le Drian e Ursula Vor der Leyen). Quello che è emerso dal trilaterale è una linea politica che potrebbe segnare il futuro dell’Europa: una dimensione comune su Difesa e Sicurezza.

IL RILANCIO ITALIANO

Il rilancio dell’idea arriva proprio dal ministro italiano, che prevede una strategia su due piani di intervento. Il primo, “più ambizioso perché necessita di una forte e coesa spinta politica”, si legge in un comunicato della Difesa italiana, è incentrato sulla realizzazione di una “unione per la difesa europea”, una vera e propria struttura di Difesa comune che richiede l’approvazione di tutti gli Stati membri. Il secondo prevede invece di agire all’interno dei trattati esistenti, con la possibilità di sfruttare fin da subito gli articoli specifici del Trattato di Lisbona (ad esempio le missioni affidate dal Consiglio Ue a un gruppo di Paesi e la possibilità di introdurre una cooperazione strutturata permanente), implementando per esempio lo European Defense Action Plan e l’European Global Strategy on Foreign and Security Policy di fresca approvazione;”Sharing Vision, Stronger Europe” recita lo slogan per una visione condivisa che rafforzerebbe l’Europa, che porta la firma dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza Federica Mogherini.

INTESA SUL PIANO POLITICO

La sensazione – secondo alcuni osservatori – è che in questo momento si possa andare oltre alle dichiarazioni ufficiali. Il dato politico è che sembra ci sia una sorta di comunione di intenti reale sul fatto che per rilanciare il progetto europeo e trovare una chiave di volta utile per riavviare in maniera decisa gli investimenti in Europa sia necessario puntare anche su difesa e sicurezza. C’è la Brexit che ha scombussolato l’orizzonte e minato la stabilità della costruzione dell’Unione europea, c’è la minaccia di attori esterni che giocano nel tentativo di rompere l’Unione stuzzicando gli interessi dei singoli Stati, c’è la minaccia terroristica jihadista che ha colpito il cuore dell’Europa a Bruxelles e Parigi, anche per assenza di comunicazione e collaborazioni tra i vari Paesi. Martedì la CNN ha pubblicato i risultati di un’inchiesta basata su migliaia di pagine di documenti processuali francesi nei quali si parla di un piano più ambizioso e complesso di quello “del Bataclan” per colpire l’Europa. Ad ordirlo la struttura dedicata della Stato islamico che è stata sotto il controllo progettuale di Abu Mohammed al Adnani, il portavoce e capo delle operazioni estere dell’IS ucciso pochi giorni fa.

IL NUCLEO AGGREGATORE

“Solo una dimensione comunitaria può garantire le risorse umane, scientifiche, organizzative ed economiche per gestire la portata delle sfide sul fronte della sicurezza” si legge nel documento che secondo Repubblica il presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi avrebbe già anticipato ai capi di Stato francese e tedesca al vertice di Ventotene di tre settimane fa. Roma insieme a Berlino e Parigi come “nucleo aggregatore”. Il documento è stato poi presentato dal ministro Pinotti al trilaterale di lunedì, e segue di tre settimane l’intervento sul quotidiano francese Monde scritto a quattro mani da Pinotti e dal titolare degli Esteri, Paolo Gentiloni, e di appena due giorni uno speech sulla stessa direzione tenuto dalla Rappresentate Mogherini a Bratislava davanti ai ministri degli Esteri dei 28: ci sarà una “road map” per intensificare i lavori verso un quartier generale operativo e permanente, e poi la condivisione di uomini e mezzi, sfruttando lo spazio politico lasciato dalla Brexit, ha detto Mogherini, ripercorrendo una lettura data a fine agosto al sito specialistico Defense News anche dall’ex capo di stato maggiore della Difesa italiana Vincenzo Camporini, che riprendeva le storiche ritrosie di Londra sul progetto come un freno tolto proprio con il voto del referendum inglese.

UMORI E MALUMORI ITALIANI CON SCENARI SU FINMECCANICA

L’Italia si fa da promotrice di un progetto concreto, a cominciare dalla dimensione economica: gli investimenti su difesa e sicurezza – fanno notare fonti governative – potrebbero essere scorporati dal patto di stabilità per esempio (ambienti diplomatici dicono che sul punto la Germania sarebbe allineata con la proposta di flessibilità italiana, la Francia invece appare più restia per muoversi così in autonomia in questi due settori strategici). Altra strada, non alternativa ma complementare alla prima, potrebbe essere quella di incentivare la collaborazione tra le industrie del comparto con una defiscalizzazione per i programmi europei destinati a produrre mezzi d’avanguardia (ad esempio un drone), “attraverso l’esenzione dall’Iva che oggi invece si paga pure per comprare caccia e sottomarini”, ha scritto Repubblica. Nell’ambito della collaborazione tra industrie secondo alcuni è inevitabile non pensare all’affaire Leonardo/Airbus: il business con i francesi sarebbe una scelta europeista per l’azienda italiana, spostando l’asse dal Regno Unito. Segnali e traiettorie: Londra affiderà il rinnovamento degli Apache direttamente alla Boeing, scavalcando la controllata di Leonardo Agusta Westland, che finora aveva invece prodotto su licenza gli elicotteri inglesi nello stabilimento di Yeovil. È possibile che il progetto di difesa comune europea si porterà dietro anche incroci e nuove alleanze tra i produttori sebbene il piano di Roma preveda progetti comuni a cui parteciperebbero gli Stati. Ma l’Italia è più scettica a forme di collaborazione societaria in questo ambito perché in base ai pesi relativi degli attori il nostro Paese avrebbe un rilievo più basso rispetto a quello di altri Stati in un gruppo frutto di una fusione che coinvolgerebbe Finmeccanica. E’ bene che il colosso italiano resti autonomo, seppure snello, ma con una capacità di manovra ad ampio spettro senza soggiacere a direttive che arriverebbero da altri Stati europei, si ragiona in ambienti governativi.

I REPORT DEGLI ANALISTI

Eppure negli scorsi giorni le congetture non sono state lesinate da analisti e banche d’affari: “Riteniamo che sia uno scenario possibile, anche se le relazioni tra Italia e Francia non sembrano così “calde” al momento”, hanno notato gli analisti di Banca Akros a proposito di una ipotetica fusione tra Finmeccanica/Leonardo e Airbus, sottolineando comunque le problematiche che intercorrono tra i due Paesi interessati: “Dal punto di vista della valutazione, “notiamo che Airbus scambia a 14,4 volte il multiplo prezzo/utile rettificato 2016, mentre Leonardo-Finmeccanica a 10,4 volte”, hanno scritto da Banca Akros ricordandoche la competizione tra Francia e Italia nelle gare internazionali per la Difesa è stata ed è forte, basti pensare al contratto in Qatar” vinto pochi mesi fa da Fincantieri guidata dall’ad, Giuseppe Bono, che ha sconfitto la francese Dcns. Come sottolineato in questo articolo di Formiche.net, l’accordo ha fatto attapirare la Francia, che non ha preso bene l’esclusione del grande conglomerato della difesa navale, il gruppo francese Dncs, accusando di questo François Hollande e il suo ministro della Difesa Yves Le-Drian.

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