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Sia e Pioneer, ecco mosse e mire di Poste Italiane con Unicredit e Cdp

Di Fernando Pineda e Valeria Covato

Come incrementare ricavi e redditività visto che il servizio universale non produce troppi profitti? E come allargare lo spettro delle attività nei pagamenti elettronici e nel risparmio gestito? È a queste domande che sta rispondendo il gruppo Poste Italiane capitanato dall’ad, Francesco Caio, e presieduto da Luisa Todini. L’attivismo dell’azienda spicca ancor di più con la decisione dell’azionista Tesoro di soprassedere sulla terza tranche della privatizzazione di Poste che ha provocato l’entusiasmo dei sindacati.

Ecco a che punto è la privatizzazione, i dettagli sull’ingresso in Sia, l’interesse per Pioneer e qualche grana che Caio dovrà condividere con Todini, presidente di Poste.

PRIVATIZZAZIONE A DATA DA DESTINARSI

La cessione della prima tranche di Poste (29,7%) è partita a ottobre 2015 ed è stata archiviata a maggio, mentre è di pochi mesi fa l’annuncio da parte del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan del collocamento, entro il 2016, di un ulteriore 30% della società. Pochi giorni fa, il contrordine: serve ancora del tempo “L’iter parlamentare relativo al dpcm deve essere concluso, una volta passato alle commissioni parlamentari, il dpcm deve tornare in Cdm”, ha detto negli scorsi giorni il capo della segreteria tecnica del ministero, Fabrizio Pagani. Senza contare le parole del sottosegretario allo Sviluppo Economico, Antonello Giacomelli: “Mi pare che sia prevalsa l’idea che non ci sia una necessità di un’ operazione di questo tipo”, ha commentato Giacomelli ammettendo di non essere mai stato “entusiasta della prima tranche e della seconda per niente”.

IL GIUBILO DEI SINDACATI

Dichiarazioni, entrambe, che hanno risollevato gli animi dei sindacati, mai ben disposti verso altre fette di dimissioni di quote della società: “Speriamo che il Governo vada anche oltre e consideri di passare dalla sospensione alla riflessione sul fatto che non sia il caso di annullare definitivamente questo seconda tranche di privatizzazione del capitale di Poste Italiane”, hanno dichiarato in una nota congiunta il segretario confederale della Cisl, Giovanni Luciano, ed il segretario generale della Slp Cisl, Luca Burgalassi. “Non crediamo – hanno continuato -, che sia solo una questione di situazione negativa attuale dei listini che debba indurre ad un serio ripensamento, pensiamo invece che i connotati dell’operazione non siano vantaggiosi per lo Stato, basti pensare a quanto si è incassato o si possa ancora incassare rispetto al patrimonio e/o ai dividendi che perderà per sempre. Se ciò lo si mette in relazione ai quasi 2300 miliardi di debito pubblico si comprende come il gioco non valga la candela”.

MOTIVI E OBIETTIVI DELL’OPERAZIONE SIA

Per accelerare la crescita di Poste nel settore della digitalizzazione dei pagamenti e delle transazioni, la società ha acquisito una partecipazione in Sia, società leader nel business della monetica, dei pagamenti e dei servizi di rete. L’accordo di trasferimento da FSI Investimenti Spa (Gruppo Cdp) a Poste Italiane di una partecipazione azionaria in Sia Spa, è stato perfezionato giovedì scorso dopo le delibere dei Consigli di Amministrazione di Cassa depositi e prestiti (Cdp) e di Poste Italiane.

Nello specifico l’operazione prevede che Poste Italiane acquisti, con un investimento complessivo pari ad 278 milioni di euro, una quota del 30% di Fsia Investimenti, società che detiene il 49,5% di Sia, posseduta al 100% da Fsi Investimenti, a sua volta controllata da Cdp Equity attraverso una partecipazione del 77%. F2i, il fondo per le infrastrutture partecipato da Cdp, detiene un ulteriore 17,05% di Sia. A seguito dell’operazione, Poste Italiane arriverà a detenere indirettamente una partecipazione pari al 14,85% del capitale di Sia. Fsi Investimenti manterrà invece indirettamente il 34,63% della società.

CAIO E GALLIA SPIEGANO LA MOSSA

Per Fabio Gallia, ad di Cdp, “questo accordo rappresenta un passo concreto per lo sviluppo di una partnership industriale e strategica tra Poste e Cdp”. In ogni caso Cdp mantiene “il ruolo di azionista stabile” di Sia. “L’acquisizione della partecipazione in Sia è coerente con le priorità definite nel nostro piano industriale e accelera la nostra crescita nel settore della digitalizzazione dei pagamenti e delle transazioni”, ha dichiarato Francesco Caio, numero uno di Poste”.

Ha commentato Marcello Zacché del Giornale: “Quello che appare chiaro è piuttosto il giro all’interno delle logiche finanziarie governative: dalle Poste, controllate dal Mef, escono 278 milioni verso un’altra società controllata dallo stesso Mef, la Cdp, a fronte di una quota di minoranza, molto ben valutata. E questo pochi mesi prima di una prossima operazione già annunciata, e cioè il passaggio del 35% del capitale delle stesse Poste proprio alla Cdp (mentre il restante 29 sarà ceduto sul mercato). Completa il quadro il fatto che Poste sia la società che colloca per conto della Cdp buoni e libretti per circa 330 miliardi l’anno”.

COSA CELA (ANCHE) L’INTERESSE PER PIONEER

Dopo l’acquisizione dell’aprile dello scorso anno del 10,3% di Anima Holding (operatore indipendente dell’industria del risparmio gestito) detenuto da Banca Monte dei Paschi di Siena, continua lo sforzo del gruppo presieduto da Todini di evolversi nei servizi finanziari.

Poste Italiane ha presentato ieri un’offerta non vincolante per Pioneer, società con oltre 200 miliardi di asset messa in vendita da Unicredit, a caccia di risorse dopo l’arrivo del nuovo ad, Jean Pierre Mustier: secondo gli analisti di Intermonte, con la cessione di Pioneer Unicredit punta a rafforzare il patrimonio “mirando ad ottenere almeno 3 miliardi di euro che permetterebbero al gruppo guidato da Mustier un aumento del Cet1 ratio di 50/60 punti base equivalente a un rafforzamento patrimoniale di 2-2,4 miliardi di euro”. L’offerta di Poste è stata presentata in cordata con Anima e Cassa depositi e prestiti presieduta da Claudio Costamagna e controllata dal Tesoro. Il termine per le offerte vincolanti è fissato ad ottobre. Secondo indiscrezioni potrebbero aver presentato un’offerta non vincolante anche Generali e alcuni soggetti esteri tra cui Amundi, Natixis, Axa, Allianz e alcuni fondi di private equity.

OPINIONI E GIUDIZI SULLA MOSSA DI POSTE SU PIONEER

A spingere per l’acquisizione – ha scritto negli scorsi giorni il quotidiano Libero – sarebbe di fatto il presidente del Consiglio“Il gioco è nelle mani di Matteo Renzi, che non intende sprecare il suo jolly, ovvero una delle poche carte del Tesoro ricche di cash. E se fino a pochi mesi fa l’obiettivo era di far cassa per rientrare nei parametri fissati dall’Eurogruppo, ora si profila un’ altra, più impellente necessità: aiutare il riequilibrio patrimoniale delle banche italiane, prima fra tutte Unicredit, la più importante sul piano dei rapporti internazionali”, ha scritto Ugo Bertone su Libero Quotidiano. Per Vittoria Puledda di Repubblica, comunque, Pioneer rientra quasi per definizione nel Dna di Poste, molto interessata al risparmio gestito”.

Gli analisti di Equita Sim hanno giudicano interessante l’aggregazione e hanno assegnato ad Anima un ruolo cruciale nell’operazione, evidenziando però due i rischi: “L’operazione verrebbe fatta in una fase di bull market maturo e potrebbe creare qualche tensione con Popolare Milano”, socio con il 14% di Anima e da cui arrivano il 20% degli asset under management.

SERVIZI POSTALI: IL PIANO DELLA SOCIETA’ E I MUGUGNI

Nel frattempo prosegue l’estensione della posta a giorni alterni, recapitata uno sì e uno no. Non senza polemiche. Entro febbraio 2017 la misura coinvolgerà un quarto dei cittadini italiani. Il piano industriale 2015-2019, messo a punto da Caio, è stato approvato dal consiglio di amministrazione del gruppo a dicembre dello scorso anno. Il piano prevede la chiusura di alcuni sportelliun rincaro delle tariffe e una parallela riduzione dei servizi. 
Da mesi si susseguono polemiche e denunce da parte dei cittadini sulle falle del nuovo sistema di consegne a singhiozzo. A spingere il gruppo a ripensare il servizio universale, prevedendo la consegna a giorni alterni per il 25% della popolazione, sono stati il calo della domanda, gli elevati costi fissi legati alla difficoltà geografica per raggiungere fisicamente alcune aree del Paese e i graduali tagli della remunerazione riconosciuta dallo Stato per il servizio universale.

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