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Cina vs Usa. Mauro e Andrea Gilli spiegano perché Pechino è un passo indietro

L’ascesa cinese è stato uno dei temi più discussi durante il recente vertice della Nato a Londra. L’evoluzione del confronto tra le potenze occidentali, in particolare gli Stati Uniti e la Repubblica popolare cinese, è questione di grande rilevanza per gli equilibri globali attuali e futuri. Conoscere le reali capacità – soprattutto nel campo militare e tecnologico – sviluppate dalla Cina e quali distanze, invece, permangano con gli Usa e le altre potenze, Russia e Paesi europei in testa, è cruciale sia per comprendere meglio la complessità del sistema internazionale sia per affrontare il confronto geopolitico e strategico in corso fra Cina e Stati Uniti. Ne abbiamo parlato con Andrea Gilli, ricercatore del Nato Defense College di Roma e Mauro Gilli, ricercatore preso il Center for Security Studies di Zurigo.

A ottobre la Repubblica Popolare Cinese ha festeggiato 70 anni dalla sua fondazione, nel 1949, con una grande parata militare. Sul piano militare la Cina vanta uno degli eserciti più numerosi al mondo, ha aumentato notevolmente gli investimenti nel settore, sta rafforzando le sue capacità missilistiche, navali, cyber. Qual è il livello e la capacità raggiunta dalla Cina nel settore militare?

Le capacità militari vanno valutate non solo in termini assoluti, ma anche relativi e per aree specifiche. Per esempio, un Paese può avere forze terrestri estremamente avanzate, ma essere invece in ritardo sulla parte aerospaziale. Allo stesso modo, un Paese può sviluppare navi da guerra di primario livello, ma pur sempre inferiori a quelle avversarie. C’è poi una terza considerazione aggiuntiva: le capacità militari non significano solo armamenti. Un carro armato senza combustibile, truppe che lo adoperano, mezzi di ricognizione che identificano minacce, è di poca utilità. Fatte queste premesse, sulla Cina possiamo fare tre affermazioni.

Continui.

Le sue capacità militari sono cresciute enormemente, anche grazie alla sua spesa militare cresciuta, stando ai dati ufficiali (quindi probabilmente tenuti al ribasso) del 3000% tra il 1991 e il 2016. Il divario relativo con gli altri Paesi, soprattutto con gli Stati Uniti, è stato ridotto ma non annullato. Le più avanzate tecnologie militari cinesi sono infatti almeno una generazione indietro a quelle americane. Infine, alle forze armate cinesi manca esperienza pratica, ovvero la prova del fuoco. Non sappiamo dunque come opererebbero sul campo. Per fare un esempio, nel 1991 l’Iraq di Saddam Hussein aveva uno dei più grandi eserciti al mondo. Venne sconfitto in una delle più devastanti vittorie militari della storia. Ciò solo per dire quanto gli indici numerici possano essere poco indicativi, in un senso o in un altro.

Come si colloca a livello militare nel confronto con potenze globali come Usa e Russia?

Dipende dal contesto. Su alcuni ambiti tecnologici, quali per esempio aerei da combattimento, la Cina è ancora indietro anche rispetto alla Russia, tanto che deve copiarne e importarne la tecnologia. In altri ambiti, quali cyber, spazio o nuove tecnologie — dall’intelligenza artificiale al 5G — la Cina è più avanti. Rispetto agli Stati Uniti è probabilmente più in dietro in quasi tutti i campi, salvo quelli nei quali, per varie ragioni, magari gli Stati Uniti, hanno smesso di investire mentre la Cina ha puntato molto, anche perché emergenti. La Cina è però oramai una potenza in grado di operare ampiamente in giro per il mondo, non al livello degli Stati Uniti, ma superiore alla Russia.

Negli ultimi anni gli Usa hanno rivolto sempre di più la propria attenzione alla Cina e all’area indo-pacifica. Oggi la competizione tra Stati Uniti e Cina sembra essersi notevolmente accresciuta, soprattutto sul piano economico e tecnologico. Sulla base anche dei vostri recenti studi, quali sono i settori ad alta tecnologia nel quale la Cina ha fatto più passi in avanti e quali sono invece le differenze e le distanze esistenti, sempre sul piano tecnologico, tra Usa e Cina?

È una domanda complessa a cui non si può rispondere facilmente, anche per via di assenza di misure chiare. Per esempio, nel campo dell’intelligenza artificiale, molti sono preoccupati dalla crescita cinese. Se però guardiamo gli studi accademici più citati, vediamo come la Cina rimanga indietro — nonostante sia pur sempre in crescita. Allo stesso modo, siamo in un’era in cui big data stanno esplodendo. Con il miglioramento degli algoritmi, però, in futuro l’accesso a grandi dataset potrebbe diminuire d’importanza. Dunque il fatto che la Cina sia avanti in questo campo, o che abbia accesso a un’enormità di dati, è indicativo fino ad un certo punto.

Cioè?

Sappiamo che, dal punto di vista delle tecnologie militari più avanzate — caccia di quinta generazione, sottomarini a propulsione nucleare e simili — la Cina non ha ancora raggiunto gli Stati Uniti. In altri campi, quali il 5G, la Cina è avanti anche per colpe americane: le frequenza del 5G negli Usa sono di esclusiva militare e dunque, le aziende private non vi potevano investire facilmente. La verità, è che il passato, il presente e il futuro, saranno determinati dal fattore umano. Può sembrare un paradosso, ma pensiamo a due ragazzi che giocano alla Playstation. Il software è lo stesso. Vince quello con maggiori capacità. Lo stesso vale nel campo della competizione, più aumenta il ruolo della tecnologia, più aumenta l’importanza del fattore umano. E gli Usa, per il momento, sono ancora avanti — così come l’Europa.

Da studiosi di politica internazionale, come immaginate potrà definirsi, nei prossimi anni, il sistema internazionale in ragione dell’ascesa cinese e che ruolo potrà giocare la Cina livello globale?

I nostri colleghi sono appassionati di dibattiti sull’unipolarismo, il multipolarismo, l’egemonia americana in ascesa o in discesa. Sono dibattiti che ci appassionano relativamente poco in ragione di quanto dicevamo all’inizio. Le capacità militari vanno valutate su più dimensioni, dunque concettualizzazioni unidimensionali sono poco utili, per quanto intriganti.

E invece la Russia, che ruolo potrà giocare nel confronto con il mondo occidentale e nel rapporto con la Cina?

La Russia è una potenza in declino: economico, tecnologico, militare. Molto dipenderà dalla permanenza di Putin al potere. Per il resto, la Russia rappresenta una minaccia localizzata a specifiche regioni ma che è destinata ad essere sempre più in difficoltà negli anni a venire — a meno di maggiori riforme che però non sono ben viste dal circolo intorno al Cremlino.

In ragione della crescente competizione tra Stati Uniti e Cina, ma anche osservando come si stanno posizionando altre potenze globali e regionali, quali potranno essere le regioni geografiche e le questioni strategiche su cui si potrebbero concentrare la competizione e il confronto nei prossimi anni? 

Geograficamente, la competizione vera sarà laddove si apriranno delle opportunità di influenza o di potere. Se l’Europa dovesse spaccarsi, per esempio, è chiaro che ciò risveglierà l’appetito di potenze esterne. Per fortuna non sembra ciò possa avvenire a breve. Per il resto, il Pacifico Occidentale, il Mar Nero, i Baltici e l’Africa sono di sicuro regioni ad alto potenziale geopolitico. Per quanto riguarda le questioni strategiche, di sicuro le infrastrutture dei dati saranno sempre più importanti, così come le questioni climatiche anche perché accordi sul riscaldamento globale hanno importanti ripercussioni industriali. Un’altra area in cui ci sarà di sicuro competizione riguarda la regolazione, e l’etica, dei dati e degli algoritmi.

Un’ultima domanda sul recente vertice della Nato a Londra. L’Alleanza ha aumentato la sua attenzione verso la Cina e l’area indo-pacifica nel corso degli ultimi anni. Perché?

La Nato è un’alleanza atlantica ma se il mondo diventa a trazione pacifica ciò ha sicuramente delle implicazioni per la natura e la struttura dell’Alleanza. Non vogliamo dire cosa la Nato dovrebbe fare. Ma la crescita demografica, economica, tecnologica e militare della Cina altera gli equilibri mondiali ed è naturale che la più forte all’Alleanza militare della storia guardi alle sue implicazioni. L’espansione cinese in Africa e in Europa, anche per la questione del 5G, ha sicuramente accelerato pensieri che la Nato aveva già da tempo.

L’effetto della competizione e del confronto con Cina e Russia può portare l’Alleanza a svolgere sempre di più un ruolo globale?

Dipenderà da come gli Alleati vedranno l’Alleanza in futuro. Questa è una scelta politica. La Nato però svolge già un ruolo globale. È in Afghanistan dal 2002. Fa capacity-building in Africa e Medio Oriente dove anche intrattiene vari tipi di relazione. Ha come partner il Giappone, la Corea del Sud e l’Australia così come la Colombia. Se pensiamo che le minacce che provengono dalla tecnologia stiano riducendo il ruolo della geografia, è ovvio che un ruolo globale più marcato è d’obbligo.

 

Le opinioni espresse da Andrea Gilli sono da considerare come strettamente personali e non riflettono quelle della Nato o del Nato Defense College

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