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A proposito di Conte e la zona rossa. Parla Annalisa Chirico

Taglia le parole con l’accetta, Annalisa Chirico. La firma di punta del Foglio non fa sconti a nessuno sulla gestione del virus e lo scontro Stato-regioni che proprio oggi vedrà Giuseppe Conte, l’avvocato, al banco degli imputati, di fronte a Maria Cristina Rota, procuratore aggiunto di Bergamo, pronta a torchiarlo sulla mancata zona rossa a Nembro e Alzano. Dal braccio di ferro fra il titolare di Palazzo Chigi e le Regioni, però, escono meglio le seconde, dice la giornalista, presidente di Fino a prova contraria.

Partiamo dalle basi. Costituzione alla mano, a chi toccava issare la zona rossa per Nembro, Alzano e dintorni? La Sanità non è affare delle Regioni?

La profilassi internazionale è competenza esclusiva del governo centrale. Basta consultare la Costituzione: articolo 117, secondo comma, lettera q. Come quaquaraquà.

In che senso?

Cito Sciascia, mettiamola così. La crisi pandemica è un incidente della storia, un flagello che si è abbattuto sull’Italia e sul mondo intero con perdite umane ingenti. I bergamaschi piangono ancora i loro morti innocenti mentre qualcuno tenta di speculare su una tragedia. È ributtante.

Non ho capito con chi ce l’ha.

Con i quaquaraquà, ce ne sono molti in giro. Alla perenne ricerca di una vetrina mediatica, come se fossimo in un Grande Fratello senza fine. È arrivata la procura di Bergamo a fermare l’eccitazione di quanti, da giorni e settimane, portano avanti una ignobile campagna mediatica contro la regione più colpita. Anzi, contro lo spirito lombardo.

Conte dice che non ha voluto bloccare i due comuni nel bergamasco perché ormai era stata decisa la zona rossa per l’intera Lombardia. Poi c’è una nota di Brusaferro…

Sono intercorsi sedici giorni tra la scoperta del focolaio di Nembro e Alzano Lombardo, e l’adozione delle misure restrittive. Il governo, nella persona del premier Conte, deve spiegare i motivi di questo ritardo fatale.

Conte dice: la Lombardia, se credeva, poteva fare da sola..

Giuristi del calibro di Sabino Cassese hanno chiarito la questione: in materia di profilassi internazionale decidono i governi, non i sindaci né i presidenti di regione. Viene citata a sproposito una legge del ’78 che assegna ‘anche’ agli enti territoriali il potere di ordinanza in materia di igiene pubblica. ma, fino a prova contraria, la Costituzione prevale su una legge ordinaria, è la gerarchia delle fonti. Io ricordo piuttosto le accuse di razzismo a quei governatori, Fontana incluso, che già a fine gennaio chiedevano, inascoltati, l’adozione di misure restrittive nei confronti dei cittadini provenienti dalla Cina. Ma all’epoca si preferivano gli aperitivi negazionisti all’insegna del ‘mai fermarsi’.

C’è chi dice che la Lombardia è finita nel mirino. Non è vittimismo?

La Lombardia è la regione dove lo scorso anno 164mila cittadini di altre regioni sono andati a curarsi. La sanità lombarda è un modello in Europa. Ciò detto si poteva fare prima e meglio, nessuno era pronto per affrontare l’onda dei contagi che si sono abbattuti con particolare virulenza su una regione crocevia di incontri e traffici, meta di viaggi internazionali, con un maggiore tasso di assembramenti e un’età media più alta. Il Veneto ha attenuato l’impatto con un minore ricorso all’ospedalizzazione e con i tamponi a tappeto (effettuati, peraltro, per ammissione dello professor Crisanti, quando il governo centrale li limitava soltanto a chi aveva sintomi febbrili).

Bisogna ammettere che lo scaricabarile c’è stato da tutte e due le parti. E poi anche il Pirellone qualche errore l’ha commesso. Anzi, la gestione delle Rsa è un po’ più di un semplice errore…

In tutta Europa la maggior parte delle vittime sono anziani ospiti delle residenze sanitarie assistenziali. Non abbiamo saputo proteggere i più fragili, la nostra generazione ha miseramente fallito.

Chi è uscito meglio dal braccio di ferro governo-regioni?

Le Regioni, senza dubbio. I Fontana, gli Zaia, i Bonaccini: li abbiamo visto battersi come dei leoni contro i ritardi e le contraddizioni di un premier alla perpetua ricerca di una ribalta mediatica.

C’è anche chi, con un po’ di malizia, ha visto nell’election day del 20 settembre che accorpa regionali, referendum, comunali uno sgambetto ai governatori, che questo voto, finita l’emergenza, dovranno sudarselo…

Io direi che il governo sembra preda di un tic incontrollato…rinviare il voto, qualunque voto, sempre e comunque…

Si aprono gli Stati generali, Conte scrive l’agenda, fuori dal Parlamento. Ma si risolve la crisi con una kermesse di dieci giorni?

Se l’Italia non presenta progetti dettagliati e credibili in Europa, non vedrà un becco di un quattrino. Servono piani e riforme vere, altrimenti la Commissione congela le risorse e poi le cancella definitivamente. L’attuale premier mostra una sostanziale indifferenza per le prerogative del Parlamento: governa con i Dpcm, le conferenze stampa e le visite nelle ville romane. A memoria, non ricordo, in tempi recenti, una simile ostentazione di noncuranza per le regole della democrazia parlamentare. Da parte di chi, per paradosso, deve a quelle regole la sua stessa esistenza politica.

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