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Chi è Kim Yo Jong, la sorella di Kim che ora ringhia contro Seul

Alle minacce seguiranno gli atti? Gli esperti che seguono la Corea del Nord sembrano convinti che sì, la retorica aggressiva di Kim Yo Jong sarà seguita da azioni. La terrificante sorella del satrapo nordcoreano Kim Jong Un guida da giorni la narrazione contro Seul, accusato di aver violato gli accordi di non aggressività stretti due anni fa. La Corea del Sud lo avrebbe fatto permettendo di inviare messaggi oltre confine agli esuli del Nord ospitati sul proprio territorio. Palloni aerostatici hanno attraversato il 38esimo parallelo carichi di volantini in cui c’erano scritte critiche contro il regime, dal programma nucleare alle scarse condizioni di vita cui obbligava i cittadini.

Atto ostile, violazione dell’intesa che per volontà del presidente sudcoreano, Moon Jae-in, aveva fatto ripartire il dialogo tra le due Coree. Forse un pretesto. Pyongyang ha finora risposto con la retorica, ma potrebbe fare di più. Possibili azioni di rappresaglia, operazioni di agenti segreti contro gli esuli, fino anche un lancio di un Icbm, un missile balistico intercontinentale. Kim ha smesso di testare questo genere di vettori dopo l’avvio dei colloqui con Donald Trump, ma anche quelli — come il dialogo col Sud — non portano frutti. A cominciare dalla continuazione della presenza militare americana nella penisola. Per il Nord è una problema strategico, per Seul la possibilità di avere sicurezza, difesa e strategia garantite dal più forte degli alleati. Per Washington un nodo fondamentale della presenza nel quadrante orientale. Nei giorni scorsi c’è stata una delle esercitazioni congiunte detestate dal regime. Kim già in passato aveva mostrato i muscoli in certe occasioni.

“Sento che è il momento giusto di rompere con le autorità sudcoreane, intraprendendo presto la prossima azione”, ha detto la sorella del leader del Nord. Far seguito a questa retorica potrebbe essere importante anche perché permette di coltivare potere e narrativa. Quando tre mesi fa Kim era scomparso, e si pensava anche che potesse essere morto, uno dei dubbi degli esperti era: chi continuerà la dinastia? Kim Yo Jong è la più indicata, e certamente la più lanciata: le dichiarazioni contro Seul aprono più o meno ufficialmente la sua stagione pubblica, e lo fanno con un tono rilassante per i gerarchi. “Esercitando il mio potere su autorizzazione del leader — ha detto — ho dato istruzioni al dipartimento che ha in carico le relazioni col nemico di condurre la prossima azione con risolutezza”. Musica per le orecchie dei notabili del regime che temono che una giovane donna (eventualmente la prima alla guida di una repubblica popolare) possa rappresentare una debolezza.

“Presto l’inutile edificio di collegamento (tra le due Coree) potrebbe essere ridotto in macerie”, ringhia la leader, rassicurando dunque chi da sempre vede i cugini del Sud come i più infimi dei nemici — anche su questa s’è costruita la storia che il regime racconta di sé, quella che permette la sopravvivenza narrativa. Come detto, il rafforzamento del suo status all’interno del sistema complesso del regime nordcoreano potrebbe essere la prima ragione a riflesso interno di questo rigurgito esterno.

Kim potrebbe avere seri problemi di salute: dopo la lunga assenza ha centellinato le uscite pubbliche, si dice per non rischiare contagi da Covid, ma forse c’è di più. Tuttavia dietro alla dura presa di posizione della sorella-leader potrebbe esserci anche altro: per esempio molto fumo per alzare la posta, nascondere i problemi interni (i suoi cittadini fanno letteralmente la fame) e chiedere a Seul maggiore aiuto economico.

Altra ipotesi più ampia: la Cina sta cercando di usare la situazione nordcoreana come leva contro Trump. Il presidente americano ha investito capitale politico nelle relazioni con Kim (voleva chiudere un accordo con un grande nemico americano e scolpire il lascito come eredità storica), ma non è riuscito a raggiungere il suo obiettivo anche per le obiezioni degli apparati. Ora, se Pyongyang torna guerresca, la situazione si ribalta a suo sfavore nel momento elettorale. Non è da escludere che Pechino cerchi di  usare queste situazioni a proprio vantaggio nel confronto geopolitico globale con Washington.

 

 

(Foto: Commons Wikipedia, l’incontro tra Kim Yo Jong, Moon Joe-in e il segretario di Stato Mike Pompeo, alle Olimpiadi invernali sudcoreane)

 

 

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