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Spie russe in action (e beccate). Il governo Draghi non chiude gli occhi

Un alto ufficiale della Marina arrestato: stava passando documenti a un funzionario russo. Il ministro Di Maio convoca l’ambasciatore Razov alla Farnesina: espulsi due funzionari coinvolti nella vicenda

Ieri sera un capitano di fregata della Marina italiana e un militare russo in servizio presso l’ambasciata di Roma sono stati sorpresi in flagranza di reato e fermati per spionaggio. L’accusa: l’ufficiale italiano stava consegnando documenti in cambio di denaro. Il capitano di fregata, arrestato, sarebbe stato in servizio presso lo Stato Maggiore della Difesa, il quartier generale della nostra Difesa, da cui avrebbe avuto accesso a materiale relativo all’Italia ma anche alla Nato. Si sta valutando, invece, la posizione giuridica del militare russo alla luce del suo status diplomatico.

A rivelarlo è Repubblica, che parla “episodio gravissimo” che “mostra come anche il nostro Paese sia coinvolto nella nuova strategia offensiva russa. Oltre alle attività di influenza denunciate negli ultimi anni, come le campagne di disinformazione lanciate su profili social anonimi e le notizie diffuse da organi vicini al Cremlino per delegittimare il governo italiano, adesso c’è l’accusa di un’iniziativa apertamente ostile, come lo spionaggio”.

L’UFFICIALE

Si chiama Walter Biot l’ufficiale della Marina arrestato per spionaggio. Lo apprende l’Ansa da fonti inquirenti. Il capitano di fregata Biot, sempre secondo quanto si è appreso, è in servizio all’ufficio Politica Militare dello Stato maggiore della Difesa.

LO SCAMBIO

Il militare russo avrebbe dato al capitano di fregata 5.000 euro in cambio di documenti militari classificati che riguarderebbero i sistemi di telecomunicazione militare. Il denaro è stato sequestrato al momento dello scambio dopo l’intervento del Ros. In base a quanto si apprende i due si erano accordati anche su una cifra più bassa, circa 4.000 euro, per la cessione di documenti avvenuta in passato. Nei confronti del militare italiano, attualmente detenuto, l’accusa è di procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato, spionaggio politico e militare, diffusione di notizie di cui è vietata la divulgazione.

IL RECLUTAMENTO

Sempre Repubblica spiega che “le motivazioni del tradimento sarebbero di natura economica: avrebbe accettato di cedere informazioni classificate in cambio di denaro, probabilmente per fronteggiare gravi problemi familiari”. Sembra dunque un caso classico di spionaggio, in cui il reclutamento avviene sfruttando le debolezze personali dell’obiettivo: è la lettera “m” dell’acronimo dello spionaggio Mice (money cioè denaro, ideologia, coercizione, ego).

LA REAZIONE ITALIANA

In relazione a quanto riportato dagli organi di stampa circa l’operazione condotta ieri dai carabinieri del Ros, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Roma, la Farnesina ha comunicato che il segretario generale del ministero degli Affari esteri, Elisabetta Belloni, ha convocato al ministero questa mattina – su istruzioni del ministro Luigi Di Maio – l’ambasciatore russo Sergey Razov. Il ministro Di Maio ha annunciato di aver trasmesso al diplomatico “la ferma protesta del governo italiano e notificato l’immediata espulsione dei due funzionari russi coinvolti in questa gravissima vicenda. Ringrazio la nostra intelligence e tutti gli apparati dello Stato che ogni giorno lavorano per la sicurezza del nostro Paese”, ha aggiunto in una nota. In audizione al Senato, il capo della Farnesina ha parlato di “atto ostile”.

ATTESA PER LE MOSSE RUSSE

“Confermiamo il fermo il 30 marzo a Roma di un funzionario dell’ufficio dell’addetto militare”, ha comunicato in mattinata l’ambasciata russa a Roma. “Si verificano le circostanze dell’accaduto. Per adesso riteniamo inopportuno commentare i contenuti dell’accaduto. In ogni caso ci auguriamo che quello che è successo non si rifletta sui rapporti bilaterali tra la Russia e l’Italia”. Il ministero degli Esteri russo ha dichiarato quando segue all’Ansa: “Ci dispiace per l’espulsione da Roma di due dipendenti dell’ambasciata russa. Stiamo approfondendo le circostanze di questa decisione. Faremo un ulteriore annuncio sui nostri possibili passi in relazione a questa misura, che non corrisponde al livello delle relazioni bilaterali”.

I PRECEDENTI

Alla fine della Guerra fredda ci fu il caso delle spie del Patto di Varsavia che cercarono di mettere le mani sui documenti della Oto Melara di La Spezia e di un’azienda triestina che collaborava al progetto di un sistema di comunicazioni della Nato. Poi, come spiegava Repubblica, “’Italia era sempre apparsa come la scacchiera dove si sfidavano pedine di altri Paesi, una sorta di porto franco per trame internazionali, dove muoversi confusi tra i turisti e tra l’abbondanza di ambasciate”. Diversi i casi noti: nel 2016 un dirigente dell’intelligence portoghese fu arrestato a Trastevere mentre stava incontrando Sergey Nicolaevich Pozdnyakov, funzionario russo con passaporto diplomatico, per vendergli piani d’azione dell’Alleanza Atlantica. E lo scorso agosto un tenente colonnello francese in servizio nel comando Nato di Napoli è stato arrestato dai servizi di Oltralpe per via della sua collaborazione con la Russia, la cui natura è rimasta top secret.

Pochi mesi fa su Formiche.net sottolineavamo come il data breach condotto dall’interno dello stabilimento di Leonardo di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli, confermase una volta di più il fatto che l’Italia, forse anche più di altri Paesi occidentali, è un terreno ad altissima concentrazione di operazioni di spionaggio in ambito politico-militare, economico, scientifico e industriale.

E non era un caso isolato. Basti pensare all’episodio – sempre a Pomigliano d’Arco – di un cittadino russo, Alexander Korshunov, accusato di spionaggio industriale ai danni della Avio Aero (GE Aviation) e arrestato su mandato statunitense dell’Fbi. Ecco cosa scrivevamo:

La vicenda presentava elementi di forte preoccupazione e nonostante la richiesta del Dipartimento di Giustizia Usa, quest’estate il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha preferito riconsegnare la presunta spia alla Russia di Vladimir Putin. Quella di Pomigliano d’Arco ovviamente non è una coincidenza ma neppure un covo di 007 stranieri. La cittadina del napoletano è un luogo importante dell’industria aeronautica e della difesa. E per questo è chiaramente un target altamente sensibile, al pari peraltro di altri distretti particolarmente significativi (come quello piemontese).

Questo precedente rappresenta una speranza per il militare russo fermato ieri sera. E non è l’unico. Basti pensare che l’arresto di Pozdnyakov aveva causato un braccio di ferro tra Roma e Mosca, che contestava il mandato di cattura portoghese e ribadiva la protezione diplomatica del loro connazionale. Una tesi riconosciuta poi dalla magistratura italiana, che dopo due mesi aveva rilasciato il funzionario russo.

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