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Cari Stati Uniti, è tempo di riaprire le frontiere con l’Italia

Di Fucsia Fitzgerald Nissoli

Lo strumento dei Travel Ban è stato fondamentale nel primo anno di pandemia sia per gli Stati Uniti, sia per l’Unione europea. Limitare gli spostamenti ha permesso di salvare decine di migliaia di vite. Ora, però, ci troviamo in una fase di ripartenza e le norme vanno modificate. L’intervento di Fucsia Fitzgerald Nissoli, deputata eletta nella Circoscrizione Estero – Nord e Centro America

Dal 16 Maggio scorso il nostro Paese ha aggiornato la propria normativa relativa agli spostamenti in entrata e ha permesso a tutti i cittadini americani di viaggiare in Italia, per turismo o per lavoro, senza l’obbligo di rispettare la sorveglianza sanitaria e l’isolamento fiduciario, nel caso in cui il viaggio avvenga a bordo di voli Covid-tested. È stato il primo Paese della zona UE a farlo. Una scelta coraggiosa e un passo che considero molto giusto da parte del governo Draghi, a conferma del forte nodo di amicizia che lega i due Paesi, Italia e Stati Uniti, sulle due sponde opposte dell’Oceano Atlantico.

Fino ad ora, però, l’amministrazione Biden non ha mostrato purtroppo la stessa reciprocità nei confronti dei Paesi dell’Unione Europea, di cui l’Italia fa parte, e questo sta costringendo centinaia di italiani residenti all’estero a vivere situazioni di estrema difficoltà. Se infatti i turisti americani possono visitare Roma, Milano o la costiera Amalfitana per piacere, moltissimi lavoratori italiani possessori di regolare visto USA non possono tornare nelle loro case negli Stati Uniti, Paese dove hanno costruito la loro vita, in cui pagano le tasse e dove investono, spesso costretti in Italia a causa del Travel Ban ancora in vigore dal 13 Marzo del 2020, tra gli USA e i Paesi dell’area Schengen.

In queste settimane ho ricevuto continue segnalazioni a riguardo e ho preso questa tematica a cuore. Tantissimi italiani che vivono, lavorano, investono negli Stati Uniti hanno chiesto il mio aiuto condividendomi le loro storie. Come parlamentare all’estero che rappresenta la circoscrizione Nord e Centro America ho scritto una lettera, firmata anche dal Presidente Antonio Tajani, Coordinatore nazionale di Forza Italia e Vicepresidente del Partito Popolare europeo, e dal Vice Presidente della Camera dei Deputati, Andrea Mandelli alla Speaker della Camera degli Stati Uniti, Nancy Pelosi.

Nella lettera ho spiegato le difficoltà di numerosi investitori e imprenditori italiani regolari possessori di visto E2. Molti di loro non possono tornare in Italia dagli Stati Uniti, anche se motivati da urgenti problemi familiari o urgenti necessità lavorative, perché altrimenti rischierebbero di rimanere bloccati nel nostro Paese e impossibilitati a tornare negli USA. Alcuni di loro hanno dovuto intraprendere ugualmente il viaggio in Italia, impossibilitati a fare altrimenti da circostanze personali e professionali.

Il programma che regola i cosiddetti NIE – National Interest Exemption –, che permette alle ambasciate e ai consolati americani di concedere eccezioni al Travel Ban, va però a rilento. Troppo spesso le richieste di NIE, anche se fortemente motivate, vengono respinte. Nei casi migliori vengono approvate ma dopo settimane di stallo e rinvii. Una situazione che sta danneggiando le aziende nostrane che investono negli Stati Uniti portando diversità, ricchezza, fondi e lavoro.

Anche perché questa problematica non riguarda, purtroppo, una sola categoria di visto. È un problema diffuso. Tra le diverse segnalazioni che ho ricevuto, ho letto le storie di decine di italiani residenti negli Stati Uniti costretti in Italia a causa del Travel Ban e impossibilitati a ottenere un’eccezione a causa delle rigidità del programma NIE. Stiamo parlando di talenti straordinari, produttori e registi, scrittori e attori, informatici e tecnici, scienziati e ricercatori, possessori di visti O-1 e H1-B, premiati in questi anni dal sistema migratorio statunitense che ne ha riconosciuto le qualità e il valore aggiunto che possono portare negli Stati Uniti. Questi talenti straordinari italiani, che vivono negli USA da anni, anche quest’anno hanno compilato il loro Tax Return, come ogni anno.

In questi mesi hanno persino percepito lo stimulus check da 1,400 dollari promosso dall’amministrazione Biden. Nonostante questo, molti di loro sono ancora bloccati in Italia, costretti a rimanere separati dalle loro mansioni lavorative e dai loro progetti prima ancora che dalle loro famiglie e dai loro affetti a stelle e strisce. Molti di questi italiani, per altro, hanno già visto le loro pratiche di rinnovo di visto approvate dallo U.S. Citizenship and Immigration Services (USCIS), l’agenzia federale statunitense che regola l’immigrazione.

L’ambasciata e i consolati USA in Italia, però, sono impossibilitati a stampare quei visti la cui pratica è già stata approvata a causa del Travel Ban ancora in corso. Ritengo questa situazione da risolvere. In queste settimane ho scritto al Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, riportandogli le istanze di questi italiani, spesso giovani professionisti che hanno investito decine di migliaia di dollari negli Stati Uniti per esportare le eccellenze nostrane all’estero.

La soluzione è in realtà meno complicata di quanto sembra. Gli Stati Uniti infatti potrebbero facilmente inserire all’interno del programma NIE tutte le categorie di visto, compresi i citati E-2, O-1 e H1-B, semplificandone l’accesso e automatizzando le pratiche. Si tratta di persone che negli Stati Uniti vivono, lavorano e pagano le tasse e che fanno parte del ricco ecosistema che rende così diversa e speciale l’America che tutti noi amiamo. In questo momento queste persone, che hanno sempre rispettato le regole del sistema migratorio statunitense, sono costrette in Italia anche se in Italia non vivono più. E sono spettatori, ogni giorno, di migliaia di turisti che riescono invece ad avere accesso negli Stati Uniti nonostante vivano in Paesi molto più colpiti dalla pandemia del nostro Paese e dell’area Schengen.

Lo strumento dei Travel Ban è stato fondamentale nel primo anno di pandemia sia per gli Stati Uniti, sia per l’Unione Europea. Limitare gli spostamenti ha permesso di salvare decine di migliaia di vite e di salvaguardare la salute dei cittadini americani ed europei dai pericoli dalla pandemia. Ora, però, ci troviamo in una fase nuova di ripartenza e le norme vanno modificate. Come evidenziato dal Gruppo Esponenti Italiani (GEI), in una lettera aperta al Presidente degli Stati Uniti Joe Biden, 34 milioni di Italiani hanno ricevuto almeno una dose di vaccino, 12 di questi hanno già completato l’iter vaccinale.

Negli Stati Uniti, il 63% degli americani sopra i 18 anni ha ricevuto almeno una dose di vaccino, il 52% è completamente vaccinato. Il sistema di test e tracciamento è rodato e collaudato. Ritengo sia giunto il momento, anche per gli USA, di applicare alle frontiere i controlli di sicurezza anti-Covid che l’Italia sta già applicando nei confronti dei cittadini americani in viaggio e di permettere a questi lavoratori italiani residente in America di tornare nelle loro case e dalle loro famiglie.

La storia d’amore tra Italia e Stati Uniti ha un passato ricco di valori e di risorse e un presente vivo, reso sempre più prezioso dallo scambio culturale, economico e sociale promosso dai due Paesi. Rispettare i diritti faticosamente guadagnati dagli italiani all’estero, rispettosi delle regole e del sistema migratorio statunitense e pronti a continuare a investire il loro futuro nel Paese, è un passo necessario e fondamentale per iniziare a costruire il nostro domani insieme.

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