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Ufficiale, l’Italia guiderà la Nato in Iraq. Ora inizia la (vera) missione

La Nato ha ufficialmente assegnato all’Italia il prossimo comando della missione in Iraq. Il nostro Paese ha voluto e ottenuto l’incarico visti interessi strategici rilevanti, di sicurezza ed economici. Per il 2021 si prevede un dispiegamento massimo di oltre 1.100 unità nel territorio iracheno. E dalla fine del 2021 non ci saranno più militari americani in funzione combat…

È ufficiale: sarà l’Italia a guidare il rafforzato impegno della Nato in Iraq dalla prossima primavera. Come anticipato due giorni fa da Formiche.net, l’Alleanza Atlantica ha inviato formale notifica alla rappresentanza permanente del nostro Paese, guidata dall’ambasciatore Francesco Talò. Ad accogliere con “soddisfazione” l’assegnazione ufficiale del comando è stato Lorenzo Guerini, che ha seguito il dossier e promosso la candidatura italiana nei molteplici tavoli con alleati e partner, a partire dalle autorità di Baghdad. Dopo quattro viaggi nel Paese in poco più di un anno, l’ultimo contatto solo poche settimane fa, nell’incontro a Roma con il collega Jumaah Enad nell’ambito della visita della delegazione governativa guidata dal premier Mustafa Al- Kadhimi, intrattenutosi con Mario Draghi.

“Le istituzioni italiane sono al fianco dell’Iraq e ne sostengono la stabilità”, ha detto Guerini in quell’occasione. È proprio questo ad aver spinto l’Italia a candidarsi per la “Nato mission in Iraq”, o “Nmi”, attiva dal 2018, che l’Alleanza Atlantica ha scelto di potenziare già a febbraio 2020, seguendo la richiesta di Baghdad. Trattasi di “missione di consulenza, addestramento e sviluppo delle capacità non di combattimento, condotta nel pieno rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Iraq”. L’Italia la guiderà dal prossimo maggio, quando si chiuderà mandato affidato alla Danimarca (con il tenente generale Michael Lollesgaard).

La decisione di potenziare l’impegno della Nato in Iraq è avvenuta sulla scia delle difficoltà registrate dagli Stati Uniti nel Paese, tra gli attacchi alle basi americane e le rimostranze della stessa politica irachena (con influenze di Teheran) dopo l’uccisione a Baghdad del leader iraniano Qassem Soleimani, a gennaio dello scorso anno. In parallelo si è evoluta l’esigenza sul campo, vista l’attenuazione della minaccia frontale dell’Isis (sconfitto sul campo), che ha orientato l’Iraq alla ricerca di sostegno maggiore su elementi di consolidamento e prevenzione: training, intelligence e consulenza. Non è un caso che il potenziamento della missione Nato stia avvenendo attraverso un progressivo trasferimento di competenze dalla Coalizione globale anti-Daesh, nata con lo specifico obiettivo di combattere e sconfiggere l’Isis. Lunedì, alla Casa Bianca, Joe Biden e Mustafa Al- Kadhimi hanno messo la firma sul nuovo “rapporto strategico” tra i due Paesi, certificando il ritiro completo delle forze americane dall’Iraq entro la fine dell’anno. Resteranno però le unità addette alle competenze di cui sopra, a conferma di una revisione dell’impegno Usa prevista e concordata con alleati, partner e autorità locali.

L’Italia ha scelto di aumentare il proprio impegno in Iraq. Lo ha fatto rispondendo alle richieste di Baghdad, alla domanda degli Stati Uniti (che chiedono da tempo agli alleati maggiori assunzioni di responsabilità in Medio Oriente) e ai propri interessi nazionali. Come notavamo solo pochi giorni fa, alla lotta al terrorismo si aggiungono interessi di natura strategica ed economica. Secondo i dati dell’Unione energie per la mobilità (Unem), nel 2020 l’Iraq è stato il secondo fornitore di greggio al nostro Paese (preceduto solo dall’Azerbaijan), coprendo oltre il 17% della domanda nazionale. Nel 2019 era al primo posto, con una quota del 20%, mentre nei primi quattro mesi del 2021 si colloca al quarto posto, dopo Azerbaijan, Libia e Arabia Saudita.

Nel 2020 il nostro Parlamento ha autorizzato un dispiegamento di 1.100 unità per l’operazione Prima Parthica, all’interno della Coalizione anti-Daesh, e di 46 unità per la Nato training mission. Con il progressivo potenziamento della missione dell’Alleanza anche il contributo italiano ai due impegni è destinato a mutare. Il Consiglio dei ministri ha approvato a metà giugno la delibera sulle missioni internazionali, ora al vaglio del Parlamento. Vi si può apprezzare il parziale spostamento di assetti dalla Coalizione alla missione Nato, con la prima che vede autorizzato un dispiegamento massimo di 900 unità (200 in meno rispetto al 2020) e la seconda che sale a circa 280 unità (oltre 200 in più rispetto al 2020).

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