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Bastone e carota. Mediobanca e il nì a Del Vecchio, pensando a Generali

Il board di Piazzetta Cuccia accoglie la proposta di Mr Luxottica di eliminare il requisito dei manager-dirigenti nel consiglio di amministrazione ma al contempo chiude sulle minoranze in lista, rilanciando con una proposta alternativa. Un messaggio che arriva fino a Trieste…

Marcare il territorio, per far capire a Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone che chi muove le pedine dentro Generali è, ancora, Mediobanca. La partita per l’egemonia nel Leone è solo all’inizio, e si attende la lista dei soci pattisti Del Vecchio-Caltagirone-Crt (con Benetton spettatori) che intende sfidare quella che sarà presentata dal cda Generali con in cima l’attuale ceo Philippe Donnet. Ma intanto, dal board di Piazzetta Cuccia, di cui Del Vecchio e Caltagirone sono soci rispettivamente al 19 e 3%, arriva un altro segnale rivelatorio dello scontro in atto.

Tutto è contenuto in due passaggi del comunicato diffuso da Piazzetta Cuccia al termine del board, il quale ha esaminato la richiesta presentata lo scorso 28 settembre da Delfin, la cassaforte del fondatore di Luxottica e titolare di una partecipazione del 18,896% in Mediobanca, di integrare l’ordine del giorno dell’assemblea del 28 ottobre nella parte straordinaria. In particolare, Del Vecchio aveva proposto di “eliminare il requisito statutario secondo cui tre amministratori, nel caso in cui il consiglio abbia più di tredici componenti, devono essere dirigenti del gruppo Mediobanca da almeno tre anni” e “altresì di incrementare il numero degli amministratori di minoranza” con la previsione che “più liste possano concorrere alla nomina di tali amministratori”.

Ebbene, il consiglio “ha valutato il rispetto dei requisiti previsti dalla legge in merito alla richiesta di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea presentata dal socio Delfin. Al riguardo il consiglio di amministrazione ritiene che la richiesta sia legittima, conforme alle previsioni di legge, e ha, pertanto, deciso di darvi esecuzione, integrando l’ordine del giorno”. Bene, via libera a Del Vecchio. Anzi no. Perché c’è un altro passaggio del comunicato che spiega come Mediobanca tenga a ribadire il suo ruolo di indipendenza e, soprattutto, di play maker nella finanza italiana, a cominciare dalle Generali.

Lo stesso board ha rilevato che “il socio Delfin non ha promosso un engagement preventivo con la società ricorrendo direttamente ai soci, in difformità alla prassi ormai consolidata nella interazione tra azionisti e società quotate. Il socio che intende presentare istanze avvii con la società un dialogo costruttivo e temporalmente coerente con le prerogative degli organi sociali e delle Autorità di Vigilanza, ricorrendo direttamente ai soci solo in caso di inerzia o mancato accoglimento”. In altre parole, Mediobanca contesta la proposta del suo socio Del Vecchio di modificare lo statuto per il voto di lista e inserisce all’ordine del giorno dell’assemblea del 28 ottobre una proposta alternativa per rispondere alla richiesta di una maggior rappresentatività aumentando il numero di liste di minoranza. Il board “ritiene che possa non garantire la rappresentanza degli investitori istituzionali ed appare in contraddizione rispetto all’evoluzione degli assetti proprietari”.

Il niet è dunque servito. A dire il vero non è la prima volta che Mediobanca alza la contraerea e neutralizza le incursioni di Del Vecchio. Pochi giorni fa l’istituto guidato da Alberto Nagel ha comunicato di aver sottoscritto “con una primaria controparte di mercato un’operazione di prestito titoli avente ad oggetto 70 milioni di azioni Assicurazioni Generali, pari al 4,42% del capitale sociale della compagnia. Operazione che porta i diritti di voto di Piazzetta Cuccia nel Leone al 17,22%, ed effettuata all’indomani dell’ultimo mini-acquisto di Del Vecchio che aveva comperato uno 0,1% portandosi così al 5,1% e rafforzando l’accordo di consultazione che con l’1,23% di Crt e il 6,2% di Caltagirone ha raggiunto il 12,53%, a un passo da Mediobanca. Prima del blitz.

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