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Un atomo ancora. Il punto del Copasir tra sicurezza energetica ed evoluzione

Il rapporto su sicurezza e transizione del Copasir tocca l’oggi e il domani della tecnologia nucleare, stimolando gli investimenti nella ricerca e non chiudendo alla possibilità di un ricorso a soluzioni ancora in fase di sviluppo. Sulla linea Cingolani: un occhio sulla realtà e l’altro sulle prospettive future

Con l’ultima relazione sulla sicurezza energetica il Copasir ha tirato le somme delle proprie indagini conoscitive e audizioni dei principali decision-maker istituzionali. Il Comitato ha poi proceduto a tratteggiare il panorama energetico italiano ed europeo, profilandone le tendenze e i rischi principali. Che non mancano: alla sfida della transizione energetica si aggiungono le oscillazioni di prezzo, oggi riflesse nelle bollette, e le pressioni geopolitiche che Stati terzi possono esercitare facendo leva sul dossier energetico.

L’indipendenza energetica, dunque, torna al centro del dibattito. Lo stesso rapporto invita il Paese a “realizzare un piano nazionale di sicurezza nazionale” in grado di “indirizzare le scelte strategiche che il Paese dovrà compiere in questo settore nel lungo periodo”. E nella rassegna settoriale delle fonti energetiche il comitato di controllo degli 007 tocca anche il tema del nucleare, oggi caldissimo per via della tassonomia europea.

Pur consci del retaggio dei due referendum (1987 e 2011) con cui l’Italia ha rigettato il nucleare come fonte energetica, gli autori sanno di non poter ignorare la tecnologia e il suo significato per il sistema-Paese. A partire dalla ricerca italiana, mai fermatasi e forte di “importanti presidi sia nel campo scientifico sia in quello industriale” – fermo restando che qualunque applicazione industriale “resta legata a valutazioni di ordine politico”.

Tuttavia la politica del futuro potrebbe avere a che fare con un nucleare totalmente diverso da quello tradizionale. Considerati i rischi per la sicurezza energetica e la necessità di affiancare fonti energetiche stabili alle rinnovabili, specie in fase di transizione e in assenza di strutture di accumulo adeguate (leggi: la nostra situazione attuale), l’evoluzione del nucleare potrebbe indurre un ripensamento. Motivo per cui il Copasir sembra aver adottato la visione del ministro per la transizione ecologica, Roberto Cingolani, che invita a studiare ogni soluzione senza paraocchi ideologici.

Si parte da quella (quasi) esistente. “L’energia nucleare da fissione è rientrata nel dibattito politico, industriale e commerciale con il cosiddetto nucleare di quarta generazione” quale fonte di transizione, spiega il rapporto, con riferimento particolare ai piccoli reattori modulari (Smr) che “producono poche scorie radioattive ad alto decadimento in quanto i prodotti di risulta diventano nuovo combustibile”. Rimane il problema della gestione e lo smaltimento delle scorie, anche se “in misura ridotta rispetto alle centrali nucleari tradizionali”.

Si tratta della tecnologia più in voga del momento, dato che i maggiori Stati produttori li stanno studiando e costruendo. Tra cui la Francia, che “ha annunciato di voler continuare a utilizzare il nucleare anche dopo il 2050” e “potrebbe diventare il fornitore di riferimento per Italia e Germania la quale, invece, ha deciso di chiudere entro il 2023 le proprie centrali”, scrivono gli esponenti del Copasir.

Il rapporto dedica anche una sezione alla fusione nucleare, che “come emerso in alcune delle audizioni svolte ha registrato notevoli progressi grazie anche all’avanzare delle tecnologie e dei sistemi che ne renderebbero possibile la realizzazione su scala industriale.” Buoni motivi per tenere l’evoluzione sott’occhio: “emissioni pulite, assenza di scorie radioattive, controllo esterno della reazione”.

Gli autori aggiungono che il nostro Paese è “all’avanguardia sia nella ricerca che in molti degli ambiti produttivi collegati”, cosa che “presenterebbe delle ricadute positive sul sistema industriale nazionale.” Lo sfruttamento industriale rimane relegato a un “orizzonte di medio periodo”, cosa che comunque non sta dissuadendo il settore privato dallo scommettere che stavolta l’applicazione industriale sia davvero dietro l’angolo.

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