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L’Epifania. Festa della ricerca, anche per i non credenti

Il tema politico di inizio anno è certamente la ricerca di un nuovo inquilino del Quirinale. Ma poi c’è anche la pandemia, anch’essa ricerca, ma sofferta, per uscire dal lungo tunnel. Il 6 gennaio è la festa dove ogni uomo e donna che affronta la sua esistenza con dignità e impegno è sempre in ricerca; non importa da quale cultura, filosofia, sensibilità o fede religiosa provenga

Il tema politico di inizio anno è certamente la ricerca di un uomo o di una donna, nuova/o inquilina/o del Quirinale. Ricerca scontata o affannosa, al buio o con qualche faro, vera o falsa, nobile o scadente… pur sempre ricerca. E poi la pandemia: anch’essa ricerca, ma sofferta, per uscire dal lungo tunnel. Una ricerca continua, anche personale, intima. Intanto il 6 gennaio è la “festa della ricerca”. Se siamo capaci di superare le stucchevoli riduzioni a “festa della Befana” (diseducative anche per i bimbi) forse potremmo ridare a questa festa la sua dignità. È la “festa della ricerca”, in cui nessuno è escluso: ogni uomo e donna che affronta la sua esistenza con dignità e impegno è sempre in ricerca; non importa da quale cultura, filosofia, sensibilità o fede religiosa provenga.

“Quando qualcuno cerca – rispose Siddharta a Govinda – allora accade facilmente che il suo occhio perda la capacità di vedere ogni altra cosa, fuori di quella che cerca, e che egli non riesca a trovar nulla, non possa assorbir nulla, in sé, perché pensa sempre unicamente a ciò che cerca, perché ha uno scopo, perché è posseduto dal suo sogno. Cercare significa: avere uno scopo” (Hermann Hesse).

Sono così i Magi, posseduti da un sogno. Siamo così anche noi, posseduti da sogni. Sempre? Non proprio. Anche i nostri occhi si offuscano, e anche qui: non conta l’essere credenti o meno. Conta, invece, la capacità di essere vigili, di saper leggere gli eventi, di dar loro un senso; non come esercizio retorico o compensativo ma come “sapore” delle nostre giornate e come “balsamo” nelle nostre prove. Non so dirlo meglio se non richiamando ciò che imparo da alcuni amici non credenti, atei o agnostici che siano. Sempre profondamente ammirato dalla loro capacità di ricercare, di non chiudere nessuna porta, e soprattutto di dialogare e confrontarsi sinceramente. Forse ha proprio ragione Ernst Bloch quando scrive: “Solo un ateo può essere buon cristiano, solo un cristiano può essere buon ateo”. Forse perché ricercare vuol dire completarsi in quello che l’altro mi indica. Perché non solo io ho sogni, ma li ha anche chi condivide un pezzo di strada con me.

I Magi furono onesti e pronti a condividere i sogni e non solo. Questo fu la prova maggiore dell’autenticità della loro ricerca. Non è fuori luogo ricordare che diversa ricerca del nuovo o nuova Inquilina del Quirinale non porta a niente e fa male al Paese perché è falsa e giocata al buio. Non è un sogno che fa crescere il Paese, è solo, e ancora, la solita salsa di giochi miopi, se non corrotti, mentre il mondo intero sta affrontando una sfida epocale.

Ma ricercare è anche faticoso: ci sono testi da leggere, cose da imparare, segni da interpretare e tanta strada da fare. Studiare non è un verbo di moda, anzi diminuiscono sempre più docenti e discenti che studiano ancora seriamente. Credere nel Bambino che è a Betlemme è anch’esso faticoso, perché deve sfuggire a tanti surrogati di fede, tradizionalistici o reazionari che siano. Ermanno Olmi l’ha reso stupendamente nel suo film Cammina, cammina. Mentre il poeta Edmond Rostand direbbe:

“Perdettero la Stella un giorno.
Come si fa a perdere la Stella? Per averla troppo a lungo fissata…
I due Re bianchi, ch’erano due sapienti di Caldea, tracciarono al suolo dei cerchi, col bastone.
Si misero a calcolare, si grattarono il mento…
Ma la Stella era svanita come svanisce un’idea, e quegli uomini, la cui
anima aveva sete d’essere guidata, piansero innalzando le tende di cotone.
Ma il povero Re nero, disprezzato dagli altri, si disse: “pensiamo alla
sete che non è la nostra. Bisogna dar da bere, lo stesso, agli animali”.
E mentre sosteneva il suo secchio per l’ansa, nello specchio di cielo
in cui bevevano i cammelli egli vide la Stella d’oro che danzava in silenzio”.

Ricercare è anche fatica da condividere. E condividere è un imperativo pressante. Chi ha fatto il cammino di Santiago (o percorsi simili) sa che mai, soprattutto nella difficoltà e stanchezza, può confidare solo in se stesso. Sarebbe la sua rovina. Si raggiunge la meta, si cerca e si trova perché insieme, nonostante le spinte individualiste e autoreferenziali che ognuno ha in sé.

E, infine, ricercare è liberante. La vita ripetitiva stanca e deprime. Non si tratta di sognare l’impossibile, ma di sfuggire, come scrive Albert Camus, al “grigiore della rassegnazione” e aprirsi, nelle piccole come nelle grandi sfide, “all’entusiasmo della rivolta”. Oppure, come scriverebbe Hesse:  “Cercare significa: avere uno scopo. Ma trovare – ancora Siddharta – significa: essere libero, restare aperto…”.

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