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Occhio alle Bce. Il Tesoro corre ai ripari e fa scudo al debito

Con la chiusura dell’ombrello della Bce e il possibile trasferimento di Draghi al Colle, il debito italiano, oggi al 156% del Pil, finirà inevitabilmente esposto alle turbolenze dei mercati. E potrebbero essere dolori. Per questo il Tesoro prova a puntellare, piazzando titoli sicuri e in grado di fare breccia negli investitori. Operazione a quanto pare riuscita

Correre ai ripari, prima che l’ombrello della Banca centrale europea si chiuda, per molto tempo. Tra qualche mese Francoforte spegnerà definitivamente il motore degli aiuti pandemici alle economie devastate dalla crisi innescata dal coronavirus: niente più acquisti massicci di debito pubblico (circa 80 miliardi al mese) e, soprattutto, la ragionevole prospettiva di un aumento dei tassi, seppur lieve, con conseguente rialzo del costo del denaro. Per l’Italia, terzo debito globale, non è una buona notizia dal momento che l’assenza dell’ombrello della Bce espone il debito alle turbolenze dei mercati in modo molto più netto.

Lo spread Btp/Bund, che in questi giorni è risalito fino a toccare i 140 punti base con rendimenti sul decennale all’1,17%, ha già mandato un primo segnale al governo di Mario Draghi. Che, forse, a questo punto avrebbe un motivo in più per rimanere a Palazzo Chigi: garantire la stabilità dei conti pubblici, assicurandosi una qualche forma di benevolenza dai mercati. Al Tesoro hanno deciso di mettere le mani avanti, emettendo un bond a 30 anni per dare man forte al finanziamento del proprio debito e puntellare uno scudo domestico contro future, possibili, turbolenze.

Come ha scritto Bloomberg, “l’Italia sta cercando di tenere fermi i costi di finanziamento del debito, storicamente bassi all’inizio di un anno ma su cui le pressioni inflazionistiche e le tensioni politiche potrebbero impattare presto, spingendo al rialzo tali costi”. D’altronde, sempre secondo l’agenzia americana, “costi di finanziamento del Paese sono già aumentati di circa 30 punti base nelle ultime due settimane (e la risalita dello spread ne è la prova, ndr) a causa dei timori che la Banca centrale europea possa eliminare gli stimoli dell’era della pandemia e che il primo ministro Mario Draghi possa farsi da parte per andare al Quirinale”.

Di qui la mossa di Via XX Settembre, che ha affidato a Barclays, Bank Ireland, Bnp Paribas, Deutsche Bank, Intesa SanPaolo e Jp Morgan il mandato per il collocamento del Btp a 30 anni, con scadenza al primo settembre 2052. L’operazione sarà effettuata a breve e in relazione alle condizioni di mercato. Ma, come detto, la Bce potrebbe alzare i tassi alla fine dell’anno e chiedere di concludere l’acquisto di bond, l’eventuale aumento dei tassi rimetterebbe l’Italia alle prese con lo spettro del debito (oltre 150% del pil) e la capacità di mettere a terra i 200 miliardi del NextGenEu condizionerà gli investitori, in particolare esteri. La mossa, sembra aver pagato: secondo quanto riferiscono a MF-Dowjones la domanda da parte degli investitori avrebbe superato i 55 miliardi di euro.

Un rischio di cui si sono accorti anche economisti del calibro di Carlo Bastasin, Lorenzo Bini Smaghi, Valentina Meliciani, Marcello Messori, Stefano Micossi, Pier Carlo Padoan, Gianni Toniolo, autori del paper Legge di Bilancio: troppa spesa corrente
se l’inflazione spinge i tassi d’interesse, pubblicato dalla Luiss School of European Political Economy. “Nel complesso, si può prevedere che, rispetto alle condizioni attuali, il differenziale tra il tasso di crescita e il costo d’interesse del debito pubblico tenderà a peggiorare nel tempo, rendendo più fragile la sostenibilità del debito italiano. Il peggioramento nel coefficiente dinamico che mette in relazione tassi di crescita e tassi d’interesse riguarda gran parte delle economie avanzate, ma ha uno speciale effetto sull’Italia non solo per l’alto livello del suo debito pubblico, ma perché i titoli italiani vengono automaticamente interessati dal riaggiustamento dei portafogli degli investitori internazionali ogni volta che si modifica il rapporto tra crescita e livello dei tassi d’interesse”.

E ancora, “in considerazione della speciale fragilità italiana, l’impostazione di politica economica seguita dal governo, finora poco concentrata sulla riduzione del debito pubblico, potrebbe diventare sempre più esposta ad eventuali tensioni che emergessero sui mercati finanziari per effetto dell’innalzamento del livello dei tassi d’interesse, già cominciato in alcune economie avanzate e destinato a manifestarsi nei prossimi mesi anche negli Stati Uniti”.

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