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Atomiche in Bielorussia, a cosa ambisce Putin? L’analisi di Secci

Di Danilo Secci

Lo schieramento delle armi nucleari cambierà l’equilibrio strategico in Europa, ma la risposta dell’Alleanza Atlantica avverrà solo dopo un eventuale arrivo delle testate. L’analisi di Danilo Secci, ricercatore associato dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici, specializzato in questioni di difesa e sicurezza

Sabato scorso, durante un’intervista al canale tv Rossiya 1, il presidente russo Vladimir Putin ha rilasciato alcune dichiarazioni che hanno suscitato un certo allarmismo tra le opinioni pubbliche europee.

Il leader ha annunciato lo schieramento di testate nucleari nel territorio della Bielorussia, fornendo una serie di dettagli utili a comprendere la portata di questa mossa sullo scacchiere del conflitto in Ucraina e, più in generale, sull’equilibrio strategico nel continente. Nello specifico, ha dichiarato che la Russia ha schierato alcuni sistemi missilistici Iskander (nome in codice NATO: SS-26 Stone) con capacità nucleari, che Minsk dispone di aerei da attacco al suolo capaci di sganciare ordigni atomici e che entro il 1° luglio verranno completati i lavori per la costruzione di un sito di stoccaggio delle testate.

L’impatto emotivo sull’opinione pubblica è comprensibile, ragion per cui occorre fare alcune precisazioni sulla sensazionalità della notizia, sulla condotta del Cremlino e sulle presunte giustificazioni da esso addotte.

Anzitutto, la notizia non innova il quadro informativo sull’equilibrio di forze che va delineandosi in Europa. Già lo scorso giugno, il leader russo dichiarò la conclusione di un accordo con il Presidente bielorusso Lukashenko per lo schieramento degli Iskander e lo sviluppo di alcuni aerei Sukhoi Su-25 (nome in codice NATO: Frogfoot) per renderli capaci di impiegare munizionamento nucleare. Putin, quindi, non ha fatto altro che precisare lo stato di avanzamento di lavori su decisioni prese mesi fa. Gli Su-25 modificati sono una decina, mentre sulla variante del sistema Iskander non ha fornito precisazioni. Potrebbe pertanto trattarsi sia della variante “M”, accreditata di una gittata di 400 chilometri, sia della variante “K”, capace di lanciare un missile cruise con raggio d’azione ufficiale poco inferiore ai 500 chilometri.

In ogni caso, sia i sistemi missilistici Iskander-M sia Iskander-K sono capaci di trasportare una testata nucleare tattica con un potenziale distruttivo dai 5 ai 50 kilotoni (fino al doppio circa di quello delle bombe che esplosero a Hiroshima – 15 kilotoni – e Nagasaki – 20 kilotoni).

Putin ha inoltre affermato che dal 3 aprile inizierà l’addestramento dei reparti incaricati della gestione delle testate e che entro il 1° luglio termineranno i lavori per la costruzione del sito di stoccaggio. Queste ultime affermazioni sembrerebbero significare che, di fatto, le testate ancora non sono state trasferite. Sono stati approntati i dispositivi-vettori, ad aprile inizierà l’addestramento del personale e a luglio arriveranno le atomiche.

Se questo è il cronoprogramma, non si comprendono le ragioni sostenute da Putin su Rossiya 1 per giustificare questa “nuova” mossa. Secondo il leader russo, lo schieramento delle testate in Bielorussia è la reazione alla decisione di Londra di fornire munizionamento all’uranio impoverito a Kyiv. Ma l’annuncio del Governo inglese è di qualche giorno fa: la decisione di schierare gli Iskander e modificare gli Su-25 bielorussi risale a giugno.

L’elemento nuovo nelle dichiarazioni di Putin è quello relativo al sito di stoccaggio, del quale, però, comunica soltanto la data di fine lavori. Ciò potrebbe lasciar intendere che la costruzione sia già iniziata, prima dunque della decisione di fornire il munizionamento all’uranio impoverito all’Ucraina. E in ogni caso, per quanto il presidente russo, con una sottile azione di manipolazione/alterazione informativa (tipica del linguaggio della propaganda e della disinformazione) affermi che l’uranio impoverito sia “legato alla tecnologia nucleare”, in realtà c’è una notevole differenza materiale tra proiettili che impiegano l’uranio “impoverito” (isotopo U-238) per aumentare la capacità di perforazione dei mezzi corazzati avversari e dispositivi che potrebbero impiegare l’uranio “arricchito” (isotopo U-235) nelle testate nucleari. L’impiego di questi ultimi, inoltre, avrebbe conseguenze che non si limiterebbero al singolo carro armato o campo di battaglia, ma a un’area ben più vasta, coinvolgendo per intero province e centri abitati (esplosione e fall-out).

Putin ha colto l’occasione dell’annuncio del nuovo pacchetto di aiuti a Kyiv per ancorare la sua retorica nucleare a decisioni sull’invio di munizionamento di tipo convenzionale prese da un Paese Nato (Regno Unito), facendo leva sul termine “uranio”: quest’ultimo rimanda inevitabilmente all’elemento della radioattività, fonte di preoccupazione e allarme per le comunità. Ciò con l’intento di mettere sullo stesso piano strumenti militari e decisioni politiche che, come visto, sullo stesso piano non sono.

A questo punto, è necessario chiedersi quali possano essere le vere ragioni e obiettivi di Mosca, celati da queste dichiarazioni. Il primo potrebbe essere quello, classico e ormai noto, delle cosiddette “misure attive”, finalizzate a ridurre il sostegno dell’opinione pubblica occidentale alla campagna di aiuti militari a Kyiv; ciò facendo leva sulla paura del nucleare, alimentata, come in questo caso, screditando e alterando la percezione della portata di alcune decisioni di supporto all’Ucraina.

In secondo luogo, la mossa del Cremlino potrebbe essere interpretata come preparatoria allo scenario strategico che andrà a delinearsi sul finire della primavera quando, terminata la stagione del fango (“rasputiza”), si prevede avrà luogo la tanto annunciata offensiva russa sull’intera linea del fronte: lo schieramento di asset nucleari in Bielorussia dovrebbe esercitare una qualche forma di deterrenza nei confronti dei Paesi Nato, soprattutto Baltici e Polonia, rispetto a eventuali future iniziative di supporto all’Ucraina nel contesto di una nuova fase di attacco delle forze russe.

Da ultimo, e in una prospettiva temporale di più lungo corso, l’iniziativa di Putin potrebbe essere indicativa e preparatoria di una prossima fase negoziale: la nuclearizzazione della Bielorussia, dal lato russo, potrebbe voler essere impiegata come merce di scambio nella più ampia trattativa per la cessazione delle ostilità, la definizione del futuro dell’Ucraina e la riscrittura degli equilibri di forze nella macroarea compresa tra il Baltico e il Mar Nero.

A prescindere da quali possano essere le ambizioni e i calcoli del Cremlino, resta il fatto che l’arrivo di armi nucleari in Bielorussia è destinato a cambiare l’equilibrio strategico in Europa. È ipotizzabile una risposta proporzionata dell’Alleanza Atlantica, di cui probabilmente già si discute a Bruxelles, ma che si concretizzerà solamente dopo che le testate russe arriveranno a Minsk.

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