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Così il dialogo interreligioso muove le relazioni tra Stati. Conversazione con Petito

Il dialogo interreligioso sta assumendo un ruolo sempre più centrale nelle relazioni internazionali. Il prof. Petito (Sussex University) spiega perché l’Italia sta portando avanti un lavoro innovativo in questo campo

“Il tema del dialogo e della collaborazione interreligiosa ha assunto nuova prominenza e significato nelle relazioni internazionali, a causa di cambiamenti storici che vanno assolutamente colti”, commenta con Formiche.net il professore Fabio Petito, docente del dipartimento di Relazioni Internazionali all’Università del Sussex e direttore del programma ISPI su ruolo delle religioni nelle relazioni internazionali sostenuto dal ministero degli Esteri.

Il ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, venerdì 3 marzo è stato il primo alto diplomatico a visitare la “Casa della Famiglia Abramtica” durante la missione italiana negli Emirati Arabi Uniti. Inoltre, il Bahrein a Roma ha fortemente pubblicizzato l’iniziativa sul dialogo inter-religioso lanciata da re Hamad bin Isa al Khalifa e Papa Francesco durante la visita pastorale del novembre 2022. Che valore hanno questi temi nella costruzione delle relazioni internazionali?

Peace building e società inclusive

Viviamo una nuova fase della collaborazione e del dialogo interreligioso, esemplificata dal documento sulla fraternità umana firmatonel 2019 ad Abu Dabi da Papa Francesco e lo sceicco Ahmed al Tayeb, il grande imam di Al Azhar (la più grande istituzione sunnita del mondo musulmano, ndr). Questo tipo di iniziative hanno un valore importante nel creare delle contronarrative alla crescente polarizzazione di molte società lungo linee di divisioni religiose, culturali e settarie. Questo sviluppo  è accompagnato da un riconoscimento sempre più crescente da parte della comunità diplomatica internazionale che la religione, contrariamente a certe previsioni della tesi della secolarizzazione, non solo continua ad avere un ruolo centrale nella politica e nella società di molti paes,i ma anche, che gli attori religiosi possono avere un ruolo positivo nei processi di peace building e di costruzione di società più inclusive”.

Ecco perchè gli stati e le organizzazioni internazionali oggi sono aperti alla ricerca di nuove forme di partnership con gli attori religiosi e guardano con interesse a queste nuove forme di dialogo e collaborazione interreligiosa. In Italia abbiamo un esempio importante come la Comunità di Sant’Egidio, che compie un lavoro sempre più apprezzato dalle diplomazie internazionali. “Esattamente. E poi – aggiunge Petito – c’è anche un ruolo nuovo: quello che in coalizione attori religiosi differenti possono sviluppare nell’agenda di sviluppo sostenibile e protezione dei diritti umani, come ho sostenuto in un recente rapporto  sul tema”

La nomina dell’ Inviato Speciale per la libertà religiosa e il dialogo interrelligioso: il lavoro innovativo italiano

L’Italia, e in particolare modo la politica estera italiana, hanno sempre mostrato un grosso interesse per la protezione della libertà di credo e per il tema del dialogo interreligioso, però nei consessi diplomatici si notava come mancasse la creazione di uno strumento di politica estera adeguato a giocare quel ruolo che effettivamente a livello internazionale le veniva riconosciuto. Da maggio dello scorso anno, la Farnesina ha nominato l’ambasciatore Andrea Benzo inviato speciale per la tutela della libertà religiosa e il dialogo interreligioso. “L’Italia è giunta a questa decisione attraverso un’indicazione bipartisan della Commissione esteri del Senato su un tema ritenuto di valore primario nell’interesse nazionale”, ricorda Petito.

E aggiunge: “Il metodo adottato da Benzo e dall’Italia ruota attorno al riconoscere che l’approccio più appropriato per  combattere le discriminazioni contro le minoranze religiose e far avanzare il diritto umano fondamentale della libertà religiosa è la collaborazione tra attori statali e organizzazioni internazionali e piattaforme, coalizioni, iniziative interreligiose a favore della libertà religiosa stessa. È una formula innovativa che propone un metodo diverso dall’approccio di politica estera dominante della cosiddetta “advocacy o diplomazia del megafono” , quella diplomazia che spera di poter ottenere miglioramenti dagli stati o altri attori che violano la libertà religiosa attraverso dichiarazioni pubbliche di naming and shaming, e che purtroppo si è visto che difficilmente migliorano le condizioni delle minoranze sul terreno, soprattutto quando le minoranze sono associate, anche ingiustamente, con le politiche dell’occidente come purtroppo è avvenuto nel caso delle minoranze cristiane del sud del Mediterraneo”.

L’incontro per il Mediterraneo allargato

L’Italia, con Benzo, ha inziato di recente a o implementare questa nuova concettualizzazione implicita nel suo doppio mandato per la protezione della libertà religiosa e il sostegno al dialogo interreligioso. È questo che è stato proposto durante un recente incontro organizzato dalla Farnesina, insieme a Wilton Park (un’agenzia del Foreign Office britannico) e alla Fondazione libanese Adyan per una discussione ampia e di taglio operativo con vari rappresentanti religiosi, che sono stati ospitatati in una villa di Frascati per parlare di discriminazione religiosa e ostacoli alla piena eguaglianza tra persone nel Mediterraneo allargato utilizzando il prisma della “cittadinanza inclusiva”.

“È un bene che l’Italia sia promotrice di certe iniziative all’interno dell’ambito geopolitico dove ha più peso, il Mediterraneo Allargato, e dove le violazioni delle libertà hanno forte impatto negli equilibri interni e regionali. Roma e Londra hanno avviato un’iniziativa congiunta per far convergere, nella capitale italiana, alcuni dei più importanti leader religiosi della regione, con rappresentanti delle istituzioni islamiche del sud del Mediterraneo, da sunniti e sciiti, Chiese mediorientali, copti, e varie altre minoranze. Questo incontro – continua Petito – è stato strutturato seguendo il metodo pensato dall’Italia, per costruire coalizioni più avanzate per difendere i diritti delle minoranza e affermare una cittadinanza inclusiva per tutti credenti e non della regione”.

Il professore spiega che tutto è basato sull’idea che tutte le religione in determinate parti del mondo, come nello spazio Euro-Mediterraneo, sono  una minoranza, e dunque hanno interesse a che questo fondamentale diritto della libertà religiosa sia protetto, ed è qui che si crea il concetto di cittadinanza inclusiva “come grimaldello che permette di rafforzare i diritti di libertà religiosa dal basso attraverso coalizioni interreligiose endogene, non come pressione esterna”. “Sembra – aggiunge – che si stia aprendo la possibilità di nuovi avanzamenti su temi concreti, come i ruoli di culto o l’educazione scolastica. Focalizzarci soltanto sulla necessità e le dichiarazioni per proteggere i cristiani nel mondo arabo, per quanto motivato da intenzioni nobili e comprensibili, non è purtroppo efficace e rischi addirittura di essere controproduttivo. Il nuovo approccio italiano sembra aprire nuove strade realistiche di speranza e convienza pacifica nella regione”.

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