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Così l’Italia può aiutarci a ricostruire l’Ucraina. Parla Beketova (Cepa)

Dalla visita di Meloni è arrivato “un chiaro segnale” dell’impegno di Roma verso Kyiv, spiega l’esperta. L’evento del 26 aprile sarà fondamentale per gettare le basi per il futuro del Paese. Ecco da dove partire

La visita di un mese fa di Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, in Ucraina “ha dato un chiaro segnale agli ucraini e al mondo intero che il governo italiano continuerà a fornire all’Ucraina un ampio sostegno”, anche attraverso la conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina che si terrà il 26 aprile. A parlare a Formiche.net è Elina Beketova, associata del programma Democracy Fellowship al Center for European Policy Analysis. “È molto importante che Roma abbia confermato di giocare un ruolo chiave nella ricostruzione post-bellica dell’Ucraina, anche attraverso la Donor Coordination Platform”, spiega ancora citando il documento firmato da Meloni e dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kyiv. “La cosa più importante è l’unità. Noi ucraini la vediamo e ne siamo molto grati”, aggiunge.

Nelle scorse ore il ministro degli Esteri ha diffuso le prime informazioni relativi alla conferenza organizzata in collaborazione con l’Agenzia Ice, “dedicata alla discussione di interventi e progetti attraverso i quali l’Italia può offrire contributi concreti alla resilienza e alla ricostruzione dell’Ucraina”. Annunciata la presenza dei massimi livelli dei governi italiano e ucraino, della Commissione europea e delle principali istituzioni finanziarie internazionali, che presenteranno i rispettivi piani di intervento nelle due fasi di fast recovery e di ricostruzione a medio e lungo termine, nonché le opportunità di partecipazione del sistema imprenditoriale italiano. Ad aprile i lavori saranno dei ministri degli Esteri, Antonio Tajani e Dmytro Kuleba. A concluderli, la presidente Meloni e il primo ministro ucraino Denys Shmyhal. Dopo una sessione istituzionale e una seconda parte dedicata alle istituzioni finanziarie internazionali, si apriranno i tavoli di discussione e approfondimento settoriale dedicati a: infrastrutture e trasporti; energia e ambiente; agroindustria; salute; digitale e servizi. Specifici focus saranno dedicati a spazio, avionica e industria metallurgica.

“Se parliamo dei territori occupati e poi liberati, molte infrastrutture critiche e abitazioni sono state completamente distrutte”, osserva Beketova. “Il problema principale è la distruzione totale della rete. Immaginate gli insediamenti dove non c’è stata elettricità per 10 mesi, come per esempio nell’Oblast di Mykolaiv. La gente ha bisogno di generatori di corrente e di tutto ciò che serve per ripristinare le proprie condizioni di vita”. Il secondo problema è lo sminamento dei territori. “Potremmo essere il Paese più minato al mondo”, avverte l’esperta. “Quando i soldati russi si sono ritirati da alcuni territori, hanno minato tutto. Ma i danni saranno ancora maggiori quando i territori occupati dell’Ucraina saranno liberati, perché ne vedremo le conseguenze”. Il terzo problema è rappresentato dai bisogni delle persone. “Alcune di esse sono banalmente senza case e devono vivere in luoghi temporanei. Non si tratta solo di problemi umanitari, ma anche finanziari, perché ci sono problemi di lavoro, di economia”.

I territori come l’Oblast di Luhansk, cioè quelli occupati, hanno un’altra serie di problemi. “Alcuni insediamenti semplicemente non esistono. Quando ho parlato con Serhii Haidai, allora capo dell’amministrazione dell’Oblast di Luhansk, mi ha detto che insediamenti come Popasna e Bilohorivka non esistono più”, racconta. “E alcuni insediamenti sono completamente o parzialmente distrutti. Città come Sievierodonetsk, Lysychansk e Rubizhne potrebbero essere ricostruite in sette anni, non meno. Penso che dobbiamo anche pensare strategicamente alle generazioni di bambini e adolescenti che ora si trovano nei territori temporaneamente occupati dell’Ucraina. È molto importante trovare il modo di sostenere le loro famiglie e avere il maggior numero possibile di programmi educativi e umanitari per i bambini e gli adolescenti dei territori temporaneamente occupati”, conclude.

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