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Wagner e Chiesa ortodossa, un legame sotto il sole africano

Solo la Repubblica Centrafricana ha ufficialmente riconosciuto la Chiesa di Mosca. Proprio uno dei Paesi che ha visto il gruppo Wagner svolgere un ruolo decisivo, scrive Pasquale Annicchino, docente di Dati religiosi e privacy e di Etica e regolamentazione dell’IA (Università di Foggia) ed esperto Osce/Odhir su libertà di religione o di credo

“Sono entrati in Africa di notte, come dei ladri”. Le parole utilizzate dal patriarca di Alessandria Teodoro II per descrivere le azioni della Chiesa ortodossa russa in Africa non potevano essere più chiare. Da più parti si parla ormai di una vera e propria “invasione” da parte dell’ortodossia russa del patriarcato di Alessandria, risultato di un’accelerazione impressa dalla nomina del metropolita Leonid (Gorbačev) alla guida dell’esarcato africano per la Chiesa di Mosca. Quest’ultimo ha servito diverso tempo nell’esercito e nell’aviazione russa e proprio il suo percorso ben sintetizza le ambizioni del Cremlino nel continente.

L’obiettivo dei russi è quello di imporre il patriarcato di Mosca come istituzione egemone fra le chiese ortodosse per rimpiazzare il ruolo del patriarca ecumenico, soprattutto dopo il riconoscimento da parte di quest’ultimo dell’autocefalia della Chiesa di Kiev. La creazione dell’esarcato africano che risponde a Mosca si inserisce in questo contesto di conflitto teologico e politico. Lo scorso anno il metropolita Ilarion (Alfeev), aveva già sottolineato che “i cristiani dell’Africa hanno bisogno della protezione della Russia, e non per nostra volontà ma a causa della situazione che si è creata. Abbiamo creato l’esarcato per offrire un rifugio canonico ai sacerdoti africani che non intendevano seguire Alessandria nella legittimazione dello scisma ucraino”.

Allo stesso tempo diversi Paesi africani hanno visto lo sbarco delle truppe del gruppo Wagner. Questo è avvenuto non solo in Stati a maggioranza musulmana, come la Libia o il Mali, ma anche in Paesi a maggioranza cristiana come la Repubblica Centrafricana. Nonostante le attività dell’esarcato per l’Africa si concentrino oggi in 19 Paesi africani, solo la Repubblica Centrafricana ha ufficialmente riconosciuto la Chiesa di Mosca. Proprio uno dei Paesi che, di recente, ha visto il gruppo Wagner svolgere un ruolo decisivo. Nel rapporto sulla libertà religiosa del 2021 il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha evidenziato come “le forze di governo e i loro alleati del gruppo Wagner hanno preso di mira i musulmani commettendo omicidi, utilizzando la violenza (di genere e sessuale) e ricorrendo agli abusi fisici e alle minacce”.

Già all’epoca dell’Unione Sovietica le attività diplomatiche e di relazioni con le élite africane erano molto sviluppate, numerosi studenti africani andavano a specializzarsi in Russia. Un rapporto della Rand Corporation dello scorso anno dal titolo “Russia’s growing presence in Africa. A geostrategic assessment” sottolinea come la presenza russa in Africa sia ancora limitata e guidata, principalmente, da ragioni di opportunismo. Tuttavia non si può non sottolineare come Rosneft, Tatneft e Gazprom (giganti russi dell’energia) siano coinvolti in importanti progetti relativi agli idrocarburi nel Nord Africa. La presenza russa, secondo gli analisti della Rand, sarebbe destinata a crescere in futuro. Il mercato africano è rilevante anche per il settore della difesa. Qui vengono infatti esportate numerose armi.

Nelle continue crisi che attraversano diversi Paesi africani, lo spettro della presenza russa sembra manifestarsi con sempre maggior frequenza. Stefano Caprio su Asianews ha sottolineato come durante il colpo di Stato in Burkina Faso nel gennaio 2022 l’esercito scese in strada sventolando le bandiere russe chiedendo una virata verso Mosca rispetto alla tradizionale politica estera filo-francese. È una scena che si ripete sempre più spesso in diversi Paesi africani e che interroga la comprensione dei rapporti fra sicurezza, politica e fattori religiosi dei Paesi occidentali. Del resto anche nel teatro siriano i russi non avevano esitato a utilizzare la Chiesa ortodossa di Mosca, che vanta un seguito importante nel distretto di Latakia, per la mobilitazione a favore dell’intervento russo e del regime di Assad.

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