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Le comunicazioni tra Cina e Usa possono evitare una guerra a Taiwan, parola di Austin

Austin, parlando da Singapore, ha sottolineato la necessità di evitare sussulti attorno a Taiwan, perché potrebbero alterare il contesto globale. Per il capo del Pentagono è fondamentale che i militari di Cina e Usa si parlino, ma per ora Pechino sembra rifiutare comunicazioni di questo genere con Washington

Il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, ha usato lo spazio concessogli dallo Shangri-La Dialogue di Singapore per avvertire che un conflitto su Taiwan “influenzerebbe l’economia globale in modi che non possiamo immaginare” e ribadire la necessità di una maggiore comunicazione tra le forze armate americane e cinesi. Ossia battere su un punto che attualmente l’amministrazione Biden considera come prioritario: non perdere totalmente il contatto con Pechino ed evitare l’innesco di una nuova (e potenzialmente più preoccupante) Guerra Fredda.

Taiwan e comunicazioni: priorità Usa

“Non fraintendete la realtà: un conflitto nello Stretto di Taiwan sarebbe devastante”, ha detto Austin sabato dal palco della conferenza sulla sicurezza asiatica – che significa indo-pacifica e dunque globale – organizzata dall’International Institute of Strategic Studies di Londra. “Tutto il mondo ha interesse a mantenere la pace e la stabilità nello Stretto di Taiwan, tutto il mondo. Ne va della sicurezza delle rotte commerciali e delle catene di approvvigionamento globali”. E poi: “Per i leader responsabili della difesa, il momento di parlare è sempre e il momento giusto è adesso”, ha aggiunto il capo del Pentagono. “Sono profondamente preoccupato che la Repubblica popolare cinese non sia stata disposta a impegnarsi più seriamente per migliorare i meccanismi di gestione delle crisi tra i nostri due eserciti. Ma spero che le cose cambino, e presto”.

Tutto arriva mentre Pechino ha ripetutamente respinto le richieste del Pentagono per mettere Austin a un tavolo con il suo omologo Li Shangfu, e sfruttare la conferenza di Singapore per riaprire il dialogo military-to-military. I due hanno scambiato qualche convenevole, ma “una cordiale stretta di mano non sostituisce un engagement significativo”, ha precisato Austin. Il tutto mentre escono le notizie su una visita non-più-segreta del direttore della Cia, Bill Burns, a Pechino per cercare di sbloccare l’impasse sui dialoghi più consistenti tra le due potenze.

Se è vero che Washington intenda dimostrare disponibilità sulla riapertura delle discussioni, secondo un “disgelo” che il presidente americano aveva auspicato durante il G7, è anche vero che non intende cedere aliquote di controllo nelle relazioni. Non a caso, poco dopo le osservazioni di Austin un funzionario militare americano ci ha tenuto a far sapere ai media che una nave da guerra della US Navy stava transitando lungo lo Stretto di Taiwan, un’operazione che gli americani considerano di routine, perché vedono quelle acque come internazionali, mentre per i cinesi è una provocazione in acque considerate sovrane – dato che non riconoscono l’esistenza di Taiwan e la vedono come una provincia ribelle da annettere.

Il contesto 

Gli Stati Uniti stanno “distruggendo le relazioni tra Stati Uniti e Cina”, ha dichiarato He Lei, tenente generale ed ex vicepresidente dell’Accademia di scienze militari del PLA. “La Cina non prenderà ordini durante la sua ascesa pacifica”, ha detto il funzionario di rango medio-basso, probabilmente chiamato a parlare per ordine del Partito/Stato per non dare eccessivo valore alle parole dell’americano. È un confronto comunicativo, dove ognuna delle due super-potenze accusa l’altra di rompere il clima e alterare i rapporti.

Anche per questo i Paesi asiatici vivono una fase di preoccupazioni crescenti. Temono che le tensioni tra Stati Uniti e Cina siano irreparabili e possano sfociare in un conflitto. Alla domanda se gli Stati Uniti stiano cercando colloqui per il controllo degli armamenti nucleari con Pechino, Austin ha aggiunto: “Non appena risponderanno al telefono, forse riusciremo a lavorare”. Austin ha anche usato il suo discorso alla conferenza per contrapporre la visione statunitense per l’Indo Pacifico “free and open” ai rischi di “coercizione, intimidazione o bullismo”. È una forma di rassicurazione agli attori regionali, incontrati in vari modi in questi giorni. “[Quella degli Usa] è una visione di un Indo-Pacifico libero, aperto e sicuro, in un mondo di regole e diritti”, ha detto Austin. Queste regole e diritti, ha aggiunto, includono “i diritti umani e la dignità umana” e la necessità di risolvere “le controversie attraverso il dialogo pacifico e non con la coercizione o la conquista”.

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