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Gaffe ed errori di Cruz, Rubio e Trump nella corsa per la nomination

Sorge il sole sull’America di Marco Rubio, ma lo skyline sullo sfondo è quello di Vancouver, città del Canada sul Pacifico, con la bandiera con la foglia d’acero a sventolare su un rimorchiatore in porto: scene dello spot ‘Morning in America’. Una gaffe, anzi un errore, come ha candidamente ammesso la campagna del senatore della Florida.

Non è l’unico errore del genere di queste primarie: a settembre, dei sostenitori dell’ex governatore della Florida Jeb Bush avevano diffuso un video dove immagini di archivio della Gran Bretagna e del sud-est asiatico venivano gabellate per America; e più di recente, a gennaio, i collaboratori di Donald Trump aveva usato immagini del confine tra Marocco e Spagna per illustrare l’insicurezza dei confini statunitensi.

Gaffe ed errori non sono solo geografici: a volte gira la lingua. In un comizio, Trump, che voleva citare Ben Carson, ha invece detto Barack Obama. Si parlava delle voci d’abbondono della corsa da parte di Carson messe artatamente in giro da Ted Cruz: lo showman s’è accorto dell’errore, ha fatto marcia indietro, s’è scusato con Carson e ha aggiunto “Obama dovrebbe abbandonare la corsa”, suscitando applausi e risate: insomma, Trump vince anche quando s’impappina. Non così, invece, Rubio, quando la butta sul personale e critica il magnate dell’immobiliare per l’ ‘abbronzatura’, cioè per un trucco sbagliato prima di un’apparizione televisiva.

Cruz e i colpi bassi proibiti

Il rilancio di un aneddoto, poi rivelatosi falso, su Rubio è costato caro al portavoce di Cruz, Rick Tyler, fatto fuori dal suo posto. Il ‘giocare sporco’ ha dei limiti, anche in una campagna fortemente negativa come quella per la nomination repubblicana, finora caratterizzata da un tutti contro tutti e, soprattutto un tutti contro Trump.

Il post dello scandalo, subito cancellato, riferiva una battuta di Rubio, mai pronunciata, sul fatto che “la Bibbia non contiene tutte le risposte”: a ben vedere, un’affermazione di cui non ci sarebbe motivo di dispiacersi (al più di temere che dispiaccia agli evangelici, che, comunque, non votano Rubio). La campagna di Cruz era recidiva: aveva già al suo ‘attivo’ falsi ai danni di Carson (voci d’un suo ritiro) e dello stesso Rubio (un fotomontaggio ne suggeriva la familiarità con il presidente Obama).

Hillary Clinton è la favorita dei bookmaker

Paddy Power, bookmaker irlandese, dà Hillary Clinton favorita su Donald Trump 1,83 a 4,00: un margine elevato, calcolato prima del voto di sabato in South Carolina e prima del Super Martedì. L’allibratore sembra più ottimista della ex first lady, che, in un momento di insicurezza, s’interroga se “l’America sia pronta a un presidente donna”.

Sanders, attestati di stima

La stella di Sanders è un po’ in calo e potrebbe presto tramontare, dopo la South Carolina e il Super Martedì. Ma il senatore del Vermont ha comunque incassato attestati di stima e sostegni non previsti. L’economista francese Thomas Piketty, una star europea, ha detto che il candidato ‘socialista’ “può cambiare il volto del Paese”, riproponendo una tassazione più progressiva e rivalutando la spesa sociale, mentre l’ex segretario di Stato – dice Piketty – è solo un’erede del regime di tassazione favorevole ai ricchi lungo l’asse Reagan-Clinton-Obama.

Un altro tributo inatteso a Sanders è venuto dal rapper nero Killer Mike, che a Mount Pleasant, vicino ad Atlanta, in Georgia, ha detto che Sanders è l’unico candidato la cui politica sociale sarebbe condivisa da Martin Luther King. Il senatore parlava agli studenti di Università prevalentemente frequentate da afroamericani. “Metteremo fine all’orrore di vedere ripetutamente in tv un nero disarmato cui la polizia spara”, ha detto.

Trump, un asilo politico per fuggirne

Un’isola canadese offre asilo politico agli americani che dovessero essere “disgustati” da un’eventuale vittoria di Trump all’Election Day: è Capo Bretone, nella Nuova Scozia, che si fa così pubblicità sul suo sito di promozione turistica. La località, che è un luogo di turismo, enumera fra i suoi pregi il fatto che le donne sono libere di pianificare la loro maternità, che i musulmani possono muoversi senza restrizioni e che gli unici muri sono quelli delle case (per altro, estremamente a buon mercato). E se qualcuno teme che, siccome è Canada, ci faccia un freddo becco, ecco la rassicurazione: “Le estati sono gradevoli e l’inverno è come sulla Costa Est degli Stati Uniti”. Al tempo della guerra del Vietnam, il Canada fu la scelta di molti giovani americani che volevano evitare l’arruolamento.

Kasich strizza l’occhio a destra

Sta forse per uscire di scena, anche se giura che lo farà solo se non vincerà in Ohio a metà marzo, ma la sua decisione, come governatore dello Stato, di vietare versamenti di fondi statali a qualsiasi organizzazione sanitaria che pratica o promuove l’aborto, occupandosi di pianificazione familiare, è fatta per rafforzarne l’immagine fra conservatori ed evangelici, che non lo considerano certo uno dei loro. Nella sua campagna, John Kasich ha spesso evocato l’importanza di fondi per mamme e neonati: affermazioni che ritiene, però, coerenti con il provvedimento ora adottato.

Registi di sinistra in campo

C’è, come sempre, molta Hollywood, e comunque molto cinema, nella campagna elettorale. Il regista di sinistra Michael Moore è impegnato a favore di Sanders ed ha pagato con una brutta polmonite il sovraccarico d’impegni tra la campagna per il senatore, la promozione del suo lavoro ‘Where to invade next?’ e la mobilitazione per lo scandalo dell’acqua contaminata a Flint, Michigan, la sua città.

Johnny Depp interpreta, invece, il rampante Donald Trump degli Anni Ottanta in un vero e proprio film comico disponibile in streaming sul sito web ‘Funny or Die’, fatto in collaborazione con altri grandi nomi, compreso Ron Howard, la voce narrante, che interpreta se stesso. Il titolo è ‘The art of the Deal: The Movie’, che riprende quello di un libro di Trump pubblicato nel 1987. Uscito in coincidenza con le primarie nel New Hampshire, vinte da Trump, il film è un ‘faux movie’, perché pretende di essere stato girato negli Anni Ottanta. Chi l’ha visto assicura che l’interpretazione di Depp è straordinaria e la sua trasformazione in Trump eccezionale.

Per ulteriori approfondimenti sulle elezioni presidenziali americane, clicca qui per accedere al blog di Giampiero Gramaglia, Gp News Usa 2016

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