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Come bisticciano Jeb Bush e Ted Cruz

Jeb Bush sta con Ted Cruz: è un po’ una sorpresa, ma è così. Fuori da un mese dalla corsa per la nomination repubblicana, l’ex governatore della Florida, figlio e fratello rispettivamente del 41° e 43° presidente degli Stati Uniti, dà pubblicamente sostegno al senatore del Texas Ted Cruz, iper-conservatore ed evangelico, l’avversario meglio piazzato del battistrada Donald Trump.

“Ted è un conservatore di sostanza e di principi, abile nell’attrarre elettori e vincere primarie, tra cui martedì le assemblee dello Utah”, ha detto ieri Jeb, un moderato, il cui endorsement pareva piuttosto destinato al governatore dell’Ohio John Kasich, il moderato fra i candidati ancora in lizza.

L’ex governatore della Florida ha invece scelto il ‘voto utile’: “I repubblicani possono riconquistare la Casa Bianca”, se sosterranno “un candidato che può unire il partito” di fronte “alle divisioni e alla volgarità che Trump ha portato nell’arena politica”.

Il suo endorsement non è la prima scelta a sorpresa degli aspiranti alla nomination usciti di scena: Chris Christie, governatore del New Jersey, un altro moderato, aveva già stupito il mese scorso, puntando su Trump, forse in cambio – s’è ipotizzato – di una candidatura alla vice-presidenza.

La campagna di Trump continua a suscitare notevoli ostilità. Il magnate dell’immobiliare sta trasformando in un hotel di lusso lo storico palazzo del Poste, a Washington, su cui oggi campeggia la scritta gigante ‘Trump’. L’albergo dovrebbe aprire in autunno, intorno all’Election Day: proprio lì, lo showman ha tenuto giorni fa una conferenza stampa, dopo avere incontrato alcuni influenti esponenti repubblicani.

Non c’erano, però, i vertici del partito, dallo speaker della Camera Paul Ryan in giù. Un ‘super Pac’ anti-Trump, cioè un comitato per la raccolta di fondi contro la candidatura del magnate, ha preso nota della lista dei partecipanti, per negare loro futuri finanziamenti e continuare a provare a scovare un’alternativa.

Le cronache degli ultimi giorni riferiscono episodi controversi. C’erano stati tafferugli a un comizio dello showman nello Utah e il blocco di un’autostrada in Arizona da parte di suoi contestatori, che continuano a rischiare di essere malmenati ai suoi meeting, com’era di nuovo successo domenica. C’è chi espone cartelli ‘Affittasi, ma non a sostenitori di Trump’ e chi manda lettere di minaccia alla sorella del magnate che, però, continua a dare spettacolo. Lunedì ha assunto su due piedi, dopo un’intervista volante, una donna che gli chiedeva lavoro a un comizio; martedì, a chi gli chiedeva se aprirebbe un hotel a Cuba, dov’era in visita il presidente Obama, ha risposto “Sì, ma porrei condizioni”.

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