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Sergio Mattarella, ovvero il lavoro dell’arbitro e l’arte della pazienza

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C’è una data cui Sergio Mattarella guarda con attenzione massima. È il 23 marzo, giorno della prima riunione del nuovo Parlamento, in cui inizieranno le votazioni per i presidenti di Camera e Senato. Sarà in quelle giornate che porteranno all’elezione della seconda e terza carica dello Stato che il Presidente della Repubblica si aspetta di captare ciò che finora non ha nemmeno intravisto: delle linee guida che muovano le azioni delle forze politiche, le traiettorie che i partiti hanno intenzione di seguire per arrivare alla formazione di una maggioranza parlamentare che possa far nascere un governo. Al momento, dicevamo, il buio è stato assoluto e la confusione totale. E i segnali che finora sono arrivati sul Colle sono apparsi nebulosi, se non contraddittori. Per questo motivo, due giorni fa, durante la cerimonia per l’8 marzo al Quirinale, il capo dello Stato ha lanciato un appello al “senso di responsabilità delle forze politiche”. È questa la qualità, unità al senso dello Stato, cui Mattarella fa affidamento. Anche e soprattutto per i due partiti usciti vincitori dalle urne: Movimento 5 Stelle e Lega.

Al Quirinale, a quanto si apprende, non ci sono strade preferite o corsie preferenziali. Non corrisponde al vero, per esempio, che il capo dello Stato si stia muovendo per agevolare un’alleanza tra 5 Stelle e Pd. Mattarella queste giornate le ha trascorse da osservatore, impegnato a monitorare le posizioni dei vari partiti. Questo è stato uno dei due argomenti toccati nelle riunioni con i suoi consiglieri. In primis il segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, poi il capo della sua segreteria Simone Guerrini, ex dirigente di Finmeccanica e già delegato del movimento giovanile della Dc. Il consigliere parlamentare Daniele Cabras (figlio dell’ex parlamentare Dc, Paolo) e quello per l’informazione Filippo Astori (ex Dc sottosegretario con Andreotti). Oltre, naturalmente, al suo portavoce Giovanni Grasso (giornalista di Avvenire), cui però va aggiunto anche l’ex direttore dell’Unità e prima ancora cronista politico del Messaggero, Claudio Sardo. Ma abitudine del capo dello Stato è consultarsi anche con persone a lui vicine, ma fuori dal palazzo del Quirinale: l’ex deputato Francesco Saverio Garofani, per esempio, così come Pierluigi Castagnetti, il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianclaudio Bressa e il giornalista Nino Rizzo Nervo. Insomma, una rete di consuetudini che proviene o ha avuto a che fare con la migliore tradizione della scuola democristiana.

L’altro argomento delle riunioni negli ultimi giorni è lo studio dei precedenti, ovvero capire se la storia parlamentare italiana possa venire in soccorso alla situazione attuale. Finora l’episodio che più si avvicina è il governo Andreotti del 1976, chiamato della “non sfiducia”, perché l’esecutivo a monocolore Dc nacque, appunto, grazie alla non sfiducia in Parlamento da parte del Pci di Enrico Berlinguer. Ricalcato sul presente, si può tenere in considerazione per un governo, per esempio, di centrodestra con la “non sfiducia” del M5S o del Pd. Massimo Cacciari, per dire, ha invece proposto un governo monocolore grillino con la non sfiducia del Pd. Fantapolitica? A guardare i numeri la risposta sarebbe positiva ma prevale in ogni caso la prudenza, perché al momento la situazione non fa escludere alcuna alchimia e tutte le ipotesi, anche le più improbabili, potrebbero trasformarsi in realtà.

Secondo le fonti interne al palazzo, Mattarella non ha avviato delle pre-consultazioni riservate. Ci sarebbe stato solo qualche contatto telefonico informale con esponenti con cui il presidente sovente si confronta. Uno di questi sarebbe Gianni Letta. Un altro sarebbe Dario Franceschini. Ma nulla di più. Il capo dello Stato, infatti, non ha intenzione di imprimere accelerazioni e vuole seguire pedissequamente la prassi istituzionale. Le consultazioni è previsto che inizino il 3 aprile ed è da quella data in cui Mattarella avvierà il dialogo con le forze politiche. Senza preclusioni o pregiudizi di sorta. Il sorriso e la stretta di mano che Mattarella ha riservato a Luigi Di Maio l’altro giorno al Quirinale la dice lunga su come egli consideri i 5 Stelle ormai una forza totalmente all’interno del quadro istituzionale. Come anche il capo dello Stato avrà sicuramente gradito i toni sobri e rispettosi delle esternazioni di Matteo Salvini dal 4 marzo in avanti. Nessuna polemica gratuita da parte del leader leghista, nessuna caduta di stile, nessuna battuta fuori luogo. Lo stesso dicasi dell’intervista rilasciata da Silvio Berlusconi al Corriere, dove l’ex premier ha speso parole notevoli nei confronti dell’inquilino del Colle. “Ho totale fiducia nell’operato del capo dello Stato”, ha detto il Cavaliere. Segno che i dissapori nati al momento della sua elezione sono definitivamente superati.

Insomma, da parte del Quirinale non ci sono strade preferite ma nemmeno preclusioni o pregiudizi verso qualcuno. Attesa, prudenza, pazienza e grande attenzione ai segnali che arriveranno da qui all’elezione dei presidenti delle Camere: questi i binari su cui Mattarella si muoverà. Con l’auspicio, questo sì espresso in più occasioni, che sugli scranni più alti di Montecitorio e Palazzo Madama possano sedersi due figure su cui il capo dello Stato possa fare affidamento per sbrogliare la terribile matassa. E i nomi circolati finora (Roberto Calderoli o Vito Crimi per il Senato e Roberto Fico o Mariastella Gelmini per la Camera) rientrano in questo identikit. Le incognite, però, sono ancora troppe.

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