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La battaglia più importante di Radio Radicale. Parla il direttore Falconio

“Fino all’ultimo secondo utile lavoreremo per far cambiare idea al governo. Abbiamo ancora poco più di un mese: il 20 maggio scade la convenzione, che rappresenta la nostra unica fonte di reddito. Senza quella, la radio chiude”. Nessun cedimento al disfattismo, nessuno spazio per il pietismo, ma solo la rivendicazione di una storia lunga 43 anni e l’impegno perché possa durare ancora a lungo, nonostante le intenzioni di una parte dell’esecutivo e della maggioranza, decisi a farla finita qui. Il 20 maggio scade la convenzione di Radio Radicale, che sta vivendo giorni di tristezza e dolore per la scomparsa dell’indimenticabile Massimo Bordin (qui l’omaggio di Umberto Pizzi e qui il ricordo di Massimiliano Gallo).

Il direttore Alessio Falconio, però, non si dà per vinto. Affatto: “Continueremo a trattare con il governo fino all’ultimo, non molliamo”. Ed effettivamente la partita è ancora tutta da giocare. “È intenzione di questo governo, o almeno mia e del ministero dello Sviluppo economico che abbiamo seguito il dossier, non rinnovare la convenzione con Radio Radicale“, ha affermato un paio di giorni fa il sottosegretario pentastellato all’Editoria Vito Crimi. Una posizione che però non appare condivisa da tutti nella maggioranza, soprattutto dalle parti della Lega. “Io preferirei venissero tagliati i mega-stipendi in Rai piuttosto che chiudere altre voci che fanno informazione”, gli ha risposto ad esempio il vicepremier Matteo Salvini. Al quale ha fatto eco il viceministro leghista all’Economia e alle Finanze Massimo Garavaglia: “Radio Radicale fa il suo mestiere e oltretutto ha un patrimonio enorme di documentazione storico-politica del nostro Paese. Il Parlamento è sovrano”. E in effetti, alla Camera e al Senato, il fronte a sostegno di Radio Radicale è sempre più vasto e comprende pure non pochi rappresentanti della Lega e anche del MoVimento 5 Stelle. Ad esempio il deputato del Carroccio Giuseppe Basini ha promosso una raccolta firme tra i suoi colleghi a sostegno di Radio Radicale mentre a Palazzo Madama ben tre pentastellati – Elena Fattori, Gianni Marilotti e Paola Nugneshanno sottoscritto la mozione dell’esponente di Leu Loredana De Petris che chiede di rinnovare la convenzione con l’emittente radiofonica fondata da Marco Pannella nel 1976.

Falconio, pensa davvero che esistano i margini per far cambiare idea al governo?

Ne sono convinto. Siamo terribilmente preoccupati per questo orientamento del governo ma soprattutto siamo occupati a cercare di fargli cambiare idea. Per questo saremmo ben lieti di poter incontrare, qualora lo volesse, il sottosegretario all’Editoria Vito Crimi, il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e chiunque voglia confrontarsi nel merito con noi. Per spiegargli perché il servizio che svolgiamo da 43 anni è meritevole di essere chiamato pubblico.

Perché?

Perché dal 1976 portiamo nella casa degli italiani l’attività delle istituzioni, in maniera integrale e senza intermediazioni. Seguiamo da sempre l’attività del Parlamento in aula e nelle commissioni, dei tribunali, del Consiglio Superiore della Magistratura, della Corte Costituzionale, dei partiti e dei movimenti politici, dei sindacati e delle associazioni di categoria. Per il cittadino è certamente uno strumento importante di conoscenza che evidentemente rende più facile il “conoscere per deliberare“, che rappresenta da sempre il nostro motto. Chi ci segue e ci apprezza sa che quello che va in onda è una fonte primaria di informazione.

Un lavoro dall’alto valore storico considerato che avete raccontato tutti le fasi più importanti della vita del Paese da 40 anni a questa parte. Non è così?

L’attività che svolgiamo quotidianamente coincide con la cronaca dell’attività politico-istituzionale che poi diventa storia nel corso degli anni. Dal 1976 tutti i momenti salienti della vita di questo Paese sono stati raccontati in diretta da Radio Radicale. Documenti che oggi sono conservati nel nostro archivio, dal sequestro di Aldo Moro fino alla stagione di Tangentopoli, solo per citare alcuni dei momenti più importanti dell’Italia degli ultimi quarant’anni raccontati da Radio Radicale. Ogni giorno archiviamo con metodo scientifico – per argomenti, per nomi, per data, per luogo – il nostro materiale. Chiunque si approcci al nostro archivio attraverso il sito può avervi accesso totale senza alcun tipo di restrizione, così come possiamo fare noi dalla redazione. Il materiale che abbiamo lo mettiamo a disposizione di tutti e tutti possono accedervi senza alcun tipo di filtro o restrizione.

 Siete stati pionieri anche sul fronte dell’innovazione, tra i primi a iniziare un lunghissimo processo di digitalizzazione del vostro immenso archivio. Giusto?

Certamente, e non a caso è tutto disponibile online. Pensate che nei primi 25 anni di attività avevamo registrato tutto in cassette. I contenuti sono stati completamente riversati e digitalizzati, con un enorme lavoro da parte nostra, e oggi sono a disposizione dei cittadini. Ed è un processo che prosegue tutt’ora.

Ma chi sono i lavoratori di Radio Radicale? Quanti siete?

Siamo 53 dipendenti tra giornalisti, tecnici e amministrativi e poi ci sono tutti coloro che lavorano nelle squadre esterne e che registrano tutti gli eventi che arricchiscono ulteriormente il nostro archivio.

Ritiene che quanto sta accadendo dipenda pure dal fatto che è saltata in un certo senso la vostra copertura politica, soprattutto dopo la morte di Marco Pannella?

Sicuramente Marco Pannella manca all’Italia e non solo a noi. Però voglio credere e sperare che ci siano ancora i margini per far cambiare idea ai nostri interlocutori.

Che tipo di iniziative avete in programma nelle prossime settimane per far sentire la vostra voce al governo?

Intanto domenica prossima, il giorno di Pasqua, dalle 11 alle 13 ci sarà una manifestazione a piazza Madonna di Loreto, all’imbocco di via Fori Imperiali da piazza Venezia, che vedrà riuniti tutti coloro che ci stanno sostenendo in queste settimane. Una maratona oratoria degli amici di Radio Radicale, per dire con forza che la nostra storia deve continuare.

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