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Tra le priorità della presidente Ursula von der Leyen e del futuro Commissario agli affari economici potrebbe esserci quella di rimodulare sensibilmente il Recovery & Resilience Facility (R&RF) ovvero lo strumento finanziario dedicato alla ripresa economica dell’Europa post Covid-19, cercando ulteriori finanziamenti per il clima oppure, nella peggiore delle ipotesi, riducendo il target di spesa che la stessa Commissione europea aveva definito inizialmente.

Infatti la Corte dei Conti europea (European Court of Auditors) ha reso pubblici gli esiti di un audit effettuato sulle risorse destinate alla transizione verde. Nella Relazione speciale dal titolo “Transizione verde: il contributo del dispositivo per la ripresa e la resilienza non è chiaro” i controllori europei hanno sottoposto a verifica l’impegno, per ciascuno Stato membro, di riservare almeno il 37 % dell’assegnazione totale dei finanziamenti del proprio PNRR a misure di azione per il clima, ossia adattamento o mitigazione dei cambiamenti climatici, comprese le azioni che contribuiscono agli obiettivi climatici all’orizzonte 2030.

Per calcolare il contributo del 37% all’azione per il clima, il regolamento R&RF prevede una metodologia di monitoraggio delle misure per il clima (climate tracking), che è basata su coefficienti climatici. Per migliorare la precisione delle stime è stato introdotto il concetto di “sottomisura” ovvero la scomposizione degli investimenti in macrovoci, da valutare singolarmente in relazione al contributo reso con riferimento al clima.

Detta metodologia è una versione adattata dei marcatori di Rio introdotti nel 1998 dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ed è comune a tutti i fondi dell’Ue, compreso l’RRF, per tutto il periodo 2021-2027.

Il regolamento R&RF comprende un elenco di 181 campi d’intervento, riguardanti diverse aree d’investimento, ad esempio beni fissi o immateriali, ricerca e sviluppo, energia e trasporti. Ciascun campo d’intervento è associato ad un coefficiente climatico basato sull’effetto atteso di quell’attività sul clima.

I coefficienti possono assumere solo tre valori 0% (in tal caso l’intervento è irrilevante o neutro ai fini dei benefici climatici), 40% (contributo positivo, non marginale) o del 100% (contributo sostanziale).

La valutazione fatta a febbraio 2024 dalla Commissione europea aveva stimato in 275 miliardi di euro le somme destinate alla transizione verde, su un valore complessivo di 648 miliardi di euro, determinando una percentuale del 42,5% che è sensibilmente superiore al valore target del 37%.

I controllori della Corte dei Conti europea hanno selezionato un campione di operazioni attuate in quattro stati membri, Grecia, Croazia, Portogallo e Slovacchia, selezionando gli stati sulla base di una precisa analisi del rischio delle misure correlate al clima.

In particolare, hanno sottoposto a verifica le seguenti 6 misure per ogni stato membro:

  • Rinnovabili e settore dell’energia;
  • Efficienza energetica;
  • Mobilità sostenibile;
  • Decarbonizzazione industriale;
  • Uso sostenibile delle risorse naturali;
  • Altri settori – nuovi parchi industriali.

L’esito delle prime analisi ha messo in luce che 10 misure su 24, alle quali era stato attribuito un coefficiente climatico del 100%, non erano state suddivise in sottomisure. La mancata suddivisione, di conseguenza, ha impedito di valutare quelle parti di investimento che non davano contributo alla transizione verde e che invece sono state conteggiate come tali (coefficiente climatico 100%).

Le analisi degli auditor europei hanno portato a ridefinire il valore del coefficiente climatico che per le misure esaminate, in particolare gli interventi ferroviari e per i sistemi energetici intelligenti passa dal 100% al 40% e per la costruzione di nuovi edifici efficienti sotto il profilo energetico viene addirittura azzerata dall’iniziale valore del 40%. Inoltre i controllori hanno evidenziato che in molti casi la realizzazione degli interventi per il clima addirittura violerebbe il principio del “Do no significance harm” (DNSH) creando danni ambientali.

Per quanto riguarda l’impatto economico, la Corte dei Conti europea ha stabilito che le risorse dedicate al clima sarebbero sovrastimate di ben 34,5 miliardi di euro. In particolare, per quanto riguarda i campi di intervento ferroviari la probabile stima in eccesso è di 13,9 miliardi, per i sistemi energetici intelligenti la sovrastima ammonterebbe a 15,3 miliardi mentre per quanto riguarda la costruzione di nuovi edifici efficienti sotto il profilo energetico la somma ammonta a 5,3 miliardi di euro.

Le verifiche svolte sui 4 Stati membri porterebbero a rivalutare l’importo effettivamente dedicato al clima in 240,5 miliardi e non 275 miliardi come asserito dalla Commissione europea, pertanto la percentuale scenderebbe dal 42,5% (dichiarato dalla Commissione) al 37% proprio al limite con il target del regolamento R&RF.

Conclusioni

Le verifiche svolte dagli Auditor europei potrebbero avere conseguenze addirittura catastrofiche per il “Green Deal” se venissero estese a tutti gli Stati membri perché potrebbero arrivare ad identificare ulteriori investimenti il cui impatto positivo sul clima è stato sovrastimato. In tal caso si ridurrebbe ulteriormente l’importo effettivo dedicato all’ambiente, probabilmente al di sotto del valore target del 37% dell’importo totale previsto dalla norma.

Altri fattori che potrebbero incidere sulla piena rendicontazione delle somme R&RF per il clima sono i ritardi o la difficoltà nella realizzazione di vari investimenti, come rilevato in Grecia, Portogallo e Slovacchia.

Una riflessione particolare merita l’osservazione sollevata dai controllori europei in merito alla violazione del principio di “non arrecare danno all’ambiente”, riscontrata analizzando alcuni investimenti dedicati proprio alla salvaguardia ambientale. L’evoluzione della tecnologia consente oggi anche strade alternative a patto che si superino i pregiudizi e si adotti il principio della “neutralità tecnologica”.

La Corte dei conti europea infine ha fatto ben quattro raccomandazioni alla Commissione europea di cui due dovranno essere attuate entro giugno e dicembre 2025, mirate alla definizione di una metodologia di monitoraggio più precisa ed al potenziamento della performance delle misure per la transizione verde.

La Relazione della Corte lancia dunque un alert sulla concreta realizzabilità del Green Deal tale da indurre profonde riflessioni nonché all’elaborazione di opportune azioni correttive da parte della futura Commissione europea.

La Corte dei conti europea fa i conti sul Green deal. L'analisi di Cappello

Di Mauro Cappello

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